Clan dei Casalesi, 17 arresti: 'figli d'arte' accanto ad anziani

Campania
Foto di archivio

Dalle indagini è emerso che a tirare le redini dell'organizzazione, accanto ai veterani che mantenevano un ruolo di supervisione e dettavano la linea, c'erano i giovani, i quali svolgevano mansioni più operative

Diciassette persone, considerate appartenenti al clan dei Casalesi, sono state arrestate nel Casertano al culmine di un'indagine della Dda di Napoli. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di reati di associazione camorristica, estorsione e traffico di sostanze stupefacenti e di armi. Tra gli indagati c’è anche Ivanhoe Schiavone, figlio del capoclan dei Casalesi Francesco "Sandokan" Schiavone. I provvedimenti cautelari, 14 in carcere e tre ai domiciliari, sono stati emessi dal gip del tribunale partenopeo ed eseguiti dai carabinieri del nucleo investigativo di Caserta. Riguardano la fazione Schiavone della federazione criminale casalese, attiva nei comuni di Trentola Ducenta, San Marcellino e Lusciano. 

Arrestati due storici affiliati

Secondo le indagini, nonostante gli arresti e i pentimenti eccellenti, il clan dei Casalesi continuava a essere pienamente operativo nel Casertano. Tra coloro che sono finiti in cella ci sono il 62enne Giacomo Capoluogo, ritenuto il cassiere del clan, storico affiliato da sempre vicino alla fazione Zagaria ma negli ultimi anni più vicino agli Schiavone, e il 46enne Salvatore Fioravante, detto "porcellino", anche lui veterano del clan.

I 'figli d'arte'

A conferma di ciò che era emerso anche in altre indagini sui Casalesi, dalle indagini è emerso che a tirare le redini del clan, accanto agli 'anziani', ci sono i "figli d'arte", i quali mantengono il potere dei genitori tutelandone gli interessi. Si tratta del 28enne Oreste Diana, figlio dell'esponente di spicco Giuseppe Diana, e il 30enne Giuseppe Cantone, figlio di Raffaele detto 'malapelle', storico capozona del clan a Trentola Ducenta. Diana viene indicato dal gip come "persona di fiducia di Ivanhoe Schiavone", figlio del capoclan Francesco 'Sandokan' Schiavone. I due si occupavano di estorsioni alle imprese chiedendo agli imprenditori somme fino a 60mila euro o prestazioni d'opera come la ristrutturazione di casa, oltre a gestire materialmente le piazze di spaccio per la vendita della droga.

Il ruolo di Schiavone

Ivanhoe Schiavone è indagato per intestazione fittizia di beni in relazione alla gestione di un punto scommesse di Trentola Ducenta, che secondo i magistrati era a lui riconducibile. L'esercizio era gestito dal figlio dell'esponente di spicco Giuseppe Diana, luogotenente di 'Sandokan'. I pm avevano chiesto l'emissione di una misura cautelare per Schiavone, ma il Gip ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per restringere la libertà del rampollo del capoclan, il quale resta quindi libero a differenza dei fratelli, tutti detenuti, a iniziare dal primogenito Nicola, che ha scelto di collaborare con la giustizia.
Proprio Nicola figura tra i collaboratori di giustizia che hanno permesso ai carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta di porre un argine alla riorganizzazione del clan dei Casalesi attraverso gli arresti eseguiti oggi.  

Gli 'anziani'

I giovani del clan, quindi, svolgevano mansioni molto operative, mentre gli 'anziani' mantenevano un ruolo di supervisione e dettavano la linea, indicando gli imprenditori a cui chiedere il pizzo. Capoluongo, secondo le accuse, gestiva le entrate e le uscite del clan ed era un punto di riferimento per gli altri affiliati. Fioravante, invece, sovrintendeva allo spaccio occupandosi dell'approvvigionamento della droga, soprattutto cocaina, che veniva comprata tramite sue conoscenze nel quartiere napoletano di Secondigliano e portata nel Casertano con due corrieri, anche loro arrestati.

Il traffico di armi e il giro di prostituzione

La marijuana, ma anche le armi, venivano acquistate tramite un gruppo di albanesi attivi nel Casertano, che le importavano dal proprio paese facendole giungere in Italia attraversi porti pugliesi. Tre membri del gruppo sono finiti in carcere per il traffico di armi e droga e perché gestivano un giro di prostitute tra Napoli e Caserta. Secondo quanto emerso, erano Diana e Cantone a tenere i contatti con gli albanesi. Diana, oltre a gestire la piazza di spaccio, aveva anche un punto di scommesse sportive, intestato a prestanomi, con sede a Trentola Ducenta.

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