Fadoi, 30% positivi ricoverati per altre patologie

Umbria

Il 70 per cento dei pazienti gravi non sono vaccinati

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(ANSA) - PERUGIA, 21 GEN - Negli ospedali umbri la quota di ricoverati per altre patologie ma positivi al Covid e asintomatici è pari a circa il 30% e questo crea alcuni problemi di sovraccarico ai pronto soccorso e ai reparti dedicati per il virus, ma "ancora gestibili" con la attuale organizzazione e con la capienza prevista dall'Assessorato alla Sanità. E' il quadro che emerge dalla survey della Federazione dei medici internisti ospedalieri.
    Per Fadoi l'85% circa di questi asintomatici sono vaccinati con tre dosi e il 25% dei pazienti positivi nei reparti Covid di tipo medico sono in condizioni gravi e in terapia semintensiva.
    Di questi pazienti gravi, il 70% sono non vaccinati ed il restante 30% è costituito da persone con due dosi fatte da circa sei mesi e con altre patologie associate. "Anche i dati umbri confermano quindi l'importanza della vaccinazione nel proteggere dalla evoluzione grave della malattia da Sars-Cov-2 anche, in larga misura, dal contagio" sottolinea Lucio Patoia, presidente Fadoi dell'Umbria e direttore delle struttura complessa di Medicina interna all'ospedale di Foligno. "La stragrande maggioranza dei pazienti Covid - aggiunge - è ricoverata nei reparti di medicina interna della regione, in cui gli specialisti internisti sono in grado di assicurare sia una assistenza ordinaria per i casi meno gravi che una assistenza in regime semintensivo. Il tasso dei pazienti Covid ricoverati nelle medicine interne era pari a circa il 70% (dato sia regionale sia nazionale) nelle precedenti ondate, ed è in questa aumentato ulteriormente, visto che sono in minor numero i pazienti che necessitano di terapia intensiva nei reparti di rianimazione. Quelli di medicina interna si fanno carico anche dei pazienti positivi con patologie specialistiche diverse, come ad esempio infarto del miocardio, fratture di femore, neoplasie, ricoveri psichiatrici, a scopo di isolamento, ma che necessitano tuttavia di trattamenti che solo la competenza multidisciplinare dell'internista è in grado di approcciare in un unico reparto, ovviamente con la consulenza degli altri specialisti. Questo aspetto di elevata competenza su molte aree delle patologie specialistiche consente una flessibilità professionale che si adatta perfettamente a quella organizzativa richiesta dalla pandemia Covid e va valorizzato, a mio parere, sia in sede di assegnamento di risorse professionali mediche ed infermieristiche che di risorse organizzative. E invece ancora una volta si assiste, da parte di alcuni, all’equivoco di scambiare la capacità di approccio a pluripatologie complesse con una genericità professionale, ed il lavoro viene sostenuto in condizioni di organici medici ed infermieristici sottodimensionati rispetto alle esigenze poste dalla pandemia. Devo dare atto che le Aziende sanitarie della nostra regione stanno provvedendo al reclutamento di specialisti in medicina interna e di infermieri di area internistica, ma ritengo che il problema vada affrontato con provvedimenti di vario ordine e tipo che consentano un dimensionamento adeguato degli organici dei reparti al di fuori dell’emergenza e in previsione di future ondate pandemiche, nonché di una riconsiderazione del ruolo cruciale svolto dai reparti internistici nelle funzioni di cura ordinaria e semintensiva degli ospedali regionali. È - conclude il dottor Patoia - una sfida organizzativa e culturale che va bene oltre l’attuale situazione". ". (ANSA).
   

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