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Cinque permessi al killer del vigilante, uno anche per un provino di calcio

Campania
Immagine di archivio

Dopo aver festeggiato il 18esimo compleanno in famiglia, all'omicida di Francesco Della Corte è stato concesso anche di uscire dall'istituto penale dov'è rinchiuso per un pranzo con i parenti e per una prova per una società calcistica del Beneventano 

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Sono cinque, in totale, i permessi di uscita dall’istituto penale, dov'è rinchiuso, concessi al 18enne condannato per aver ucciso il vigilante Francesco Della Corte il 3 marzo del 2018.
Non solo quindi quello per festeggiare il compleanno con i propri familiari, che ha suscitato l’indignazione della famiglia della vittima: un permesso è stato utilizzato per sostenere un provino per una società calcistica del Beneventano, un altro per pranzare con la famiglia in un ristorante dello stesso comune dove si trova il carcere minorile in cui sta scontando la pena. Tutte le volte che è uscito di cella il giovane, così come prevede la normativa, è stato accompagnato dalla scorta.

Lo sfogo della figlia del vigilante

Sulla vicenda è intervenuta Marta Della Corte, figlia di Francesco: "Si sostengono sempre di piu' i diritti dei detenuti, ma dove sono finiti invece i diritti delle vittime e delle famiglie di chi è stato ucciso, di coloro a cui è stato negato il diritto alla vita?", le sue parole all'ANSA. Per Marta, "ormai la linea che separa la riabilitazione da comportamenti ridicoli è diventata veramente sottile: esce dal carcere e va a fare il calciatore? Questa è follia, non posso sopportare che chi ha ucciso mio padre possa andare a fare anche un provino per giocare al calcio malgrado sia accusato di essere un assassino. Per me lui deve scontare 16 anni e mezzo dentro il carcere".

Avvocato del 18enne: "Dolore ostacola comprensione" 

A difesa del 18enne si è schierato l'avvocato Nicola Pomponio, legale del ragazzo: "La famiglia Della Corte prova, legittimamente, un dolore molto forte: non potrà mai comprendere la funzione rieducativa della pena" ma "Ciro è un soggetto sul quale si può e si deve investire", le sue parole. E ancora: "Non ha un curriculum penale, - ricorda - non ha mai manifestato una deriva criminale, non ha mai fumato, non ha mai bevuto alcolici. Ha commesso un delitto efferato, è vero ma era un insospettabile. I suoi familiari mai si sarebbero aspettati che potesse compiere simili gesti". Per l'avvocato Pomponio "la resipiscenza può essere manifestata in vari modi: in maniera plateale, con un lettera di scuse, oppure intraprendendo un percorso che si avvale di educatori e psicologi, grazie al quale, scontata la pena, potrà inserirsi nuovamente nella società".

La vedova Della Corte: "Nessun pentimento mostrato, sono senza cuore"

Il giovane omicida avrebbe iniziato un percorso di riabilitazione che, secondo la famiglia del vigilante, non avrebbe ancora prodotto frutti. Annamaria Della Corte, vedova di don Ciccio - così veniva chiamato dagli amici la guardia giurata - in un’intervista rilasciata all'Ansa dopo la diffusione delle foto dei festeggiamenti per la maggiore età, ci tenne a sottolineare come non ci sia stato alcun segno di ravvedimento, sia nel ragazzo, che nella sua famiglia: "Hanno affrontato un processo per omicidio senza versare una lacrima - ricorda la donna -. Mi guardavano negli occhi senza mostrare un minimo pentimento. Sono senza cuore".

Il vigilante morì dopo 12 giorni di agonia

Francesco Dalla Corte venne preso a sprangate e ridotto in fin di vita dal 18enne e da altri due complici davanti alla stazione della metropolitana a Piscinola, quartiere della periferia nord di Napoli. Morì in ospedale dopo 12 giorni di agonia, lasciando la moglie e due figli.
Per gli altri due assassini, secondo quanto si apprende, non sarebbero stati finora concessi permessi d'uscita dalle carceri minorili di Napoli e provincia dove si trovano.