Di Pietro difende l'inchiesta Mani Pulite e si commuove

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Venti anni fa, con l'arresto di Mario Chiesa, scoppiava Tangentopoli. L'ex pm da un convegno organizzato a Milano dall'Idv ricorda gli anni e le tappe che hanno portato alla fine della Prima Repubblica. VIDEO

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"Ancora oggi dedico il 70% del mio tempo a difendere questa inchiesta. Chi è nel mio ufficio lo sa. Io ancora ora oggi ho 320 cause di diffamazione nei confronti di coloro che hanno offeso quest'inchiesta". Antonio Di Pietro, ex pm e ora leader dell'Italia dei Valori, ricorda così da Milano gli anni di Mani Pulite. E lo fa senza nascondere la commozione. Sul palco allestito al teatro Elfo Puccini di corso Buenos Aires a Milano, nell'ambito del convegno organizzato dall'Idv, l'ex pm di punta del pool difende il suo operato e quello dei suo colleghi; la voce trema, le lacrime affiorano agli occhi.
"Berlusconi si lamenta dei processi che ha subito lui - continua l'ex magistrato - Ma io sono stato messo sotto inchiesta 27 volte per aver condotto il pool di Mani Pulite".

Mani Pulite  - Sono passati venti anni da quel 17 febbraio 1992, giorno dell'arresto di Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio ed esponente di spicco del Psi milanese. Prende così avvio l'inchiesta che ha svelato un sistema di corruzione fatto da mazzette che come fili invisibili regolavano e condizionavano la vita politica del paese.
Il più sincero in quei giorni fu il braccio destro di Giulio Andreotti, Franco Evangelisti, che spiegò così ai cronisti il cuore della vicenda: "Mo' te spiego er becraun. Er becraun è questo: che qua noi avemo rubbato tutti". Non era proprio così ma tutto il sistema politico, da quel 17 febbraio del 1992, venne travolto da quella che per molti fu una rivoluzione, per altri un eccesso da parte della magistratura dopo la caduta del Muro di Berlino. Bettino Craxi commentò con poche parole l'arresto di quello che definì "un mariuolo": "Non si credano che tutti i mesi possono far scoppiare un caso Chiesa". Si sbagliava.

Leader di partito, manager di Stato, sindaci, assessori -
Le cose andarono diversamente: sette leader di partito vennero chiamati in causa; sparirono 4-5 sigle storiche del panorama politico. Piovvero sul Parlamento centinaia di autorizzazioni a procedere (507 per la Camera, 172 per il Senato) e il protagonista indiscusso fu il tesoriere della Dc, il mite Severino Citaristi che incassò oltre 20 richieste di autorizzazioni a procedere e si difese con poche ma per lui convinte parole: "Ho solo cercato di dimostrare che anche un partito può essere gestito con un po' di managerialità". In effetti il motivo ricorrente del politico indagato era uno solo: "Sapevo che le cose andavano così ma non immaginavo che il fenomeno fosse così esteso". E tutti furono toccati, manager di Stato, segretari di partito, sindaci, assessori.
L'Italia si indignò e rise amaramente perché la tangente non risparmiava nulla e nessuno: veniva richiesta per le infrastrutture pubbliche o i posacenere. Dai grandi appalti alle lattine di birra, dai funerali alle nascite, dalla manutenzione delle cabine elettorali ai servizi igienici. Già quattro anni prima di Mani Pulite, l'allora giudice Antonio Di Pietro era riuscito a scoprire il "pizzo" sulle cravatte, le divise, perfino sui 'pappagalli' del Niguarda. Ma i tempi non erano maturi perché il 'sistema' saltasse. E si arrivò a situazioni limite. Anche alla farsa, come quando l'ex sindaco di un paese del Molise si rivolse a due sbigottite guardie notturne accorse in villa solo per un allarme scattato con un: "Sono pronto! Possiamo andare ma non sono colpevole di niente". Aveva la valigia pronta dietro la porta. La creatività italiana si mostrò tutta nella varietà mostrata nel dare nomi ai conti cifrati in Svizzera: Pippo, Dupont, Dallas, Tramonto.

Il numero 7 - A 20 anni di distanza si può anche interpretare il tutto in chiave di numerologia visto che il 7 è quello più ricorrente. Un numero che rinvia ai "veli che debbono essere scoperti". Furono 7 i milioni di tangente che portarono Chiesa a San Vittore e sette le settimane che il "Kennedy della Baggina" impiegò a confessare. E' del sette aprile 1992 la prima "retata" di imprenditori e politici e finì il 7 febbraio del 1993 una delle più lunghe latitanze di tangentopoli, quella di Silvano Larini, l'architetto-factotum di Bettino Craxi. Sono stati 7 i segretari di partito travolti dalle inchieste e sette i milioni trovati sul conto "Protezione" intestato al Psi. Altrettanto significativi per capire come eravamo sono gli involucri utilizzati per consegnare le mazzette.

Tangenti in sacchetti della spazzatura  - La tangente veniva inzeppate in buste a clips, buste di plastica del supermercato, scatole di scarpe, sacchi della spazzatura.
Le valigette erano all'ordine del giorno ma divennero spesso strette, limitate nella cubatura. Alberto Mario Zamorani confessò di aver consegnato la tangente in banconote da 100.000 lire in una scatola di Baci Perugina davanti Montecitorio. Ma anche i luoghi sono indicativi di un'altra Italia. Le trattative si chiusero durante sposalizi, funerali, a messa, dentro i bar famosi della capitale.
Dopo un anno di indagini, nel febbraio del 1993, Di Pietro invocava la "soluzione politica": "Oggi - disse - nel mio studio ci sono stati 15 imprenditori. Non se ne può più, bisogna trovare una soluzione". A maggio l'allora capo operativo del Pool di Milano, Gerardo D'Ambrosio, oggi senatore del Pd, annunciava che il lavoro era finito, ma solo "politicamente". Le inchieste avevano messo a nudo il sistema delle tangenti e i suoi meccanismi. Oggi Di Pietro guida l'Idv e traccia questo bilancio del ventennale: "Cos'ha prodotto Mani Pulite? C'è un campo pieno di erbacce, il contadino lo ara, ma se nessuno lo semina poi le erbacce ricrescono".

Pisapia: la politica di oggi è più debole di allora  - Al convegno organizzato dall'Idv il 17 febbraio 2012 ha preso parte anche il sindaco di Milano Giuliano Pisapia il quale ha sostenuto che la politica è oggi "più debole" di venti anni fa. Guardando al tempo di Mani pulite e rapportandolo all'odierno, Pisapia ha fatto notare come "il consenso della politica sia in continua diminuzione", una cosa sulla quale invita a "riflettere" per arrivare ad una "sana autocritica". (GUARDA IL VIDEO)

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