Rave party, il decreto del governo Meloni e come funziona in altri Paesi. VIDEO VOICE

Politica

Chiara Martinoli

La norma contro i rave party contenuta nel Decreto-legge varato dal governo sta suscitando polemiche e discussioni. Che cosa dice il testo e come funziona negli altri Paesi?

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Nei giorni scorsi il governo ha varato un decreto-legge, che punta, tra le varie misure, a contrastare i rave party. In realtà, questa parola non compare da nessuna parte nel decreto e anzi, la norma sta suscitando dibattito e polemiche proprio perché ritenuta da alcuni troppo generica. 

 

Il testo del decreto legge del governo Meloni

L’articolo 5 contenuto nel decreto si riferisce infatti a "Norme in materia di occupazioni abusive e organizzazione di raduni illegali". Nel testo del decreto si stabilisce che sarà aggiunto un nuovo articolo del codice penale, l’articolo 434-bis, per punire "l’invasione di terreni o edifici pubblici o privati" da parte di gruppi composti da più di 50 persone in un contesto che possa rappresentare un pericolo per l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica o la salute pubblica. In nessun punto del testo si parla nello specifico di “festa” o di “musica”. Il nuovo articolo del codice penale stabilisce anche le pene per chi organizza questi raduni illegali: da 3 a 6 anni di reclusione per gli organizzatori e multe da mille a 10mila euro.  

Da un lato dunque c’è chi contesta questa norma facendo leva in particolare sulla possibilità che venga usata per punire anche altri tipi di raduni, ad esempio le occupazioni scolastiche. Dall’altro lato ci sono categorie, come i sindacati dei poliziotti, che da anni chiedono al governo di colmare un vuoto normativo, definendo le regole per intervenire durante lo svolgimento di un rave party.

Come vanno le cose nei Paesi dove c’è una legge sui rave party?

Prendiamo l’esempio della Francia. La legge Mariani, che risale al 2001, è stata una delle prime in Europa: la legge, a differenza di quella italiana, fa esplicito riferimento alla musica: nel testo si parla di “eventi festivi di carattere musicale” con “diffusione di musica ad alto volume”, dove prendano parte più di 500 persone e dove si possano creare pericoli per l’ordine pubblico. Modificata in parte negli anni, prevede multe fino a 3.500 euro per gli organizzatori dei rave. Solo in caso di “aggressione sonora,” cioè di disturbo intenzionale della quiete pubblica si rischia un anno di carcere e una multa fino a 15mila euro. Anche nel caso francese la legge è stata bersaglio di critiche: in ogni caso, si può dire con certezza che non ha impedito alla cultura rave di continuare a svilupparsi nel Paese: in Francia si svolgono circa 4mila eventi ogni anno, secondo dati del ministero dell’Interno precedenti alla pandemia. Di questi, il 99% si svolge illegalmente.

Un altro Paese dove la cultura dei rave è ampiamente diffusa e ha una lunga storia è il Regno Unito. In questo Paese la legge per fermare le feste abusive risale al 1994: anche in questo caso si fa esplicito riferimento alla musica ad alto volume, un elemento non presente – come abbiamo detto – nel testo italiano. Anche in questo caso, come in Francia, in rave non si sono fermati: se ne segnalano centinaia ogni anno, con numeri addirittura in crescita prima del diffondersi della pandemia.

 

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