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Approvazione Legge di Bilancio, il voto alla Camera e cosa succede in caso di ritardo

Politica
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Con più di un mese di ritardo sul calendario, la manovra approderà alla Camera il 22 dicembre: atteso per venerdì il voto di fiducia. Sullo sfondo, lo spettro dell'esercizio provvisorio che entrerà in vigore se il Parlamento non darà il via libera alla legge prima della fine dell'anno

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La legge di Bilancio 2023 approderà in Aula alla Camera domani, 22 dicembre. Atteso per venerdì il voto di fiducia. Una corsa contro il tempo per la manovra che deve essere approvata entro l’ultimo giorno dell’anno per non rischiare di incorrere nell’esercizio provvisorio. Il disegno di legge è stato trasmesso al Parlamento lo scorso primo dicembre, con più di un mese di ritardo rispetto alla data indicata nel calendario del ciclo di bilancio. Uno slittamento in avanti dovuto anche alla crisi di governo che ha portato alle elezioni di fine settembre e alla salita dell’esecutivo Meloni. (GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA)

Votati gli emendamenti

La maratona della scorsa notte per votare gli emendamenti in commissione Bilancio alla Camera potrebbe aver smosso la situazione: tra le norme che hanno avuto il via libera la proroga al 31 dicembre della Cila per il Superbonus al 110% e la soppressione del tetto di 60 euro per pagare con il Pos. Tornano quindi le multe ai commercianti che rifiutano carte e bancomat. Rimodulata l'App per i 18enni: arrivano due nuovi bonus, basati sul reddito e sul merito. Torna la possibilità di rinegoziare il mutuo passando al tasso fisso da quello variabile. Parte poi la sperimentazione del 'reddito alimentare' per chi è in povertà assoluta: saranno distribuiti pacchi realizzati con i prodotti invenduti della distribuzione alimentare da prenotare mediante una app.

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Rischio esercizio provvisorio: di cosa si tratta

Camera e Senato hanno ora meno di 10 giorni per l’approvazione della manovra. Nel caso in cui non venisse rispettata la scadenza, si dovrebbe ricorrere all’esercizio provvisorio previsto dalla Costituzione su cui si fonda la stessa normativa che regola il ciclo di bilancio. Quando scatta questo regime, il Governo in carica non è autorizzato ad adottare le variazioni di bilancio previste nel disegno di legge della manovra ma deve limitarsi a gestire le operazioni di ordinaria amministrazione. "L'esercizio provvisorio del bilancio - si legge nell’articolo 81 della Costituzione - non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi". La spesa pubblica viene consentita "per dodicesimi", ovvero: in ogni mese è utilizzabile al massimo un dodicesimo delle poste iscritte nei capitoli del progetto di bilancio. La limitazione vale sia per le spese di competenza sia per quelle di cassa. Sfuggono a questo vincolo le uscite obbligatorie, come quelle per gli stipendi al personale statale.

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L'esercizio provvisorio nella storia italiana

Non sarebbe la prima volta che l’Italia ricorre all’esercizio provvisorio: è già accaduto 33 volte. Durante la Prima Repubblica, l'esercizio provvisorio di bilancio è stato una prassi consolidata, praticamente una consuetudine negli anni del centrismo e del primo centro sinistra organico. A fare notizia era piuttosto un bilancio approvato nei termini, come avvenne con il democristiano Mariano Rumor a Palazzo Chigi nel 1969 nel cuore dell'autunno caldo. Poi progressivamente il ricorso all'esercizio provvisorio si è ridotto, anche per onorare i crescenti vincoli comunitari assunti con le istituzioni europee, pur venendo riproposto più volte negli anni '80 durante la stagione del pentapartito. L'ultimo ad utilizzarlo fu Giovanni Goria nel 1988 nella sua breve stagione alla guida del governo.

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