Dei tre italiani non si hanno più notizie dal 31 gennaio 2018. Secondo uno degli avvocati dei familiari “le prove raccolte a carico gli uomini della Polizia di Tecalitlan sono schiaccianti"
"Tutte le prove ritenute fondamentali, raccolte dagli inquirenti e condivise dalla nostra difesa, finalizzate a cristallizzare il coinvolgimento dei poliziotti, sono state accolte dal giudice". È quanto fa sapere l'avvocato Claudio Falleti, uno dei legali delle famiglie dei tre napoletani scomparsi in Messico che, attraverso un collega dell'Organizzazione Mondiale degli Avvocati, sta monitorando lo svolgimento del processo preliminare a carico di quattro agenti della Polizia di Tecalitlan ritenuti coinvolti nella scomparsa dei tre connazionali di cui non si hanno più notizie dal 31 gennaio 2018.
Il processo in Messico
L'udienza, informa Falleti, è iniziata con 3 ore di ritardo e si è protratta per altre 10, prima della sospensione decisa dal giudice. "Gli avvocati della Difesa - ha detto ancora il legale - vogliono dimostrare l'estraneità dei loro clienti ai fatti contestati ma con una condotta ostruzionistica: è stata chiesta l'ammissione di una ventina di testimoni per ciascun poliziotto. Una strategia processuale assurda, - sostiene l'avvocato Falleti - inoltre le prove raccolte a carico degli agenti municipali - dagli audio di Antonio e Vincenzo, decisamente eloquenti, ai tracciati precisi ed inconfutabili del GPS, al ritrovamento delle auto, sono schiaccianti".
La ricerca della verità
Per Falleti, la Procura di Jalisco sta dando un forte segnale, "sembra intenzionata a confermare tutti i capi di imputazione contestati. Speriamo che il dialogo con le autorità messicane continui non solo all'interno delle aule dei tribunali ma anche a livello politico perché a vendere i nostri connazionali a dei narcos sono stati dei poliziotti e non gente comune e pertanto il Governo Messicano deve considerare realmente la gravità della vicenda che vede implicati dei rappresentanti delle istituzioni".
Il dialogo con l'Onu
"Attraverso il canale internazionale aperto con l'Onu, - conclude uno degli avvocati delle famiglie Russo e Cimmino - si sta muovendo verso la giusta direzione la ricerca della verità nella speranza che presto si possa individuare il luogo in cui si trovano Raffaele, Antonio e Vincenzo, così come auspicato alla Farnesina nel corso dell'ultimo incontro con i familiari".