Zelensky al Parlamento europeo dopo mille giorni di guerra, tra allarmi e timori

Un discorso fortemente emotivo, un grido d’allarme e speranza e un messaggio agli alleati di oggi e, questa la speranza, a quelli di domani: Volodymyr Zelensky parla a Bruxelles al Parlamento Europeo mentre per la guerra in Ucraina scatta il millesimo giorno e Kiev guarda al futuro con timore per l’avanzata russa che procede ma rinfrancata dal via libera degli Usa agli attacchi coi missili Atacms sul territorio del Paese invasore, che punta a sfruttare per contrastare l’avanzata nemica. "Ogni notte buia, anche se ce ne sono mille, finisce sempre con l'alba", ha detto Zelensky. Aggiungendo che "nelle trincee ghiacciate della regione di Donetsk e nelle steppe in fiamme della regione di Kherson, sotto i bombardamenti, la grandine e il fuoco delle mitragliatrici, stiamo lottando per la nostra vita". Nel Donbass sotto attacco russo Mosca avanza verso il triangolo Pokrovsk-Kramatorsk-Sloviansk, ultimi capisaldi decisivi sotto controllo ucraino, mentre nella sacca di Kursk occupata ad agosto dagli ucraini è in corso la controffensiva sostenuta dalle truppe nordcoreane. Il cui schieramento, per Zelensky, è un segno della volontà della Russia di “inasprire il conflitto”. L’Ucraina intende rispondere sul campo all’aggressività di Mosca e proprio oggi è stato segnalato un attacco di Kiev a un deposito d’armi in territorio russo a Bryansk, a 100 km dal confine con il Paese guidato da Zelensky. Kiev spera nei missili tedeschi La gittata del raid lascia pensare che potrebbero essere stati impegnati i vettori occidentali, anche se la Bbc ricorda che “Kiev usa spesso droni nazionali per colpire obiettivi all'interno della Russia e non ci sono prove immediate che siano stati utilizzati missili statunitensi”. L’Ucraina intende mostrare con tenacia la sua volontà di resistere in vista del ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti e della sua possibile spinta a una conclusione del conflitto. E Zelensky ha incassato, a Bruxelles, il sostegno dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza comune, l’uscente Josep Borrell, che ha chiesto alla Commissione von der Leyen e agli Stati membri dell’Unione Europea di seguire gli Usa e il loro esempio aprendo ai raid sul suolo russo e rafforzando le consegne d’armi. L’Ucraina spera nel via libera agli attacchi oltre confine con i missili Scalp francesi e gli Storm Shadow britannici, mentre vede di cattivo occhio il rifiuto del cancelliere tedesco Olaf Scholz di consegnare i missili Taurus, che hanno una gittata di 500 km, superiore di circa 200 a quella dei vettori forniti da Parigi, Londra e Washington. Con le armi garantite da Berlino l’Ucraina avrebbe la capacità di colpire, se sdoganata, basi aeree, centri logistici, depositi di munizioni e unità militari di Mosca ben al di là del fronte, ma fino ad ora il nein del cancelliere è stato categorico. E il fatto che la Spd di Scholz si avvii verso le elezioni federali anticipate di febbraio sulla scia di diverse sconfitte nei Lander orientali, dove vola l’ultradestra di Afd e più forte è l’ostilità al prosieguo del sostegno militare all’Ucraina, non aiuta certamente Kiev a ben sperare. Un inverno caldo per l’Ucraina "Mentre alcuni leader europei pensano a qualche elezione a spese dell'Ucraina, Vladimir Putin è concentrato sulla vittoria di questa guerra”, ha affermato causticamente Zelensky a Bruxelles criticando le cautele di Scholz, che dopo il recente colloquio con il leader russo era stato accusato dal capo di Stato di Kiev di aver “aperto il vaso di Pandora”. Il timore maggiore di Kiev è che, a fronte di molte parole d’elogio per la resistenza dell’Ucraina e di promesse d’aiuto, lo scenario possa peggiorare e che via libera come quelli agli attacchi in Russia con i missili occidentali siano il punto d’arrivo del sostegno dei partner, non la premessa per un’ulteriore espansione. In quest’ottica, appare ben calcolata a far desistere gli europei dal seguire Washington la mossa politica di Putin di scegliere il giorno successivo al via libera agli attacchi in Russia per annunciare la revisione della dottrina nucleare di Mosca, che espande ai Paesi che sostengono attivamente raid balistici sullo Stato euroasiatico, anche con missili convenzionali, gli obiettivi per una ritorsione atomica. Una nuova “linea rossa”, l’ennesima, che metterà alla prova il futuro del sostegno a Kiev. Zelensky, mille giorni dopo l’invasione, si trova nella condizione di navigare a vista e di essere non pienamente padrone del proprio destino, dipendente dal sostegno degli occidentali e dalle loro volontà politiche, che potrebbero, specie dopo l’insediamento di Trump il prossimo 20 gennaio, mutare drasticamente. Un dato di fatto che renderà caldo e problematico il terzo inverno di guerra dell’Ucraina.