In Evidenza
Altre sezioni
altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Prefetti, Salvini: "Più poteri, dove non arrivano sindaci arriviamo noi"

Politica

Polemica sul documento che punta a contrastare in modo più efficace il degrado urbano affiancando le ordinanze prefettizie agli strumenti previsti dal decreto sicurezza. Nel mirino i "balordi", che vanno allontanati dalle “zone rosse”. Critici Di Maio e alcuni sindaci

Condividi:

È polemica sulla direttiva per le città firmata dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. Le indicazioni contenute nel documento, inviato a tutti i prefetti, puntano a contrastare in modo più efficace il degrado urbano e rafforzare la sicurezza delle città affiancando le ordinanze prefettizie agli strumenti previsti dal decreto sicurezza. Nel mirino ci sono i "balordi", che vanno allontanati creando “zone rosse”. “Dove non arrivano i sindaci arriviamo noi”, annuncia il titolare del Viminale, sollecitando i prefetti a emanare ordinanze anti-degrado. Insorgono i sindaci. “Mi sembra essere tra l'inutile e l'autolesionista”, commenta il primo cittadino di Milano, Giuseppe Sala. E Antonio Decaro, presidente dell’Anci, aggiunge: “Non abbiamo bisogno di essere commissariati da nessuno”. Ma - con Salvini che continua a ricorrere a uno strumento, quello della direttiva, che non richiede l'ok del Consiglio dei ministri e, dunque, mediazioni con gli alleati di governo - a infastidirsi è anche l’altro vicepremier, Luigi Di Maio. “Chi governa lo scelgono i cittadini. È l'abc della democrazia”, dice.

La direttiva di Salvini

Secondo la direttiva, nelle grandi città “si registrano, di frequente, fenomeni antisociali e di inciviltà lesivi del 'buon vivere', particolarmente in determinati luoghi caratterizzati dal persistente afflusso di un notevole numero di persone, sovente in condizioni di disagio sociale”. Ai sindaci - nota ancora la direttiva - sono stati forniti nuovi strumenti per contrastare il degrado, come il daspo urbano (l'ordine di allontanamento da alcune zone della città), la limitazione alla vendita di alcolici, il reato di accattonaggio, la nuova disciplina sui parcheggiatori abusivi. Ma l'esperienza nei territori, dice Salvini, “ha evidenziato l'esigenza di intervenire con mezzi ulteriori”. Ad esempio, aggiunge il leader della Lega, contro le cosiddette “piazze di spaccio”, il cui “effettivo smantellamento presuppone l'inibizione alle aree maggiormente interessate dalla perpetrazione di tali illeciti”. Dunque, dove i sindaci - che magari sono “distratti”, è la frecciata del titolare del Viminale - non intervengono, tocca ai prefetti, “custodi della sicurezza”, ricorrere ai poteri d'ordinanza, “funzionali a potenziare l'azione di contrasto al radicamento di fenomenologie di illegalità e di degrado che attentano alla piena e civile fruibilità di specifici contesti cittadini”. Questi strumenti, puntualizza, sono “di natura straordinaria, contingibile e urgente”.

Le ordinanze modello e gli inviti ai prefetti

Le ordinanze modello, per il ministro, sono quelle del 2017 dell'allora prefetto di Bologna Matteo Piantedosi (che ora è il suo capo di Gabinetto) e di quest'anno del prefetto di Firenze, Laura Lega. Misure che vietano “lo stazionamento a persone dedite ad attività illegali, disponendone l'allontanamento” in alcune aree. I prefetti, quindi, vengono invitati a convocare specifiche riunioni del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per esaminare "eventuali esigenze di tutela rafforzata di taluni luoghi del contesto urbano”. Ad esempio, aree “caratterizzate da una elevata densità abitativa e sensibili flussi turistici, oppure che si caratterizzano per l'esistenza di una pluralità di istituti scolastici e universitari, complessi monumentali e culturali, aree verdi ed esercizi ricettivi e commerciali”. In sostanza, vere e proprie “zone rosse” in cui è vietato l'accesso a determinati soggetti.

Di Maio: “Chi governa lo scelgono i cittadini”

La direttiva apre un nuovo scontro tra i due vicepremier. “Ho letto che la direttiva attribuisce più poteri ai prefetti che ai sindaci in alcuni casi. Io sono dell'opinione che chi governa lo scelgono i cittadini. È l'abc della democrazia. Esprimi un voto e poi giudichi al termine del mandato. Io la vedo così”, dice il capo politico del M5S.

Sala: “Mi sembra tra l'inutile e l'autolesionista”

Critiche anche da alcuni sindaci. “Devo confessare che guardo con poco interesse all'ennesimo decreto del ministero dell'Interno. Nel merito, mi sembra essere tra l'inutile e l'autolesionista. Perché oggi sindaci e prefetti, come avviene per esempio a Milano, collaborano già benissimo senza bisogno di indicazioni dall'alto”, scrive su Facebook il primo cittadino del capoluogo lombardo, Giuseppe Sala. Attacca anche il presidente dell'Anci, Antonio Decaro. “Noi sindaci amministriamo ogni giorno, tra mille difficoltà e non abbiamo bisogno di essere commissariati da nessuno”, dice. E ancora: “Se Salvini ci avesse chiamati per affrontare seriamente il problema del degrado urbano nelle città, gli avremmo detto che varare zone rosse è un po' come mettere la polvere sotto il tappeto: non risolve il problema, lo sposta altrove”. “E no – conlcude Decaro – non siamo distratti. Quello distratto sembra piuttosto il ministro, visto che sembra aver dimenticato che i prefetti hanno competenza esclusiva su ordine pubblico e sicurezza e per occuparsi di questi temi non hanno bisogno di nessuna circolare ministeriale né di commissariare nessuno”.