Appalti a clan dei Casalesi, 35 misure cautelari e maxi sequestro beni

Campania

I reati contestati, a vario titolo, sono estorsione, intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta, corruzione, riciclaggio aggravati in quanto commessi agevolando un'organizzazione mafiosa

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Trentacinque misure cautelari e un sequestro di beni per 50 milioni di euro sono stati eseguiti al termine di un'inchiesta coordinata dalla Procura di Napoli (pm Ardituro e Arlomede). L'indagine ha preso di mira gli interessi della fazione del clan dei Casalesi, capeggiata dal boss Francesco Schiavone, in settori economici di grande rilievo, come gli appalti per i servizi della rete ferroviaria e la pavimentazione stradale. Le misure sono state eseguite dai carabinieri di Caserta, dalla Direzione investigativa antimafia di Napoli e dal Nucleo investigativo centrale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria. I reati contestati, a vario titolo, agli indagati, sono estorsione, intestazione fittizia di beni, turbativa d'asta, corruzione, riciclaggio aggravati in quanto commessi agevolando un'organizzazione mafiosa. Le misure cautelari, emesse sulla base di due diversi procedimenti, sono state emesse dal Gip di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia e notificate a Napoli, Caserta, Roma, Bari e Lecco.

Le indagini patrimoniali della Dia, scrive in una nota il procuratore di Napoli Giovanni Melillo, hanno consentito di fare luce sui "complessi meccanismi di riciclaggio e di illecita interposizione negoziale, come tali considerati al fine del sequestro preventivo di quote sociali e immobili". 

Gli appalti Rfi

Tra gli appalti di Rfi finiti a ditte riconducibili alla fazione Schiavone del clan dei Casalesi, ci sarebbe anche quello riguardante le centraline di sicurezza: lo sostiene la Procura di Napoli che ritiene centrale, in quest'inchiesta, la figura di Nicola Schiavone, 68 anni, amico di lunga data di Francesco Schiavone, conosciuto anche con il soprannome di "sandokan" e, proprio in virtù di questa amicizia, gestore delle risorse accumulate dal boss detenuto della mafia casalese. Il giudice, accogliendo le richieste degli inquirenti, ha disposto il carcere per Nicola Schiavone il quale, emerge dalle carte dall'indagine, riuscì anche ad entrare in contatto con i vertici di RFI avvalendosi della sua figura di consulente delle ditte. Le misure cautelari riguardano anche quattro ex funzionari di Rete Ferroviaria Italiana, in servizio all'epoca dei fatti contestati. Un ex dirigente di RFI avrebbe ricevuto in cambio dei suoi "servigi" anche un paio di gemelli d'oro Cartier, del valore di 600 euro. Nell'ambito "di un duraturo rapporto corruttivo", scrive il gip di Napoli Giovanna Cervo (l'inchiesta spazia da gennaio 2018 a inizio aprile 2019) i funzionari indagati avrebbero ricevuto doni alimentari, cravatte di pregio, oggetti di vario tipo, soggiorni alberghieri e costose cene. Due ex dirigenti, inoltre, avrebbero ottenuto periodicamente, somme di denaro in contanti, di circa mille euro mensili. Per tutti, infine, Nicola Schiavone si era offerto di intercedere presso i vertici di RFI con i quali era in rapporti, per sostenere le carriere dei funzionari.

Coinvolti anche un avvocato e il responsabile di un'agenzia bancaria

Figurano anche un avvocato e il responsabile di un'agenzia bancaria, tra i destinatari delle misure cautelari (17 in carcere, 17 ai domiciliari e un obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria) notificate stamattina ai 35 indagati. Ad entrambi gli inquirenti contestano di avere rivelato a una delle persone indagate l'esistenza dell'attività investigativa. Per l'accusa infatti l'imprenditore napoletano Crescenzo De Vito informò nel gennaio 2019 Nicola Schiavone di un'indagine anticamorra che li riguardava: "Nicò questo ovviamente noi non potremo mai saperlo. Anche se segretato: 37367 del 2017. Giudice Arlomede". Per Nicola Schiavone, il Gip di Napoli Giovanna Cervo ha disposto il carcere per associazione mafiosa e reati relativi ad appalti di Rfi finiti ad aziende colluse, per De Vito i domiciliari in relazione proprio alla rivelazione del segreto istruttorio. Per quest'ultima contestazione sono indagati anche l'avvocato Matteo Casertano del foro di Napoli Nord - finito ai domiciliari - il funzionario dell'Istituto di Credito Banca Popolare di Torre Del Greco Francesco Chianese, per il quale il Gip ha disposto il divieto di esercitare attività bancaria e creditizia per sei mesi, e un carabiniere in servizio alla Procura di Napoli, per il quale il Gip deciderà su eventuale sospensione dal servizio dopo l'interrogatorio di garanzia che si terrà nei prossimi giorni. Secondo quanto ricostruito dalla Procura, a diffondere per primo il segreto investigativo sarebbe stato il bancario Francesco Chianese, che nel settembre 2018 riceve il decreto di esibizione di documenti da parte della Dda di Napoli. Nel decreto sono riportate informazioni che il funzionario passa a De Vito; questi si rivolge quindi al cugino, l'avvocato penalista Casertano che a sua volta compulsa il carabiniere della Procura per avere info più approfondite sull'indagine.

Le intercettazioni

Tutte le notizie riservate che De Vito riesce a sapere le gira a Nicola Schiavone, e ciò emerge dalla rilevante conversazione del 7 gennaio 2019, in cui De Vito e Schiavone parlano di "RG", riferendosi al registro generale delle notizie di reato; i due abbassano la voce per paura di essere intercettati, ma i carabinieri annotano e accertano che il primo dà al secondo le cifre del fascicolo e il nome del pm e anche il reparto dell'Arma procedente ("Comando Carabinieri Caserta"). "Allora loro devono avere tutta la documentazione, tanto noi facciamo quello che abbiamo fatto venti trent'anni fa" dice Schiavone; "ci colleghiamo all'indagine" gli fa eco De Vito. I due pensano che si tratti di roba vecchia. "Da 15 a 20 anni a questa parte, non ci sono reati penalmente rilevanti" sottolinea Schiavone cercando di tranquillizzare De Vito. "E' colpa di Cosentino" dice quest'ultimo De Vito. Gli indagati hanno provato ad avvicinare anche un altro carabiniere in servizio fino al maggio 2020 alla segreteria del Procuratore, ma il militare non si è mai prestato al gioco, come confermato in un interrogatorio al pm.

Rfi: "Sospesi tutti i dipendenti coinvolti"

Rete Ferroviaria Italiana "ha sospeso in via cautelare tutti i dipendenti coinvolti che risultano ad oggi ancora in organico. Altri quattro ex dipendenti, raggiunti da provvedimenti restrittivi della Procura, e già in passato oggetto di indagine della stessa Procura, sono stati licenziati e non sono più in organico". Così in una nota Rfi interviene sull'indagine della Procura della Repubblica di Napoli relativa ai tentativi di infiltrazione del clan dei Casalesi negli appalti ferroviari. "La società, che si ritiene parte lesa, nel confermare la propria fiducia nell'operato degli inquirenti, ai quali ha offerto nel corso delle indagini la più ampia collaborazione, si è attivata al fine di acquisire le notizie necessarie per valutare le più opportune azioni da adottare a propria tutela anche nei confronti delle imprese coinvolte. RFI - conclude la nota - ha avviato da tempo un lavoro per rafforzare le azioni contro i tentativi di infiltrazione criminale negli appalti e per individuare soluzioni a contrasto ancora più efficienti e tempestive". 

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