Roma, una nuova giunta per dimenticare gaffe e parentopoli

Politica
Il sindaco di Roma Gianni Alemanno
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Alemanno prepara un rimpasto per rilanciare l'immagine appannata del suo esecutivo. A rischio gli assessori coinvolti nello scandalo parentopoli, ma anche i campioni di gaffe. Intanto l'opposizione attacca il primo cittadino, già ribattezzato "Retromanno"

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Il sindaco di Roma ha scelto le “maniere forti”. Un rimpasto di metà mandato non bastava a risolvere i suoi problemi. Quali problemi? Quelli di una immagine molto appannata della sua giunta dopo lo scandalo “parentopoli”, che ha travolto il centrodestra ad appena due anni dal ritorno in Campidoglio dopo il ventennio di governo del centrosinistra. E anche quelli di una serie di veti incrociati provenienti dal suo partito, il Pdl, che da mesi impedivano a Gianni Alemanno di cambiare anche un solo assessore  e che adesso gli stanno creando non pochi problemi. Così lunedì il sindaco, nel giorno del risveglio della città dopo il torpore delle vacanze, ha spiazzato tutti e si è ripreso le deleghe dei 12 della sua giunta, ma anche ognuna delle venti deleghe assegnate in questi anni ai consiglieri comunali. Troppe, secondo l’opposizione: dalla “cura delle relazioni con tutte le associazioni combattentistiche d'arma e patriottiche”, alla “tutela del fiume Tevere” e del “centro storico”, dai “rapporti con la comunità calabrese” della capitale, ai “rapporti con le istituzioni europee”.

Via tutto, insomma. Si ricomincia daccapo. Parte la “fase due”. Quella del rilancio, per vincere nel 2013. Alemanno dovrà dunque far dimenticare ai cittadini romani alcuni errori della “prima fase”, di cui pure rivendica gli “importanti risultati” (“l'approvazione del piano di rientro dal debito ereditato dalle precedenti amministrazioni, l'avvio della trasformazione del Comune in Roma Capitale e la definizione dei progetti più importanti del Piano Strategico di Sviluppo” per la città). E allora i primi a fare le valigie saranno probabilmente gli assessori che più di altri hanno macchie sul loro ruolino di marcia.

Vengono dati per spacciati l’assessore ai Trasporti Sergio Marchi e l’assessore all’Ambiente Fabio De Lillo. Entrambi lambiti dall’inchiesta sulle assunzioni nelle municipalizzate capitoline di parenti e amici di politici e sindacalisti. Neanche il sindaco, a dire il vero,  è stato risparmiato: il suo caposcorta ha dato le dimissioni quando è emerso che i figli avevano avuto il posto l’uno in Atac (azienda per i trasporti) e l’altra in Ama (ambiente).

All’assessore Marchi le inchieste giornalistiche hanno collegato, tra gli assunti, la fidanzata (trasferita dalla municipalizzata Cotral), la segretaria, la figlia della segretaria, più altri parenti del suo staff. Lui si è difeso a spada tratta e ha minacciato querele. Ma sulla sua permanenza in Comune pesa anche la gestione dei rapporti con una categoria “di peso” a Roma come i “tassinari”. Con i controversi aumenti e, da ultimo, la scelta del rinvio dei test antidroga per i tassisti, che non è piaciuta neanche al sindaco.
Quanto a De Lillo, gli si contesta l'assunzione in Atac della cognata e moglie del fratello Stefano, senatore Pdl (che dopo l’azzeramento delle deleghe si è appellato anche all’intervento di Berlusconi).

Si fa il nome, tra gli uscenti, anche dell’assessore al Personale Enrico Cavallari. Solo il 30 dicembre scorso una richiesta di dimissioni a suo carico è infatti provenuta dalla componente pidiellina “Laboratorio per Roma”, per il caos creato tra i 400 dipendenti comunali vincitori del concorso per istruttori amministrativi, che si sono visti consegnare una irrituale convocazione via Internet a firmare il contratto in tempi brevissimi “pena la perdita del posto”.

E poi c’è la titolare della Scuola, Famiglia e Gioventù Laura Marsilio, che in questi anni è inciampata su una serie di gaffe che hanno creato non pochi problemi al sindaco. Lui stesso l’ha difesa ultimamente, quando sui giornali è comparsa una foto di lei che si faceva accompagnare dal dentista dall’auto di servizio, ma in altri casi alla ramanzina privata Alemanno ha dovuto unire anche l’intervento pubblico per rimediare alla polemica montante. Come quando, durante una visita alle foibe con gli studenti nel 2009, l’assessore ha distribuito un opuscolo recante sulla quarta di copertina il disegno di un uomo legato con il fil di ferro a una falce e martello. Titolo: “1945 la nascita dello stato comunista jugoslavo: la logica del terrore”. Era a Roma Marsilio, invece, quando ha detto che i bambini nati da immigrati in Italia “è sbagliato considerarli non stranieri”. Mentre da un altro viaggio della memoria ad Auschwitz, nel 2008 l'assessore ha sollevato un vespaio dicendo che  “le classi con preponderanza di alunni immigrati, addirittura l’80%, sono dei ghetti”. E sempre dalla Polonia, nel 2010 ha fatto indignare mezza Roma per aver messo il pugno sul cuore e fatto il picchetto nell’atto di deporre una corona davanti a un forno crematorio (“un aberrante saluto legionario”, secondo il Pd).

Ma mentre Alemanno mette sotto esame i suoi assessori, l’opposizione passa ai raggi x l’operato del sindaco e il Pd ne chiede le dimissioni per il suo "fallimento". Già nel 2009 lo avevano ribattezzato “Retromanno” per “le continue marce indietro” (“Definanziare le metropolitane…ma no, le faranno i privati”; “Facciamo chiudere i ‘cornettari’ a mezzanotte…ma no, gli si dia una deroga”). Ora si accusa Alemanno di voler trasformare Roma in una “Disneyland”, con il contestatissimo progetto della Formula 1 all’Eur e anche dello sci al Circo Massimo (ma a dire il vero il sindaco non ha mai sostenuto quest’ultima iniziativa).  E poi c’è l’idea della tassa sui cortei, al momento archiviata, e quella dell’abbattimento (con ricostruzione) del quartiere periferico di Tor Bella Monaca, che invece procede.

Altri “inciampi” del sindaco, secondo i detrattori? La nomina ad amministratore delegato dell’Ama di Stefano Andrini, vicino in passato ad organizzazioni di estrema destra e poi dimessosi dopo l’emersione dei legami col faccendiere Gennaro Mokbel. Il pranzo “della pace” con Umberto Bossi, a base di pajata e polenta (la cui foto simbolo, con Alemanno che “magna”, ancora campeggia per la città sui manifesti dell’Idv) e Carla Fracci che gli si scaglia contro in un’assemblea al Teatro dell’Opera. E poi ci sono le frasi controverse del primo cittadino: quella sulla coppia di turisti olandese aggredita in periferia nel 2008, che “è stata imprudente”, o quell’altra secondo cui “le leggi razziali sono state il male assoluto, non fu così tutto il fascismo”.

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