Voucher, su cosa si voterà al referendum del 28 maggio

Politica

Due i quesiti: c'è anche quello sulla responsabilità solidale negli appalti. Intanto l’esecutivo lavora alla modifica del sistema dei buoni lavoro, prima della consultazione. Nel nuovo testo, il loro uso è previsto solo per le famiglie e le aziende senza dipendenti

Il referendum sull’abolizione dei voucher e sulla responsabilità solidale negli appalti si terrà domenica 28 maggio. Dopo la promozione della Cgil e la dichiarazione di ammissibilità arrivata dalla Consulta, il Consiglio dei ministri, martedì, ha fissato la data del voto. Il quesito più delicato è quello che si riferisce ai buoni di lavoro e che chiede l’abrogazione delle disposizioni sul lavoro accessorio contenute nel Jobs act.

 

La posizione dell'esecutivo: modifica della disciplina prima della consultazione - L'attuale normativa sui voucher, del 2003 - poi  modificata diverse volte - prevede che i buoni siano usati per pagare alcuni tipi di prestazioni accessorie. Questo sistema ha consentito fino ad ora ai datori di lavoro di usare questo meccanismo per retribuire lavoratori che spesso occasionali non sono. Secondo molte denunce, infatti, i voucher sarebbero stati usati per mascherare delle forme di lavoro in nero. La Consulta aveva ammesso, l'11 gennaio, il quesito referendario sull'abolizione dei buoni-lavoro. L’esecutivo di Paolo Gentiloni, in questo scenario, punta a cambiare la disciplina prima della consultazione e, lo scorso 9 marzo, è iniziato l’iter della proposta di modifica in commissione Lavoro. “Andremo in Aula nel più breve tempo possibile”, ha detto il presidente della commissione, Cesare Damiano, del Pd, che ha spiegato: “Martedì è prevista l’adozione del testo del disegno di legge in commissione, mercoledì il termine per gli emendamenti. A meno che il governo non decida di utilizzare il testo in un decreto legge”.

 

Voucher solo per famiglie e aziende con zero dipendenti - Ma cosa prevede il nuovo testo? Per i voucher si introdurrà un limite annuo complessivo di utilizzo di tremila euro per le famiglie e per le imprese senza dipendenti. Per gli imprenditori con zero addetti ai lavori e per i professionisti, il valore nominale del buono lavoro aumenterà a 15 euro, mentre resterà di 10 euro per le famiglie. Il lavoratore pagato con voucher non potrà ricevere compensi annui superiori ai cinquemila euro, dunque una soglia inferiore agli attuali settemila euro. Confermato, invece, l’attuale tetto di duemila euro per ciascun committente. Con questo sistema, vengono escluse dall’uso dei voucher le imprese da un dipendente in su.

 

Chi può essere pagato con i buoni - Il testo indica anche le attività di natura “prettamente occasionale” che possono essere pagate con i buoni lavoro. Dai piccoli lavori domestici fino a quelli di giardinaggio, manutenzione o l’insegnamento privato supplementare. Potranno essere retribuiti con i voucher solo i disoccupati, i pensionati e i giovani con meno di 25 anni, disabili, e soggetti in comunità di recupero, ed extracomunitari con permesso di soggiorno disoccupati da oltre sei mesi. 

 

Multe fino a 3.600 euro - Per i voucher, viene prevista la tracciabilità, così gli imprenditori o i professionisti dovranno comunicare la prestazione, in via telematica, almeno 60 minuti prima che questa avvenga. Per l’utilizzo improprio del buono di lavoro si applica una multa da 600 a 3.600 euro. 

 

Cosa prevede l'attuale normativa - L’attuale normativa sui buoni lavoro, erogati dall’Inps, prevede che siano disponibili nei tagli da dieci, da 20 e da 50 euro per cui il lavoratore incassa - rispettivamente - 7,5, 15 e 37,5 euro. Il resto va a coprire i contributi: il 13% viene versato alla gestione separata dell’Inps, il 7% all’assicurazione Inail, mentre il 5% va all’Inps per la gestione del servizio. Quello che viene incassato dal lavoratore occasionale attraverso i voucher è esentasse e non va indicato nella dichiarazione dei redditi. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Inps, l’uso di voucher è aumentato del 32% nei primi dieci mesi del 2016, mentre nei primi dieci mesi del 2015 era aumentato del 67% rispetto allo stesso periodo del 2014. Un abuso, questo, che ha portato alla richiesta di un cambiamento nel sistema da parte della Cgil.

 

Il secondo quesito: responsabilità solidale tra appaltatore e appaltante - Nel referendum del 28 maggio, gli italiani dovranno esprimersi anche sull’abrogazione di parte dell’articolo 29 della legge Biagi. L’obiettivo è arrivare a un’uguale responsabilità tra appaltatore e appaltante, a partire dai diritti dei lavoratori. In sostanza, il quesito referendario chiede di intervenire sulla legge Biagi, così come modificata da quella Fornero, e ripristinare le garanzie per i contributi dei lavoratori impiegati in aziende che subappaltano i lavori. Per la Cigl "l’abrogazione delle norme che limitano la responsabilità solidale degli appalti è un modo per difendere i diritti dei lavoratori occupati negli appalti e sub appalti coinvolti in processi di esternalizzazione, assicurando loro tutela dell’occupazione nei casi di cambi d’appalto e contrastando le pratiche di concorrenza sleale”.

 

Cosa prevede la legge Biagi - Oggi, la normativa prevede che i lavoratori che fanno causa per il mancato pagamento di stipendi o contributi, debbano citare in giudizio sia l’appaltatore sia il committente. Il committente, però, può godere del “beneficio di preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore". Vale a dire che il lavoratore, nel caso in cui il giudice gli dia ragione, deve prima tentare di recuperare il credito dal proprio datore di lavoro e dai subappaltatori. E, solo dopo, può rivolgersi al committente.

 

 

 

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