In alcuni pozzi la presenza di arsenico è di oltre 9000 milligrammi per litro, quando la quantità legale consentita è di 10 mg. In zona si registra un'alta incidenza di tumori alla prostata. Aperto un fascicolo contro ignoti
Dodici pozzi utilizzati per uso domestico e irrigazione, su cui è stata riscontrata una severa contaminazione da arsenico, sono stati messi sotto sequestro dai carabinieri, nell'ambito di una operazione coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, nel Casertano. Il decreto di sequestro preventivo, che ha riguardato anche un'altra area in cui sono stati rinvenuti rifiuti speciali solidi vari, è stato eseguito dal Nucleo Investigativo di polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale e dal Nucleo Operativo Ecologico carabinieri di Caserta.
I pozzi
I pozzi contaminati si trovano tutti tra i comuni di Caserta e San Nicola la Strada. In alcuni è stata accertata la presenza di oltre 9000 milligrammi per litro di arsenico, una "quantità abnorme", per il Procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone, dato che la soglia legale è di 10 milligrammi. L'acqua dei pozzi viene utilizzata da anni per irrigare le colture, ma anche per i giardini di complessi residenziali. Non arriva invece nelle case, che sono allacciate alla normale condotta idrica.
Aperto un fascicolo
Al momento il fascicolo aperto dalla Procura è contro ignoti, secondo quanto affermato dal Procuratore Troncone. I reati contestati sono l'avvelenamento delle acque e il disastro ambientale per quanto riguarda le condotte accertate dal 2015 in poi, anno in cui fu introdotto tale reato. Per i fatti risalenti a prima del 2015 si procede per disastro generico.
Proseguono le indagini
"Le indagini proseguono - ha spiegato la Troncone - perché potrebbero esserci responsabilità nelle pubbliche amministrazioni che negli anni non hanno fatto nulla, nonostante tutti, dai cittadini agli amministratori, sapessero dell'inquinamento in atto". Gli accertamenti riguarderanno anche il mutamento di destinazione dell'area, da industriale ad area per civili abitazione e insediamenti produttivi. "La variazione avrebbe dovuto comportare una bonifica della zona - ha detto il Procuratore - ma ciò non è mai stato fatto. Nella popolazione abbiamo registrato tanta rassegnazione".
L'area del sequestro
L'area dove sono stati sequestrati i dodici pozzi contaminati era nota negli anni '60 e '70 come la 'piscina rossa': sul fondo di una cava ristagnavano liquami contenenti arsenico e altre sostanze chimiche, residuati dell'attività di lavorazione del ferro e del vetro dell'industria 'Saint Gobain' di Caserta. Nella zona di Lo Uttaro sorgono inoltre altre cave trasformate in discarica. La 'piscina rossa' negli anni è stata poi interrata insieme a tonnellate di rifiuti, e sovrastata da abitazioni civili e insediamenti produttivi.
Procuratore: "Alta incidenza di tumori"
"Nell'area compresa tra Caserta e San Nicola la Strada, in cui abbiamo sequestrato i pozzi contaminati, si registra un'alta incidenza di tumori, specie alla prostata, anche se non si può stabilire il nesso di causalità tra l'inquinamento provocato dall'attività industriale e queste morti", dice il Procuratore. Anche il proprietario di una delle aree sequestrate è morto un anno fa proprio per un tumore alla prostata, "patologia che sembra legata proprio alla contaminazione da arsenico - spiega Troncone - che è la seconda sostanza chimica più cancerogena". "L'inquinamento dell'area - ricorda il Procuratore - è frutto dell'attività industriale posta in essere dall'opificio 'Saint Gobain' dal 1958, quando l'area era a vocazione agricola, al 1988, quando l'azienda fu dismessa. In trent'anni la cava attigua fu riempita di rifiuti".
La riqualificazione dell'area
Dopo il 1988 l'area fu oggetto di programmi di sviluppo e di riconversione e di un accordo di programma siglato nel 1996 da Regione Campania, Provincia di Caserta, Comune di Caserta, Consorzio ASI e Progetto Industrie Srl, che hanno portato a compimento l'iter di riclassificazione dell'area ex Saint Gobain. "Detti programmi - ha affermato la Troncone - sono rimasti inspiegabilmente inattuati".
Legambiente: “Bonifica non più rinviabile”
Per Legambiente i dodici pozzi contaminati dall'arsenico nel Casertano costituiscono "un vero e proprio disastro ambientale di enormi proporzioni". Si tratta di "un altro duro colpo a un territorio già martoriato - afferma il presidente di Legambiente Campania Maria Teresa Imparato in un comunicato - e che da anni attende una seria bonifica non più rinviabile". "Auspichiamo che la magistratura e le forze dell'ordine, a cui va il nostro plauso, accertino quanto prima le responsabilità di un vero crimine ambientale che si perpetuava da decenni", aggiunge Legambiente.