La senatrice commenta: "Per me un lungo e doloroso percorso di riconciliazione, ho milioni di domande a cui in realtà non ho trovato una risposta e questo è forse il tormento più grande della mia vita".
Si è svolta nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, al Senato la cerimonia in cui Liliana Segre, la senatrice a vita, superstite e testimone dell'Olocausto, 91 anni compiuti da poco, ha ricevuto dall'ambasciatore Viktor Elbing l'onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica tedesca "per lo straordinario impegno per ricordare la Shoah e l'instancabile lotta contro l'odio e l'intolleranza".
L'onorificenza dell'Ordine al merito della Repubblica tedesca
Una cerimonia toccante e intensa, tenuta riservata fino all'ultimo e svoltasi a porte chiuse, perché particolarmente sofferta per Segre. "Uno di quei momenti - dice Elisabetta Casellati, presidente del Senato, aprendo l'evento - che ci danno il senso della storia come garante di verità e giustizia"
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Ed è proprio la Casellati a ripercorrere le tappe di vita della senatrice, arrestata perché ebrea nel '43, poi incarcerata, deportata, internata, costretta ai lavori forzati, condotta alla "marcia della morte verso la Germania". Quella Germania in cui, dopo sedici mesi e mezzo di inferno fino alla Liberazione, Segre non è mai tornata. Oggi, ottant'anni dopo, "quella ragazzina, allora tredicenne, oggi novantunenne, viene decorata per l’impegno come sopravvissuta all’Olocausto e testimone attiva. Una lunga marcia per la vita per trasformare l’orrore e la sopraffazione in memoria e condivisione" sottolinea la Casellati.
Una storia nella Storia, "un lungo e doloroso percorso di riconciliazione con la Germania" privato e personale per la senatrice a vita. Ma "anche il percorso di due Paesi e di un intero continente" ricorda la presidente della Camera.
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Il commento della senatrice a vita
"Sono molto onorata ma anche colpita nel profondo" dice Segre, prima di un lungo abbraccio con la presidente del Senato e la presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni. "È come quando al cinema si vede una carrellata pazzesca di bisonti che corrono nella campagna e non si sa dove vanno. Alla fine non si sa se sono andati al macello o no. Io ho milioni di domande a cui in realtà non ho trovato risposta. E questa mancanza di risposte è forse il tormento più grande della mia vita - confessa la senatrice a vita - Ho grande difficoltà a piangere mentre un bellissimo pianto liberatore mi verrebbe benissimo. Ma so che non piangerò, e continueranno sempre i bisonti a corrermi nella testa".