La crisi demografica colpirà tutta la Ue: ecco quanti saremo nel 2050

C’è una data che possiamo segnare sul calendario: 2040. Non è una ricorrenza da celebrare. Più un promemoria. Si tratta dell’anno in cui, secondo le ultime proiezioni aggiornate da Eurostat, la popolazione della Ue comincerà a diminuire. 2040, 14 anni da oggi. Fino ad allora, dicono i dati, gli abitanti complessivi dei 27 Stati membri dell’Unione continueranno a crescere come hanno fatto in questi anni, anche se sempre più lentamente. Poi, da quel momento, la discesa. Quanto lunga e quanto ripida dipenderà da una serie di fattori e di variabili. Ma che sia discesa, ecco, secondo i demografi è quasi certo. Dunque, meglio abituarsi all’idea. La stessa idea, per altro, con cui da un po’ ci confrontiamo in Italia, dove i residenti sono in calo ininterrottamente dal 2015. Chi sale e chi non scende L’Europa come lo Stivale, dunque? Più o meno. Anche se non subito e non allo stesso modo. Le nuove proiezioni a breve termine, pubblicate la settimana scorsa, vedono infatti la popolazione europea passare dagli attuali 450 milioni a 453 nel 2040, un aumento dunque, per poi scendere di nuovo a 450 nel 2050. Insomma, nei prossimi 25 anni non ci dovrebbero essere grandi cambiamenti negli abitanti totali dell’Ue. Semmai un’inversione di tendenza generale che comunque non toccherà tutti allo stesso modo. In questo periodo, per limitarci ad alcuni dei Paesi più grandi, la popolazione della Germania resterà sostanzialmente stabile, mentre Francia e Spagna continueranno ad aumentare. Quanto all’Italia, la traiettoria rimarrà quella di questi ultimi anni: vale a dire inclinata verso destra. Complessivamente, i residenti diminuiranno in quattordici Paesi membri dell’Unione con le restrizioni più significative in Polonia, Italia, Romania e Grecia. E dopo il 2050? È una curva piuttosto dolce, l’abbiamo visto, quella disegnata dalla linea che descrive l’andamento dei residenti nei 27 Paesi membri tra il 2024 e il 2050. Una salita leggera e lenta dopodiché, dal 2040, una discesa altrettanto leggera e lenta. E poi? Per provare a indovinare il seguito bisogna guardare alle previsioni a lungo termine, quelle con orizzonte 2100. In questo caso abbiamo pure l’imbarazzo della scelta. La forma assunta dalla linea dipende infatti dagli scenari delineati dalle proiezioni, che sono molteplici. C’è una previsione standard e una serie di ipotesi che tengono conto di più fattori: un’immigrazione più o meno intensa, per esempio, o una mortalità e una fertilità più o meno pronunciate. L’andamento può così essere diverso, e di molto, a seconda dei casi anche se nella maggior parte degli scenari pare destinato a dirigersi verso il basso. Nella proiezione di base, standard, i 27 Paesi dell’Unione europea nei prossimi 75 anni perderanno circa 30 milioni di residenti. Potrebbe andare leggermente meglio immaginando un tasso di mortalità un po’ più basso. Ma anche assai peggio se, per caso, la fertilità risultasse inferiore al previsto. In quel frangente la perdita di popolazione rispetto ad oggi si avvicinerebbe ai 95 milioni. Arriveremmo più o meno alla stessa cifra se gli immigrati destinati ad abitare entro i confini europei si rivelassero un numero più esiguo di quanto preventivato. Siamo destinati a restringerci, allora? Probabile. Ma non certo. Parliamo sempre di previsioni. E tra queste ce n’è una, una sola, che sembra evitare il declino demografico. Ad una condizione: aumentare l’immigrazione, permettere ad un numero maggiore di persone extracomunitarie di venire a risiedere qui in Europa. In quello scenario - definito da Eurostat ad “alta immigrazione” - la popolazione Ue non solo non diminuirebbe ma avrebbe una chance di crescere. Di quanto? Fino a 20 milioni in più di oggi, dicono i dati. Certo, si tratta di una sola delle varie alternative. E di quella che - almeno stando ai recenti risultati di alcune elezioni europee dove hanno vinto partiti fieramente contrari all’immigrazione - dovrebbe forse superare le maggiori resistenze politiche.

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