Malata sclerosi, è stata sera di lacrime

Umbria

"Sono arrabbiata e distrutta" dice Laura Santi

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(ANSA) - PERUGIA, 16 FEB - "Quella dopo la decisione della Corte costituzionale è stata una sera di lacrime, per me e per tanti malati come me": Laura Santi, giornalista perugina malata di sclerosi multipla grave, progressiva, consigliere dell'associazione Luca Coscioni, commenta così la decisione della Consulta che ha dichiarato inammissibile il quesito del referendum sull'eutanasia. "Sono assolutamente allibita, arrabbiata e distrutta" afferma parlando con l'ANSA.
    "Mi ha chiamato Marco Cappato - ha detto ancora Laura Santi -, è stato molto affettuoso e mi ha detto di non abbattermi perché continueremo con la lotta".
    "La politica oggi ha paura dei temi divisivi - ha sostenuto la giornalista -, basta vedere le non riforme che fanno e le leggi sui diritti civili regolarmente affossate, come il ddl Zan e come sarà per la legge sul suicidio assistito che non, e ripeto non, sostituirà mai, ammesso che vada in porto, l'eutanasia attiva perché rappresenta una restrizione molto discriminatoria della sentenza Cappato già applicabile. Se non sei attaccato a un macchinario dal quale dipende la tua vita non potresti mai arrivare alla morte. Come ha detto lo stesso Cappato con questo disegno di legge nemmeno lo stesso dj Fabo avrebbe avuto accesso al suicidio assistito. Quindi è una legge che fanno solo per far vedere che se ne occupano ma hanno peggiorato la sentenza Cappato anziché migliorarla. E comunque probabilmente sarà affossata".
    Per la consigliere dell'associazione Coscioni "i criteri di ammissibilità di un referendum sarebbero tecnici". "Non è possibile dire - ha aggiunto - che il quesito non è ammissibile perché non tutela la vita delle persone deboli. Non so spinta da quali forze la Corte lo abbia fatto".
    "Parlo da malata vulnerabile - ha ribadito Laura Santi -, una di quelle persone che la sentenza dice di voler tutelare. Ma come posso io, persona malata, vulnerabile e debole, essere tutelata da una sentenza che ti tiene prigioniera, non ti dà il diritto di scegliere e non ti dà libertà?". (ANSA).
   

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