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Trattativa Stato-mafia, al via il processo d'appello: dubbi sulla salute di Ciancimino

Sicilia
Mario Mori e Giuseppe De Donno in aula (ANSA)

Non è chiaro quale sia lo stato di salute del supertestimone Massimo Ciancimino. Per i medici del carcere sarebbe lucido e può partecipare al processo, secondo i suoi legali, invece, avrebbe avuto un ictus celebrale 

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Il processo d'appello sulla trattativa Stato-mafia, avvenuta negli anni delle stragi, è iniziato lunedì 29 aprile davanti alla corte d'assise d'appello di Palermo. Il dibattimento si è aperto con la richiesta di una perizia che accerti se Massimo Ciancimino, imputato e superteste, sia in grado di partecipare coscientemente al processo.

I dubbi sulla salute di Ciancimino

Un vero giallo quello che si è aperto sulle condizioni di salute del figlio di Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso di Palermo. Un certificato medico del carcere attesta che l'imputato sarebbe lucido. Per i suoi legali, invece, Ciancimino ha avuto un ictus cerebrale e non sarebbe in grado di partecipare coscientemente al processo. Sulla questione i giudici si sono riservati la decisione.

Il processo

"Qualcuno ha detto che non si può riscrivere la storia guardandola dal buco della serratura del processo penale, ma può accadere che la riscrittura di un pezzo di storia di un Paese possa essere un effetto inevitabile dei temi trattati", dice Angelo Pellino, il presidente della corte d'assise d'appello di Palermo. Il riferimento è alle critiche rivolte in questi anni da intellettuali e giuristi, tra cui il docente di diritto penale Giovanni Fiandaca, alla Procura e ai giudici di primo grado, accusati di aver "usato" la sede processuale per scrivere una verità storica su eventi tragici del Paese. "Lo scopo del processo d'appello - dice Pellino - è verificare la tenuta della decisione di primo grado sotto la lente di ingrandimento dei motivi d'appello. Gli imputati sono persone che saranno giudicate per ciò che hanno o non hanno fatto. Questo è l'impegno della corte".

Alla prima udienza, davanti alla corte d'assise presieduta dal giudice Angelo Pellino, a latere Vittorio Anania, si sono presentati gli ufficiali dei carabinieri Mario Mori e Giuseppe De Donno. Assenti invece l'ex capo del Ros, Antonio Subranni, Ciancimino e Marcello Dell'Utri, gli ultimi due detenuti ed entrambi hanno rinunciato a partecipare. Assenti in aula anche i boss Leoluca Bagarella e Antonino Cinà, collegati in videoconferenza dal carcere e il pentito Giovanni Brusca, anche lui collegato dal sito riservato in cui sconta la pena. Gli imputati, tranne Brusca per il quale è stata dichiarata la prescrizione, sono stati condannati in primo grado per minaccia a corpo politico dello Stato. Ciancimino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia ai danni dell'ex capo della polizia Gianni de Gennaro, è stato condannato solo per il secondo reato.

Rigettato il ricorso di Riina

La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal legale del boss Totò Riina, imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato. Il capomafia è deceduto prima della sentenza di primo grado, pertanto nei suoi confronti i giudici avevano dichiarato l'estinzione del reato per morte del reo. L'avvocato, però, ha impugnato il verdetto chiedendo l'assoluzione del suo cliente nel merito, ma l'impugnazione è stata dichiarata inammissibile. 

La posizione di Subranni

L'ex capo del Ros, il generale Antonio Subranni, condannato in primo grado a 12 anni nel processo Stato-mafia, ha cambiato i suoi legali. Nella prima udienza si sono presentati i nuovi difensori dell'ufficiale, gli avvocati Cesare Placanica, presidente della Camera penale di Rona, e Gianluca Tognozzi. In aula con i due legali anche il presidente della Camera penale di Palermo, Fabio Ferrara, nominato loro sostituto processuale. La nomina dei nuovi avvocati potrebbe preludere anche a una modifica della linea difensiva di Subranni, che deve rispondere di minaccia corpo politico dello Stato.