Haiti ha un nuovo primo ministro ma il Paese è ancora nel caos

Haiti ha un nuovo primo ministro e nel caos della crisi politica, sociale e securitaria che investe il Paese caraibico la grande sfida sarà capire quanto potrà incidere. Alix Didier Fils-Aimé, 53 anni, uomo d'affari formatosi all'Università di Boston e residente negli Stati Uniti, è stato nominato dal Consiglio presidenziale di transizione come capo del governo dopo la rimozione del predecessore Garry Conille, che ha lasciato l’incarico a seguito del precipitare della crisi. Conille a sua volta era stato nominato ad aprile dopo le dimissioni del predecessore Ariel Henry, ed entrambi hanno dovuto fare i conti con la gravissima situazione di insicurezza, legata allo strapotere e alla violenza delle gang che hanno trasformato la capitale Port-au-Prince in un campo di battaglia e fatto precipitare Haiti nell’anarchia. Una crisi profonda Le Nazioni Unite denunciano da tempo le conseguenze umanitarie devastanti del crescente controllo delle gang armate sulla capitale haitiana. Questi gruppi, sostenuti dai proventi del traffico di droga e dai sequestri, combattono tra loro per il dominio del territorio e impiegano la violenza per terrorizzare la popolazione e consolidare la loro influenza. Secondo un rapporto Onu, gli abusi sessuali contro donne e ragazze sono diventati un metodo di intimidazione diffuso, con lo stupro usato sistematicamente come arma di guerra. La caduta del governo Conille è avvenuta a seguito di lunghi scontri con il Consiglio presidenziale istituito ad aprile dal Parlamento per supplire all’assenza di un capo di Stato nel Paese dai tempi dell’omicidio dell’ultimo presidente, Jovenel Moise, nel 2021. E ha aperto uno spaccato sulla fragilità delle istituzioni di un Paese in cui i rapporti tra poteri sono oggi estremamente difficili da determinare: Conille, nei suoi pochi mesi di governo, aveva avuto più volte modo di scontrarsi con l’autorità transitoria che supplisce alla mancanza di un presidente, spesso prendendo iniziative autonome, come i frequenti viaggi negli Stati Uniti compiuti in solitaria, e respingendo ogni tentativo del consiglio di nove membri di pressarlo per compiere dei rimpasti di governo. Nel frattempo, il premier si era aggrappato alla comunità internazionale per rivendicare la sua legittimità, facendo leva sulla presenza delle forze della missione internazionale Onu, principalmente poliziotti kenyoti e giamaicani, per combattere contro l’insicurezza. I risultati di Conille, i dubbi sul futuro Durante il governo Conille si era registrato un calo degli omicidi – ridotti del 45% tra aprile e oggi. Questa diminuzione sembra legata all’intervento di forze di polizia keniane, che, insieme alle autorità haitiane, hanno contribuito a ristabilire parzialmente il controllo su alcune aree, secondo l'analista Diego Da Rin dell'International Crisis Group. Questo è il maggior risultato che il medico ed ex funzionario Onu chiamato a guidare Haiti in primavera ha presentato come simbolo della capacità dell’esecutivo di prendere decisioni, ma alla lunga la frattura politica ha prevalso. E nelle pieghe del contrasto politico tra Conille e il consiglio presidenziale sono emersi i vecchi problemi dell’ex colonia francese. “La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono stati gli sforzi del premier Conille per far rimuovere dall'incarico tre membri del consiglio accusati di corruzione”, ha ricordato il New York Times. Il problema della corruzione, secondo il Guardian, rischia di sprofondare quel briciolo di speranza degli haitiani nelle istituzioni. E l’inesperienza politica del neo-primo ministro, che viene dal business e ha alle spalle solo una candidatura non andata a buon fine al Senato in un’elezione parlamentare, lasciano dubbi sulla sua effettiva capacità di saper replicare le mosse di Conille, già primo ministro in passato. Il fatto non è sfuggito all’attenzione degli Stati Uniti, che pur accettando la decisione del consiglio presidenziale hanno fatto sapere, tramite il Dipartimento di Stato, di aver avvertito Port-au-Prince: “È imperativo promuovere la responsabilità all'interno del consiglio presidenziale per mantenere la credibilità con il popolo haitiano e la comunità internazionale”. Aggiungendo che “le esigenze acute e immediate del popolo haitiano impongono che il governo di transizione dia priorità alla governance rispetto agli interessi personali concorrenti degli attori politici”. Una presa di posizione che dimostra sia la volontà americana di non lasciar scivolare Haiti nel caos sia il timore per un salto nel vuoto dell’ex colonia francese. La cui crisi securitaria bussa alle porte dell’America e appare oggi una delle situazioni più delicate nel contesto del “cortile di casa di Washington”.