Il G20 in Brasile dopo gli attentati falliti: cosa vuole ottenere Lula

Il fallito attentato nella capitale scuote il Brasile che si appresta ad ospitare il G20, il terzo di fila che si terrà in un Paese non occidentale dopo quelli di India e Indonesia. In vista del summit che si terrà il 18 e 19 novembre al Museo delle Arti Moderne a Rio de Janiero l’attentato dinamitardo fallito ad opera di un sostenitore dell’ex presidente Jair Bolsonaro che si è fatto saltare in aria con un ordigno artificiale di fronte al Palazzo del Planalto di Brasilia, sede della presidenza, pone sia un problema di sicurezza che serie riflessioni sugli equilibri politici interni. Alexandre de Moraes, il giudice della Corte Suprema che indaga sul tentativo di golpe dei sostenitori di Bolsonaro compiuto a gennaio 2023, ha denunciato un “incitamento all’odio verso le istituzioni” rappresentate dal presidente Luis Inacio Lula da Silva da parte di una componente della politica brasiliana che ha nell’ultradestra nazionalista il suo referente. E il Brasile si avvia ad ospitare il suo primo G20 casalingo in un contesto in cui problematiche interne e grandi ambizioni globali si sommano, tipico dei Paesi del “Sud Globale” che si affacciano all’attenzione internazionale. Sarà l’ultimo G20 prima del ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump e Lula intende valorizzarlo come punto di partenza per un’agenda che sdogani l’importanza dei grandi problemi globali e metta i Paesi membri del G20 di fronte alla necessità di un impegno comune, che non necessariamente deve coinvolgere, in forma esclusiva, l’Occidente. Un G20 per il Sud Globale Sarà un G20 manifesto per il Sud Globale e le sue problematiche. Come successo in India e Indonesia, non saranno problematiche come la guerra in Ucraina ad avere la centralità nella discussione, ma sfide come la lotta alla fame nel mondo, lo sviluppo sostenibile in ottica ambientale e sociale, il contrasto al cambiamento climatico, la riduzione delle disuguaglianze. Lula ne ha anticipato molti contenuti nel suo discorso all’Assemblea Generale dell’Onu, dove ha invocato la necessità di “plasmare un vero multilateralismo” agendo in maniera coordinata. Un processo che, secondo il presidente, deve avvenire anche aggiornando trattati scritti quando “molte nazioni, soprattutto nel continente africano, erano sotto il dominio coloniale e non avevano voce in capitolo sui loro stessi obiettivi e aspirazioni" e ponendo all’attenzione dei grandi della Terra anche i problemi del Sud Globale. Il capo di Stato, nel vertice di Rio de Janeiro, proporrà al G20 la firma del trattato istitutivo dell’Alleanza globale contro la fame e la povertà, per risolvere una piaga che affligge 730 milioni di persone ritenute in state di indigenza alimentare e 2,3 miliardi che rischiano potenzialmente di esserne colpite secondo i dati Fao. L’Alleanza sarebbe, nell’ottica di Lula, il primo passo per riscrivere la governance internazionale in senso più inclusivo e aperto alle esigenze di Paesi rimasti a lungo senza voce sulle grandi questioni planetarie. Sul tavolo il Brasile proverà a portare anche il tema della riforma dell’Onu, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale che difficilmente troverà grande spazio con i partner occidentali, mentre un super-consulente della presidenza, l’economista francese Gabriel Zucman, ha proposto una tassa del 2% ai 3000 miliardari più ricchi del pianeta per finanziare le politiche di lotta alla povertà e alla fame che dovrebbe dimostrare la buona volontà dei Paesi membri di sconfiggere le disuguaglianze. Consolidare il multilateralismo Il Brasile, in quest’ottica, vuole rafforzare il suo ruolo da punto di riferimento diplomatico e politico mostrandosi capace di dare un indirizzo e una capacità d’azione a istituzioni multilaterali che oggi sono sempre più precarie. Rientrano in questa strategia anche il tentativo di Brasilia di mediare, assieme alla Cina, nella guerra in Ucraina e la difesa dell’Onu dagli attacchi di Israele, fermamente criticati da Lula che si è schierato convintamente al fianco dei palestinesi nel conflitto mediorientale. La volontà del leader del Partito dei Lavoratori è evitare che la spaccatura dell’ordine internazionale emerga in tutta la sua nettezza, sfruttando la possibilità del Brasile di poter dialogare con molti Paesi in maniera franca, forte di buoni rapporti con Ue e Usa e dello status di membro dei Brics, proiettando di fronte al “Sud Globale” l’immagine di una potenza in ascesa che può esserne voce. Obiettivo ambizioso e di complessa realizzazione, ma che mostra al contempo l’emergere di agende che non fanno riferimento solo all’Occidente o alle priorità dei suoi principali avversari, Russia e Cina, ma segnalano la complessità degli scenari in evoluzione in campo internazionale e l’esistenza di centri di potere che non intendono dare per scontata la corsa del mondo a un sistema sempre più competitivo. Il G20 brasiliano è l’undicesima ora del multilateralismo prossimo a incontrare la sfida del Trump 2.0 e della sua agenda ad esso ostile. Lula mira a far sì che diventi un manifesto della capacità della cooperazione internazionale di produrre risultati, smentendo una realtà che spesso spinge in direzione opposta.

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