Non spettava alla Procura di Palermo "valutare la rilevanza della documentazione relativa alle conversazioni telefoniche" tra il capo dello Stato e l'ex ministro dell'Interno Mancino: le intercettazioni vanno distrutte
Non spettava alla Procura di Palermo "valutare la rilevanza della documentazione relativa alle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica", e "omettere di chiedere al giudice l'immediata distruzione" di tali atti. Questa la decisione della Corte Costituzionale, che ha accolto il conflitto sollevato dal Quirinale contro i pm di Palermo, relativo alle intercettazioni indirette di quattro conversazioni tra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, coinvolto nell'inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Nel dispositivo diffuso stasera, 4 dicembre, al termine della camera di consiglio, durata circa 4 ore, i giudici costituzionali rilevano che la distruzione delle intercettazioni casuali del presidente deve avvenire "con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti".
I giudici: arrecato un "vulnus" alla riservatezza delle conversazioni del Colle - La Consulta sembra così aver condiviso l'intera sostanza del ricorso del Colle. Gli avvocati dello Stato, nell'udienza di stamane (a cui ha assistito anche il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo) avevano rilevato che è stato arrecato un "vulnus" alla riservatezza delle conversazioni del presidente della Repubblica, che si sarebbe aggravato se vi fosse stata "una divulgazione" delle intercettazioni. Il professor Alessandro Pace, che davanti alla Corte ha rappresentato la Procura di Palermo, aveva indicato invece quale soluzione "lineare" il ricorso al "segreto di Stato".
Il pm Di Matteo: "Vado avanti nel mio lavoro tranquillo" - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha atteso serenamente e ha accolto con rispetto la sentenza della Corte Costituzionale, si legge in una nota. Ora attende di conoscere il dispositivo. Anche Messineo, interpellato, risponde: "leggerò il provvedimento, non ritengo per ora di dover fare commenti". Il pm di Palermo Nino Di Matteo afferma: "Vado avanti nel mio lavoro tranquillo, nella coscienza di avere agito correttamente e ritenendo di avere sempre rispettato la legge e la Costituzione". Le motivazioni della Corte saranno depositate in gennaio.
Il processo sulla trattativa - Intanto, a Palermo, il gup Piergiorgio Morosini ha rigettato tutte le eccezioni di incompetenza territoriale presentate dai difensori di 10 dei 12 imputati. Il procedimento resta dunque nel capoluogo siciliano. In particolare, per gli ex ministri democristiani Calogero Mannino e Nicola Mancino, il gup ha stabilito la competenza del giudice ordinario di Palermo, mentre i legali dei due imputati avevano proposto la competenza del foro di Roma, o del Tribunale dei ministri, della Capitale o dello stesso capoluogo siciliano.
I giudici: arrecato un "vulnus" alla riservatezza delle conversazioni del Colle - La Consulta sembra così aver condiviso l'intera sostanza del ricorso del Colle. Gli avvocati dello Stato, nell'udienza di stamane (a cui ha assistito anche il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo) avevano rilevato che è stato arrecato un "vulnus" alla riservatezza delle conversazioni del presidente della Repubblica, che si sarebbe aggravato se vi fosse stata "una divulgazione" delle intercettazioni. Il professor Alessandro Pace, che davanti alla Corte ha rappresentato la Procura di Palermo, aveva indicato invece quale soluzione "lineare" il ricorso al "segreto di Stato".
Il pm Di Matteo: "Vado avanti nel mio lavoro tranquillo" - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha atteso serenamente e ha accolto con rispetto la sentenza della Corte Costituzionale, si legge in una nota. Ora attende di conoscere il dispositivo. Anche Messineo, interpellato, risponde: "leggerò il provvedimento, non ritengo per ora di dover fare commenti". Il pm di Palermo Nino Di Matteo afferma: "Vado avanti nel mio lavoro tranquillo, nella coscienza di avere agito correttamente e ritenendo di avere sempre rispettato la legge e la Costituzione". Le motivazioni della Corte saranno depositate in gennaio.
Il processo sulla trattativa - Intanto, a Palermo, il gup Piergiorgio Morosini ha rigettato tutte le eccezioni di incompetenza territoriale presentate dai difensori di 10 dei 12 imputati. Il procedimento resta dunque nel capoluogo siciliano. In particolare, per gli ex ministri democristiani Calogero Mannino e Nicola Mancino, il gup ha stabilito la competenza del giudice ordinario di Palermo, mentre i legali dei due imputati avevano proposto la competenza del foro di Roma, o del Tribunale dei ministri, della Capitale o dello stesso capoluogo siciliano.