Antigone boccia l'Europa che punta sull'esportazione di detenuti e migranti

Sono migranti in attesa di richiedere asilo o detenuti stranieri che devono liberare spazio nelle carceri nazionali. Tra arrivi e partenze aumenta la tendenza a creare strutture più o meno detentive all’estero. E, oggi, col modello Albania, l’Italia pare voglia fare scuola, chiedendo spazio all’estero per centri migranti o carceri. "Sono gestiti come merci" “Quello dell’Italia - spiega Patrizio Gonella, presidente dell’associazione Antigone, l’associazione che si occupa delle garanzie delle persone private della libertà personale - è solo l'ennesimo esempio di una pessima tendenza. Le persone vengono gestite come merci e spostate da una parte all’altra, senza tenere conto di quel senso di umanità che è contenuto anche nella nostra Costituzione”. In realtà, spiega Gonella, l’idea si aggira per l’Europa da tempo. C’è la Danimarca che affitta un carcere in Kosovo dove far scontare la pena ai cittadini stranieri e poi la Gran Bretagna che vuole mandare i richiedenti asilo in Ruanda. “Noi stiamo lavorando su due fronti: il primo è quello di attivarci insieme alla società civile e alle associazioni non governative e intergovernative perché siano garantite azioni di osservazione, informazione e controllo sulle condizioni del trattamento in queste strutture. Inoltre, attraverso le corti ci appelliamo perché queste iniziative rispettino a pieno le regole del diritto”, ha continuato Gonella. Preoccupano le carceri albanesi Esiste un diritto alle relazioni dei detenuti che, anche se stranieri, sono allontanati da famiglia e affetti, ricorda Antigone, e poi si devono tutelare tutte le garanzia di difesa e alla salute, infine ci sono le regole della giurisdizione e dell’habeas corpus. “Si tratta di provvedimenti bandiera molto costosi, ma su molti aspetti ci saranno reazioni anche del sistema giudiziario che noi attendiamo nelle prossime settimane”. Nelle strutture albanesi, infatti, esiste anche un piccolo carcere che dovrebbe ospitare i detenuti accusati di reati, compresi quelli nuovi contenuti nel decreto sicurezza, come la rivolta carceraria. “Attualmente sappiamo che ci sono guardie penitenziarie, ma nessun detenuto”, spiega Gonella. E proprio Antigone ha già alzato il livello di attenzione quando le prime celle saranno occupate. Le torture nelle prigioni d'Egitto, considerato Paese sicuro “Ma ci sono considerazioni di carattere generale. La prima riguarda la decisione dell’Italia di arrogarsi il diritto di definire la lista dei Paesi sicuri. Perché non hanno chiesto ai familiari di Giulio Regeni e agli altri casi sollevati da Amnesty International prima di inserire l’Egitto nella lista? Mi sembra una scelta più di visione economicista che di diritto internazionale. Ci sono esempi di detenuti sistematicamente torturati nelle carceri egiziane, basta andare a leggere i rapporti delle Nazioni Unite o i rapporti di Amnesty International Human Rights Watch. E poi ci sono gli aspetti legati alla singola persona migrante. Ci si accoda spesso all’indignazione per la carenza di diritti fondamentali garantiti nei Paesi a maggioranza musulmana e poi si considera sicuro il rimpatrio di una persona che è fuggita dal suo luogo d’origine perché omosessuale? Io spero nel giudizio dei giudici ai quali saranno poste queste questioni”. Perché Gonella chiude con un passaggio sulla divisione dei poteri e la garanzia del contrappeso dell’ambito giudiziario sul mondo politico. “Un momento difficile per ricordarlo quando decine di parlamentari assediano un tribunale anche con fare intimidatorio. Forse si dovrebbe tornare all'Esprit des lois, Lo spirito delle leggi di Montesquieu”, ha poi concluso.

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