Biden e Xi, il rapporto bilaterale che ha evitato alla competizione di diventare conflitto

Una rivalità politica accesa che si è provato a governare tra realismo e stabilità: è questa l’eredità del rapporto politico e umano tra Joe Biden e Xi Jinping, giunti al loro ultimo bilaterale ufficiale al recente summit della Cooperazione economica Asia-Pacifico di Lima. Nel quadro dell’aumento della competizione tra Washington e Pechino, che anche nel mandato presidenziale di Biden si è manifestata e su molti fronti inasprita, il leader cinese e il presidente statunitense uscente hanno provato a tenere aperta una linea di comunicazione. Un meeting virtuale nel 2021 e tre incontri, uno all’anno, dal 2022 al 2024 sono stati funzionali a periodici rodaggi dei rapporti bilaterali e a far sì che la consolidata relazione tra Biden e Xi, che data ai tempi in cui erano i vice di Barack Obama e Hu Jintao, ampliasse un dialogo spesso aspro e ricco di fraintesi tra le due maggiori potenze planetarie. Dopo l’incontro di Bali, a margine del G20, del 2022 e quello di San Francisco, proprio a lato del vertice Apec dello scorso anno, il vertice peruviano è servito a dare una dimostrazione di apertura diplomatica alla vigilia del secondo insediamento di Donald Trump, che appare propenso a fare della rinnovata competizione con Pechino un perno della sua politica estera. La calda rivalità sino-americana Negli ultimi anni, da un lato, Washington ha alzato le barriere commerciali contro prodotti come le auto elettriche cinesi; ha denunciato la profonda penetrazione economica di Pechino in Occidente; ha più volte criticato le violazioni dei diritti umani a Hong Kong e nello Xinjiang; ha consolidato i rapporti con le potenze dell’area indo-pacifica per contenere militarmente la Cina; ha promosso un blocco alle esportazioni di semiconduttori e tecnologie occidentali critiche per la loro realizzazione verso la Cina. Al contempo, il governo di Xi ha aumentato la pressione su Taiwan, simulato più volte il blocco navale e aeronautico della “Provincia Ribelle”, rafforzato la partnership con la Russia dopo la sua invasione dell’Ucraina e promosso un’agenda di sfida all’egemonia del dollaro tramite il gruppo dei Brics. Competizione, non conflitto Biden e Xi hanno consapevolmente e scientemente guidato e alimentato il rafforzamento del reciproco contenimento e spinto su politiche che hanno spesso messo Cina e Usa in rotta di collisione. Ma in nome di un principio di realismo, il dialogo non è mai venuto meno. E a Lima Biden ha ribadito l’importanza del confronto con Xi, sottolineando l’importanza di summit vis a vis che “prevengono errori di calcolo e garantiscono che la competizione tra i nostri due Paesi non sfoci in un conflitto”. Un monito, questo, condiviso da Xi Jinping, che agli Usa ha detto: “continuate a esplorare il modo giusto affinché due grandi Paesi possano andare d'accordo tra loro". Parole che sembrano rivolte al presidente eletto Donald Trump e al suo team che, dal segretario di Stato Marco Rubio al consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz passando per il neo-capo della Cia John Ratcliffe, ha scelto molti ‘falchi’ anticinesi per il suo team di governo. Appaiono lontani i tempi in cui, come nel 2013, Xi da poco presidente della Repubblica Popolare accoglieva Biden chiamandolo “mio vecchio amico”. Ma indubbiamente Xi e Biden hanno provato a fare un sostanziale esercizio di pragmatismo e realismo volto a non fare della rivalità Usa-Cina l’abilitatore di una crisi delle relazioni internazionali. Il confronto continuo La competizione tra i due Paesi non ha creato una spaccatura paragonabile a quella di una “nuova Guerra Fredda” e il dialogo, franco e diretto, tra Biden e Xi ha avuto negli anni il risultato di abilitare un confronto tra apparati strategici che nella fase finale dell’era Obama si era raffreddato per poi venire di fatto meno con il primo Trump. La visita estiva del direttore del National Security Advisor di Biden, Jake Sullivan, a Pechino e il suo dialogo con Xi è stata in quest’ottica la più significativa di una serie di occasioni di confronto che hanno riguardato anche la diplomazia e i militari. Significativi, in tal senso, il confronto tra il capo degli Stati maggiori congiunti Usa, generale Charles Brown, e il capo di Stato maggiore cinese, generale Liu Zhenli dell’agosto 2023 e la visita del Segretario di Stato Anthony Blinken oltre Pacifico dello scorso aprile. Come ai tempi di Richard Nixon e Leonid Breznev, artefici della distensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica, solo un confronto franco e continuo sulle questioni che dividono le potenze-guida dell’ordine globale può prevenire da conflittualità più diffuse. Si può essere rivali, anche in forma molto aspra, senza necessariamente vedersi come nemici: Biden e Xi hanno provato a lasciare su questo asse i rapporti sino-americani. A Trump, che subentrerà alla Casa Bianca a gennaio, il compito di continuare su questa linea e di mediare tra la competizione con Pechino e la necessità di perseguire un seppur minimo gradiente di stabilità in un contesto che vede le due potenze su parti opposte della barricata in praticamente ogni scenario di potenziale conflitto.

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