Napoli, manichino bruciato con slogan contro pentiti di camorra: cinque divieti di dimora
CampaniaUn fantoccio con un cappello delle forze dell'ordine e uno striscione con la scritta "Così devono morire i pentiti, abbruciati" erano stati dati alle fiamme durante la festa dell'Immacolata a Castellammare di Stabia
Istigazione a delinquere aggravata da finalità mafiose: è il reato che il Gip di Napoli contesta a cinque persone, tra cui due minorenni, che l'8 dicembre 2018, per i festeggiamenti dell'Immacolata nel rione Savorito di Castellammare di Stabia (Napoli), bruciarono, davanti alla folla, un manichino con un cappello delle forze dell'ordine e uno striscione con la scritta "Così devono morire i pentiti, abbruciati". Si tratta di tre maggiorenni, di 30, 24 e 18, e dei due minorenni. Per loro è stato disposto il divieto di dimora in Campania.
L'intimidazione legata ai clan camorristici
L'episodio è avvenuto nel quartiere noto come 'Aranciata Faito', abitato dalla famiglia criminale Imparato, detti i 'Paglialoni', fiancheggiatori del clan camorristico dei D'Alessandro. Per gli inquirenti si è trattato di un messaggio intimidatorio ai collaboratori di giustizia, nonché di un gesto di sostegno al clan D'Alessandro, che pochi giorni prima dell'Immacolata era stato colpito da una serie di arresti per reati commessi e ricostruiti grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Il ringraziamento al ras Salvatore Imparato
Quella stessa sera, riferiscono i carabinieri, nel limitrofo Rione Moscarella un noto cantante neomelodico ha ringraziato pubblicamente dal palco il 'ras' Salvatore Imparato, zio di uno dei tre ragazzi destinatari dei divieti di dimora. L'artista ha voluto esprimere i suoi personali ringraziamenti al camorrista "per avere reso possibile tutto questo", riferendosi alla manifestazione in corso. Il Rione Savorito, secondo le indagini e secondo alcuni collaboratori di giustizia, è una nota piazza di spaccio di Castellammare gestita dagli Imparato.
Le indagini
Le indagini dei carabinieri sono scattate a seguito della pubblicazione su Facebook di un video girato quella sera: grazie a quelle immagini è stata possibile l'individuazione dei cinque destinatari delle misure cautelari. Durante le dichiarazioni spontanee rese agli investigatori, alcuni degli indagati hanno ammesso di avere commesso il fatto, giudicato dal Gip Valeria Montesarchio come "una gravissima minaccia di morte prospettata ai collaboratori di giustizia".