Beni intestati a terzi, maxi sequestro nel Salernitano
CampaniaTra gli escamotage adoperati dall'indagato, ci sarebbe anche la finta separazione dalla moglie, cui aveva intestato quote societarie e immobili di valore
La guardia di finanza di Salerno ha eseguito un decreto di sequestro preventivo per un valore di circa un milione e mezzo di euro nei confronti di un imprenditore. Il provvedimento ha riguardato i conti correnti dell'indagato e della moglie, veicoli, terreni agricoli e la proprietà di cinque società con sedi in Campania e in Toscana, operanti nel settore agro-alimentare e in quello delle costruzioni residenziali.
Le accuse
Le indagini hanno accertato che l’uomo, figlio di uno storico esponente della camorra dell'Agro Nocerino-Sarnese, non figurava "nella gestione di aziende e beni di fatto da lui amministrati e, soprattutto, come fosse sua consuetudine reclutare prestanome tra le persone che a lui si rivolgevano in cerca di lavoro - talvolta persino ignare di diventare, invece, amministratori di società - o di sostegno economico in relazione ad attività in difficoltà, nella reale titolarità delle quali l'imprenditore finiva all'esito per subentrare". Coinvolte nelle indagini altre nove persone, in qualità di intestatarie fittizie del patrimonio accumulato dall’imprenditore.
I precedenti
L'imprenditore, assessore al Comune di Nocera Inferiore (Salerno) tra gli anni Ottanta e Novanta, in passato era stato condannato in via definitiva per estorsione continuata aggravata da finalità mafiosa, reato poi dichiarato estinto per prescrizione. La sua figura e il suo ruolo attivo erano emerse nell'ambito della Dda di Salerno sulle procedure di affidamento dell'appalto e dei lavori di realizzazione di piazza della Libertà a Salerno, opera pubblica eseguita da una società di costruzioni "i cui amministratori erano risultati a lui strettamente legati da rapporti di consolidata relazione politico-imprenditoriale". Rapporti che avevano indotto la Prefettura di Salerno ad adottare un provvedimento interdittivo antimafia nei confronti dell'impresa con la conseguente revoca dell'affidamento dei lavori.
Le indagini
Le successive indagini hanno permesso di appurare il modus operandi dell'imprenditore che, secondo la procura, nel tempo si sarebbe adoperato "per liberarsi formalmente delle sue proprietà, intestandole a vari prestanome al fine di sottrarsi all'esecuzione di misure preventive antimafia giustificate dalla sua pregressa appartenenza camorristica". Tra gli escamotage adoperati dall'imprenditore, secondo gli investigatori, ci sarebbe anche una finta separazione dalla moglie che, già a partire dagli anni Novanta, aveva acquisito quote societarie e immobili di valore. La separazione era stata "chiesta e ottenuta solo pochi mesi prima della conferma della condanna in primo grado pronunciata dalla Corte d'Appello con riguardo proprio alla contestazione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso". Ma per gli inquirenti i due coniugi "sono tutt'ora sposati, tanto da aver festeggiato insieme il traguardo dei 25 anni di matrimonio".