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Covid Sicilia, inchiesta su dati falsi: revocati i domiciliari agli indagati

Sicilia

Il fascicolo, aperto a Trapani perché l'indagine nasce da accertamenti in un laboratorio di analisi della provincia, è passato a Palermo nei giorni scorsi. La Procura del capoluogo ha eliminato dalle contestazioni fatte agli indagati la parte relativa alle false dichiarazioni sui decessi

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Revocati i domiciliari agli indagati nell'ambito dell'inchiesta sull'invio di dati falsati all'Iss da parte di alcuni membri del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico (Dasoe) dell'Assessorato della Salute della Regione Siciliana durante l'emergenza Covid (TUTTI GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA - MAPPE E GRAFICI - L'EMERGENZA IN SICILIA). Tornano quindi in libertà Letizia Di Liberti, dirigente della Regione siciliana, Salvatore Cusimano, funzionario dell'assessorato regionale alla Salute, e Emilio Madonia, il dipendente di una società che si occupa della gestione informatica dei dati. Il gip di Palermo, che dopo il trasferimento dell'indagine da Trapani al capoluogo era chiamato a decidere sulla rinnovazione della misura cautelare, ha revocato per tutti gli arresti domiciliari. A Di Liberti e Cusimano è stata imposta la sospensione dal servizio per un anno.

Gip: "Atti d'indagine svelano scenario desolante"

"A prescindere dalla reale finalizzazione delle continue falsificazioni sui dati rispetto al raggiungimento di specifici obiettivi di carattere politico ed economico, che merita senz'altro un doveroso appronfidimento investigativo, gli atti d'indagine svelano uno scenario desolante in cui con assoluta superficialità e con una approssimazione, ben lontana dagli standard di professionalità richiesti per l'elaborazione di dati corretti e di qualità, venivano gestiti dati tanto significativi per il monitoraggio della pandemia". Lo scrive il gip di Palermo chiamato a rinnovare la misura cautelare disposta, tra gli altri, per la dirigente regionale Maria Letizia Di Liberti, a cui il giudice, dopo il trasferimento dell'inchiesta da Trapani a Palermo, ha revocato i domiciliari.
"Le comprensibili e oggettive difficoltà connesse al generale funzionamento del sistema di rilevazione dei dati, evidenziate nelle memorie difensive e da tutti gli indagati nel corso dell'interrogatorio, - prosegue il giudice - certamente non potevano essere arginate nel modo in cui è stato fatto e non consentono di elidere la gravità del quadro indiziario a loro carico". Il giudice ritiene sussistenti i gravi indizi di colpevolezza per i tre indagati per i quali erano stati disposti i domiciliari.

L'inchiesta

Il fascicolo, aperto a Trapani perché l'indagine nasce da accertamenti in un laboratorio di analisi della provincia, è passato a Palermo nei giorni scorsi. La Procura del capoluogo, però, ha eliminato dalle contestazioni fatte agli indagati la parte relativa alle false dichiarazioni sui decessi. Nella ricostruzione originaria dell'accusa , fatta dai pm trapanesi, dall'assessorato siciliano sarebbero stati dichiarati meno morti e meno positivi al virus per evitare che l'isola finisse in zona rossa. Ma la valutazione della Procura di Palermo è stata diversa: il numero dei decessi, infatti, non incide in alcun modo nella decisione che colloca i territori in una fascia di colore invece che in un'altra. L'accusa, dunque, andava riformulata. Sentita nei giorni scorsi la dirigente Di Liberti si è difesa sostenendo che proprio dall'assessorato sarebbe arrivato il "suggerimento" all'Istituto di Sanità di inserire la Sicilia tra le zone a rischio in quanto, nonostante i dati non fossero ancora tali da richiedere una scelta immediata in tal senso, il trend era molto preoccupante. Circostanza che, a suo dire, la scagionerebbe dall'accusa di aver dato numeri falsi peer evitare il "rosso". L'inchiesta, che ha portato ai domiciliari la dirigente, riguarda anche l'ex assessore alla Salute Ruggero Razza che si è dimesso dopo l'avviso di garanzia.

Il legale: accuse ridimensionate

"La Procura di Palermo - ha detto l'avvocato Paolo Starvaggi, legale, insieme a Fabrizio Biondo, della dirigente regionale Maria Grazia Di Liberti - ha recepito solo in parte l'ipotesi accusatoria della Procura di Trapani e, anche alla luce, degli ulteriori accertamenti effettuati, ha formulato solo 7 dei 36 precedenti capi d'imputazione, stralciando i capi 1 e 10 e tutti quelli riguardanti la falsificazione dei bollettini giornalieri. Il quadro accusatorio è fortemente ridimensionato. In buona sostanza - ha spiegato - è rimasta in piedi l'accusa per concorso in falsità ideologica e falsità materiale. I pubblici ministeri, nella richiesta al gip, della sola misura cautelare dell'interdizione dai pubblici uffici, per Di Liberti, Madonia e Cusimano, hanno chiarito che 'rispetto alle contestazioni avanzate davanti al Giudice di Trapani questo ufficio non contesta, allo stato, la falsificazione indotta dei bollettini giornalieri che le indagini fino a questo momento svolte hanno dimostrato avere una funzione di tipo solo divulgativo, non potendo pertanto essere considerati atti pubblici". I pm ritengono, inoltre, prive di reale refluenza sugli indicatori le falsificazioni relative al numero di decessi, ciò in quanto tale dato - espressione di un contagio pregresso già conteggiato - non risulta tra quelli presi in considerazione dalla Cabina di Regia al fine del calcolo dei 21 indicatori. La Procura afferma inoltre che i "dati aggregati hanno una funzione secondaria per così dire conoscitiva, cioè quella di informare la popolazione sullo sviluppo della pandemia. Ciò spiega - dicono - perché questo ufficio nel modificare i capi di incolpazione provvisoria non abbia contestato la falsità indotta dei bollettini, che avendo una funzione solo divulgativa non rivestivano le caratteristiche dell"atto pubblico".