Bologna, il candidato gaffeur del centrosinistra
PoliticaSotto le Due Torri Virginio Merola, schierato dal Pd, con le sue figuracce sta rallegrando una campagna elettorale un po' sonnacchiosa. Tra retrocessioni in B della squadra rossoblù, scivoloni sulla Liberazione e il giovanile rifiuto della pasta al ragù
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E' il candidato sindaco del centrosinistra a Bologna e finora è stato anche il candidato gaffeur. Le sue figuracce, le ingenuità, gli scivoloni che ha inanellato in questa campagna elettorale certo non lo hanno aiutato nella corsa alla guida della "dotta". Da metà marzo sono molte le bucce di banana su cui Virginio Merola, il candidato del centrosinistra, 56enne ex assessore della giunta Cofferati, è inciampato. Sicuramente quella sull’auspicio di vedere il Bologna in serie A gli sta costando parecchio. E intanto i suoi avversari politici stanno pure cercando di cucirgli addosso la fama dello iettatore.
Calcio tabù - Siamo a metà marzo. Virginio Merola è intervistato in diretta ai microfoni della bolognese Punto Radio. Si sta parlando dell’eventualità di rifare il Dall'Ara, lo stadio cittadino. Solo che al candidato del Pd scappa la malaugurata frase: «Spero che il Bologna vada in serie A». Peccato che i rossoblù siano in serie A da tre anni. Apriti cielo. Tifosi comprensibilmente arrabbiati. Diluvio di critiche dal centrodestra. E imbarazzo nel Pd che, prima di candidare Merola, stava per schierare Maurizio Cevenini - poi ritiratosi dalla corsa alle primarie a causa di un ictus che lo ha colpito a ottobre 2010 – amatissimo dai bolognesi e talmente innamorato della squadra rossoblù da essere soprannominato il "sindaco dello stadio". Merola riconosce l’errore e si scusa. Solo che, per cercare di riparare lo scivolone, poco dopo rincara la dose: "In trasmissione stavo solo dicendo che spero che il Bologna torni in serie B...". Lapsus. Merola si è confuso di nuovo. La toppa è peggio della prima. E il pasticcio ormai è fatto. Non finisce qui. Intervistato da Report, il giornalista gli ricorda che il Bologna sta per affrontare il Brescia. Gli chiede un pronostico. E Merola lo tranquillizza: "Il Brescia non ha speranze". In serata, però, la squadra di Di Vaio subisce un 3 a 1 dai biancazzurri. Insomma, i bolognesi hanno capito che a Merola non piace il calcio. Niente di male. Ma, figuraccia a parte, rimane l'impressione che il candidato del centrosinistra sia un pò troppo lontano dalla vita quotidiana della città che aspira a guidare. Soprattutto perché di recente il Bologna è stato quasi ogni giorno sulle prime pagine dei giornali locali per una grossa crisi finanziaria, poi risolta con l’intervento di Giovanni Consorte. Senza considerare poi che in Italia, tra le poche cose che non si concedono ai politici, ci sono gli errori sulla propria squadra del cuore. E non si sa quanti bolognesi saranno disposti a perdonargli la freddezza nei confronti del "loro" Bologna.
Problemi di bolognesità - Tutto bene poi fino alla festa della Liberazione, che a Bologna si celebra quattro giorni prima del resto d’Italia, il 21 aprile. Alla manifestazione in piazza Maggiore c’è solo un candidato sindaco. E non è quello del centrosinistra, che tutti si aspettano, ma è Manes Bernardini, schierato dalla Lega. Dallo staff di Merola fanno sapere che l’uomo del Pd è malato. Ma anche questa volta i cittadini non apprezzano. Tanto più che il suo avversario Bernardini sta puntando molto sul legame forte con il territorio. E lui qualche problema con la “bolognesità” ce l’ha. Merola, anche se è residente da quando è bambino sotto le Due Torri, è nato in Campania, in provincia di Caserta. E, intervistato dal Corriere di Bologna, ha confessato: “Guardi, io quando andavo all’asilo a Santa Maria Capua Vetere mangiavo molto bene. Quando arrivai a Bologna e in mensa c’era la pasta al ragù bolognese mi faceva vomitare e la nascondevo senza mangiarla. La pasta nel casertano era molto più buona". Solo un’ingenuità, spiegata, a onor del vero, subito dopo: “Credo che molti di quelli che sono arrivati come me da fuori e che hanno abitato al Pilastro (quartiere popolare della città) oggi si sentano molto più bolognesi di quelli che non perdono occasione di dire che sono nati a Bologna, e magari evadono le tasse. Oggi parlo sia il dialetto napoletano che quello bolognese". Ma ormai il marchio del gaffeur delle amministrative 2011 rischia di essere suo.
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