Dal 2001, e per molti anni successivi, circa il 60% dei lavori di somma urgenza nel settore del ciclo integrato delle acque della Regione Campania sarebbero andati a ditte di Casapesenna, vicine al clan guidato da Michele Zagaria
Si sarebbero aggiudicati lavori di somma urgenza per 40 milioni di euro riguardanti la rete idrica regionale grazie all'appoggio del clan camorristico guidato da Michele Zagaria. È l'ipotesi di accusa contestata a sette imprenditori edili, arrestati e condotti in carcere dai carabinieri del Ros e del Comando Provinciale di Caserta su ordine del Gip del Tribunale di Napoli, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Tra i destinatari delle misure cautelari anche Antonio Fontana, ex sindaco negli anni '90 di Casapesenna (Caserta), comune di origine della famiglia Zagaria. I carabinieri hanno eseguito anche un provvedimento di sequestro preventivo di 10 imprese edili del Casertano per un valore di circa un milione di euro, riconducibili agli indagati.
Le indagini
L'indagine è stata coordinata dalla Dda di Napoli - sostituto Maurizio Giordano - e rappresenta una prosecuzione dell'inchiesta "Medea", che aveva fatto luce su un sistema, condizionato dal clan, di assegnazione dei lavori urgenti e senza affidamento da parte del settore idrico della Regione Campania, e che aveva portato all'arresto di 13 persone, tra cui imprenditori e politici come l'ex senatore dell'Udeur e dirigente regionale fino al 2005 del Settore Ciclo Integrato delle Acque Tommaso Barbato.
Parecchi lavori, tra il 2001 e il 2015, sarebbero andati - secondo la Procura antimafia e i carabinieri - sempre ad aziende vicine a Michele Zagaria e al cognato Francesco Zagaria (stesso cognome del boss ma erano solo omonimi); quest'ultimo, deceduto qualche anno fa, era ritenuto il "signore degli appalti" del clan, capace di inserirsi anche in altri settori degli appalti pubblici, come quelli sanitari; c'era proprio Francesco Zagaria, insieme alla moglie Elvira Zagaria, sorella di Michele tornata in libertà qualche giorno fa dopo quasi sei anni di detenzione, dietro la vicenda dell'ospedale di Caserta, sciolto per infiltrazioni camorristiche tra il 2015 e il 2017.
Dal 2001, e per molti anni successivi, circa il 60% dei lavori di somma urgenza nel settore del ciclo integrato delle acque della Regione Campania sarebbero andati a ditte di Casapesenna (Caserta), vicine al clan guidato da Michele Zagaria. Il dato emerge dall'ordinanza di arresto del Gip del tribunale di Napoli Gabriella Bonavolontà.
Gli arresti
Con Antonio Fontana, 59 anni, ex sindaco di Casapesenna nonché imprenditore edile, sono stati arrestati dal Ros dei carabinieri anche i costruttori Costantino Capaldo, Giuseppe Capaldo e Raffaele Capaldo (fratelli rispettivamente di 58, 53 e 65 anni), il 47enne Orlando Fontana e Gennaro Licenza, 61 anni, fratelli dei due imprenditori Giuseppe Fontana e Luciano Licenza, già arrestati e condannati per collusione con il clan; carcere anche per il 58enne Raffaele Galoppo, cognato di Licenza. Nell'indagine odierna, come nella prima trance del 2015, compare più volte la figura di Barbato, non indagato in questo segmento d'inchiesta; condannato a sei anni in Appello, la sua condanna è stata annullata il 26 settembre scorso dalla Corte di Cassazione, che ha rinviato ad un'altra sezione della Corte di Appello di Napoli.
Le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
Determinanti le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, come Massimiliano Caterino, braccio destro di Michele Zagaria, e Francesco Zagaria, imprenditore arrestato nel 2019 che ha poi collaborato con la giustizia; entrambi hanno hanno indicato i nomi dei sette imprenditori come persone legate al boss, degli intoccabili cui non si poteva chiedere la tangente. Luciano Licenza, imprenditore colluso che ha poi collaborato con la Direzione Distrettuale Antimafia, racconta, in un interrogatorio allegato all'ordinanza, che "fino al 2008, in Regione Campania, esisteva un comitato d'affari politico in base al quale il partito Udeur, nelle persone di Tommaso Barbato, Carlo Camilleri e Pasquale Giuditto, nonché degli assessori De Flaviis e Nocera, riusciva di fatto a controllare le modalità di erogazione dei fondi e l'assegnazione dei lavori alle ditte vicine a Barbato, tra cui la mia". Lo stesso Licenza riferisce che Franco Zagaria avrebbe fatto avere tanti appalti alle aziende del clan, oltre che dalla Regione, anche da altri enti, come l'Istituto autonomo case popolari di Caserta (Iacp), il Consorzio di Bonifica Napoli-Volla, e la Provincia di Caserta ai tempi in cui era presieduta da Sandro De Franciscis, esponente dell'Udeur di Mastella, lo stesso partito di Tommaso Barbato. "Alle elezioni provinciali del 2005 (vinte da De Franciscis, ndr) la famiglia Zagaria - dice Licenza - sostenne massicciamente De Franciscis. Volantini e materiale elettorale venivano distribuiti da esponenti del gruppo Zagaria". Ancora Caterino, riferendosi ad uno degli imprenditori collusi, Raffaele Capaldo detto "il marchese" (oggi arrestato), racconta che ha avuto un appalto all'ospedale Cardarelli di Napoli, e che riuscì ad evitargli di pagare la tangente ad un esponente del clan del Vomero.
Imprenditore arrestato a poliziotto: "Zagaria? L'ho visto..."
Uno degli arrestati, (Caserta) Orlando Fontana, fu convocato dal Capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani che stava indagando sulla latitanza di Michele Zagaria. All'investigatore, rispose che sapeva dove era il boss ma non voleva dirlo. L'episodio emerge dall'ordinanza di arresto. Durante una conversazione captata tra Giuseppe Fontana, fratello di Orlando, e un'altra persona, emerge che il poliziotto, sapendo che Fontana era vicino a Zagaria, lo aveva convocato chiedendogli esplicitamente se sapeva dove si nascondesse il boss. "Se vuoi sapere se l'ho visto, l'ho visto, ora non è cosa, ti dico questo qua che so", rispose Fontana. Un collaboratore di giustizia del clan, Michele Barone, ex luogotenente di Michele Zagaria, racconta, nel corso di un interrogatorio allegato all'ordinanza, di un altro episodio che sarebbe avvenuto il giorno dell'arresto proprio del capoclan, il 7 dicembre 2011. "Nell'estate del 2015 - ricorda Barone - incontrai in carcere Giuseppe Fontana, da poco arrestato; Fontana mi disse che tutte le indagini sull'ala imprenditoriale del clan erano partite dopo una frase detta da Michele Zagaria dopo l'arresto. Zagaria aveva detto: 'tutto a posto, tanto il sistema è oleato', facendo capire agli inquirenti che anche dopo di lui, il sistema di assegnazione illecito degli appalti non si sarebbe fermato".