Donne senza Nobel

La scienza ha bisogno di donne ma la presenza femminile, in questo campo, è ancora troppo bassa. Così Elisabetta Strickland, matematica ed accademica, docente d’onore e professoressa di algebra presso l’Università Tor Vergata di Roma. Nei 120 anni di storia del premio Nobel, ricorda la Professoressa, è stato assegnato il Nobel solo a 61 donne, una ogni 15 uomini. "Siamo circondate da stereotipi" Nel suo ultimo libro - Le madri di idee, Le donne scienziate e il Premio Nobel – la Strickland analizza proprio le storie di scienziate, biologhe, fisiche, genetiste che sono riuscite, con immani sacrifici e sforzi e spesso sfidando i pregiudizi, a distinguersi nei loro campi d’azione. Le storie sono molteplici, e scorrono le pagine del tempo: dalla scienziata Marie Curie - che ha ottenuto il premio per la fisica nel 1903 e per la chimica nel 1911, a Rita Levi Montalcini, Nobel per la medicina nel 1986, vissuta fino a 103 anni. “Le donne hanno tutte le capacità per vincere il Nobel” è il pensiero di Strikland. “Ma purtroppo sono circondate da stereotipi e non vengono invogliate a studiare le materie STEM, ovvero tutte quelle discipline di studio che possiamo categorizzare come scientifiche e tecniche”. “E quelle poche che ci sono poi devono andare altrove per trovare un posto di lavoro”. Gli ultimi dati Istat, infatti, descrivono una situazione decisamente sfavorevole alle quote rose e non lasciano dubbi: su 1000 ragazze, di età compresa tra i 20 e i 29 anni, nel nostro Paese, solo 14,3 portano a termine gli studi nei percorsi scientifici e tecnologici, contro 21 ragazzi. “Il problema - ci spiega la professoressa - è anche relativo agli investimenti che vengono fatti in Italia. C’è troppa poca attenzione, nel nostro Paese, alla ricerca. Servono laboratori, serve spendere per pagare i ricercatori e poi è necessario che gli scienziati siano supportati dalle comunità nazionali, dagli atenei, dagli ambienti di ricerca, dai ministeri. Cosa che accade sicuramente all’estero, ma non certamente qui da noi”. Mancano gli strumenti in Italia? “Ogni volta che dobbiamo assumere qualche ricercatore ci sentiamo rispondere che i soldi sono pochi. Mancano i fondi. I rettori si devono arrabattare quando decidono di assumere qualcuno. Si potrebbe avere molto di più ma la situazione italiana è figlia dell’indebolimento della ricerca di base italiana. Sottofinanziata”. La Strickland riflette sui risultati ottenuti dalle donne che ce l’hanno fatta: oltre ad essersi riuscite ad affermare rispetto ai loro colleghi maschi, la carriera l’hanno fatta altrove. “Donne eccellenti, e menti della scienza, un Nobel come Catherine Karikò, ungherese, ha vinto il prestigioso premio per la medicina lasciando il suo Paese e andando a vivere negli stati uniti dove ha avuto un posto nell’università della Pennsylvania. La stessa Rita Levi Montalcini che ha avuto il Nobel per la medicina ha vissuto 30 anni negli Stati Uniti per condurre le ricerche e realizzare gli esperimenti. Questo per dire che oggi è così: abbiamo ragazze e ragazzi bravissimi ai quali non vengono dati i mezzi. E sono pochissimi i posti negli atenei e negli enti della ricerca. Poi ci chiediamo perché i giovani se ne vanno all’estero. E invece abbiamo bisogno di più donne nella scienza”. Come diceva l’astrofisica Margherita Hack: “Le donne hanno tutti i numeri per essere valide scienziate ma per affermarsi rispetto ai colleghi maschi devono aggiungere al loro bagaglio culturale una razione ulteriore di grinta, una forma di autostima che è necessaria per progredire. Uno deve credere in quello che fa”.

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