Gli arrivi di migranti sono in calo, ma la strategia Ue è sostenibile?

Gli arrivi di migranti verso l’Europa calano, ma la strategia europea è sostenibile? L’Italia registra un calo vicino al 60% e per la prima volta dopo tre anni i Paesi europei hanno visto, nel periodo gennaio-settembre, una diminuzione degli arrivi di migranti irregolari. Per contenere ulteriormente gli arrivi i Paesi europei stanno spingendo su politiche sempre più rigide, riaprendo il dibattito sull’effettiva realizzabilità di una “Fortezza Europa” impermeabile agli arrivi di migranti irregolari dalle rotte del Nord Africa e dal Medio Oriente. In passato politiche di questo tipo si sono rivelate fragili, con periodi di profondo calo dei flussi che sono durati solo pochi anni a cui sono succeduti nuovi aumenti degli arrivi irregolari, provocando nel frattempo tensioni con vari paesi africani. Ci si chiede dunque se questa volta la situazione sarà diversa: quali mutamenti sono avvenuti dall'introduzione del Patto sulla migrazione e l'asilo da parte dell’Ue? Cosa rende la cooperazione tra Ue e Africa così complessa? E l'accordo più significativo su questo tema, quello Ue-Tunisia, reggerà la prova del tempo? Per capire bisogna partire dalle premesse, ovvero dal cambiamento strutturale dei flussi migratori durante la loro fase di aumento post-Covid in cui Paesi diversi ricevono flussi di migranti di origine differente. In Spagna, ad esempio, buona parte dei migranti proviene dai Paesi dell’Africa Occidentale. In Italia, nel 2021, i flussi maggiori erano quelli di tunisini , egiziani o bengalesi che lavoravano in Libia da anni . Al contrario, solo il 27% proveniva da paesi dell’Africa sub-sahariana. Il ruolo della Tunisia Il 2022 ha segnato un cambiamento, spostando il focus verso l’Italia delle partenze dalla Libia alla Tunisia. Da un lato, in quell’anno le partenze irregolari dalla Libia erano tornate ad aumentare notevolmente dopo il crollo del 2017-2019, ma si erano fermate a livelli comunque più sostenibili: circa un terzo rispetto al periodo degli alti sbarchi del 2014-2016. Sul versante della Tunisia, invece, i tunisini che iniziavano a lasciare la loro terra irregolarmente hanno fatto da “testa di ponte” per un nuovo movimento di migranti subsahariani. È dal 2017 che la Libia per loro era diventata un posto ancora più inospitale: detenzione illegale, frequenti violazioni dei diritti umani e la pratica di ricattare le famiglie dei migranti in patria chiedendo riscatti per liberare i "prigionieri" hanno reso più appetibile la Tunisia come meta di partenza. A ciò si aggiunge il fatto che il rischio di morire in mare, per chi parte dalla Libia, è costantemente più alto rispetto a chi parte dalla Tunisia, data la minore lunghezza del viaggio e il fatto che i trafficanti libici utilizzano imbarcazioni ancora meno adatte alla navigazione di quelli tunisini. Così, dopo che il traffico di migranti ha iniziato a prendere piede in Tunisia per la crisi del Paese che ha spinto molti cittadini tunisini a partire, diversi migranti subsahariani già in Libia hanno colto l'occasione, unendosi ad altri provenienti da casa che sono stati allertati da coloro che erano già in movimento. Nel 2023, gli sbarchi in Italia di persone partite dalla Tunisia sono triplicati, arrivando a toccare 97mila. Di questi, 80mila erano persone proveniente dall’Africa subsahariana. Dopo aver toccato il picco più alto di sempre a gennaio 2024 , la migrazione irregolare via mare dall'Africa verso l'UE ha iniziato a calare drasticamente, fino a oggi. La ragione immediata è la decisione di agire da parte del presidente tunisino, Kaïs Saïed. A luglio 2023, l'Ue e la Tunisia hanno firmato un memorandum d'intesa che ha cercato di mettere al centro le misure di contrasto ai flussi di migranti irregolari. Tuttavia, l'accordo ha mostrato segni di sostanziale debolezza nella seconda parte del 2023, con le relazioni UE-Tunisia che si sono inasprite a causa delle modalità e dell'entità della componente di finanziamento, e il governo tunisino che ha persino finito per rimborsare 60 milioni di euro di fondi UE già arrivati in polemica contro le eccessive pressioni europee. La repressione può "funzionare"? Negli ultimi mesi la Tunisia ha però cominciato a riavvicinarsi all’UE: nell'aprile 2024, Italia e Tunisia hanno firmato accordi per un valore di 100 milioni di euro nell'ambito del cosiddetto "Piano Mattei" lanciato da Roma, e l'UE dovrebbe pagare circa 165 milioni di euro durante l'anno in linea con il MoU. Da mesi, però, Saïed aveva già dato avvio alle misure di repressione più forti contro la presenza di migranti dell’Africa meridionale in Tunisia, le cui condizioni sono peggiorate drasticamente. In particolare sono ormai frequentissime le segnalazioni di migranti salvati dalla Guardia costiera tunisina o radunati nelle città che sono poi stati trasferiti con la forza verso i confini desertici del paese. In conclusione, il calo degli arrivi in Italia è strettamente connesso a una brusca svolta repressiva in Tunisia. Mentre il controllo delle migrazioni da parte dei paesi di transito nell'Africa settentrionale sembra funzionare, almeno provvisoriamente e con costi anche finanziari che probabilmente dovremo riquantificare nei prossimi mesi , c’è un altro aspetto della politica migratoria dell'Ue che resta debolissimo: quello dei rimpatri dei migranti irregolari nei loro paesi di origine. I tassi di rimpatrio verso l’Africa restano infatti su livelli medi bassissimi, con solo circa una persona scoperte a vivere irregolarmente in Ue su cinque che viene poi effettivamente rimpatriata nel proprio paese. Questi tassi raggiungono livelli ancora più bassi in Africa occidentale, con paesi come il Senegal e il Mali in cui i ripari sono irrisori. Entrambe le componenti, quella della collaborazione con Paesi di transito come Libia e Tunisia per trattenere le persone e scoraggiarne il progetto migratorio “da casa propria”, e quella delle richieste sempre più pressanti dei Paesi Ue verso quelli africani nel tentativo di aumentare i tassi di rimpatrio, continueranno a mettere a dura prova le relazioni tra Ue e i paesi africani. Non è chiaro, invece, se queste crescenti pressioni porteranno davvero a un calo sostenuto degli arrivi irregolari sulle sponde settentrionali del Mediterraneo in assenza dell’apertura di maggiori canali legali di migrazione, o se si tratterà solo di una tregua temporanea, come alla fine si è dimostrato essere il periodo 2017-2019.