L’ultimo G20 di Biden, “anatra zoppa” che saluta i grandi della Terra

Joe Biden arriva a Rio de Janeiro da “anatra zoppa” per il suo ultimo G20 mentre gli Stati Uniti si preparano all’insediamento di Donald Trump, che guiderà la sua seconda amministrazione sostenuto da una Camera e da un Senato a maggioranza repubblicana. Condizioni politiche che lasciano prefigurare cambiamenti nelle dinamiche interne e nell’approccio globale in campo geopolitico ed economico di Washington e che dunque rendono molto ridotti gli spazi di manovra del presidente uscente. Sarà, per molti versi, un viaggio di saluto a leader, alleati e avversari, con cui Biden ha percorso un tratto non indifferente di strada e l’occasione, per molti, di un bilancio dei rapporti con la superpotenza a stelle e strisce per rendersi conto delle sfide aperte alla vigilia del Trump 2.0. La Cina si prepara al Trump 2.0 Questo è il caso della Cina e del presidente Xi Jinping, che solo un anno fa in California incontrava Biden ai margini dell’incontro dell’organizzazione per la Cooperazione economica Asia-Pacifico provando a trovare una via di dialogo nelle rivalità geopolitiche, tecnologiche e commerciali che dividono Pechino e Washington. Non a caso Xi avrà un primo incontro con Biden a margine del nuovo vertice Apec, in Perù, prima del comune viaggio brasiliano per il G20. Sul tavolo il consolidamento diplomatico del confronto Usa-Cina, che è comune obiettivo di Biden e Xi non far tramontare alla vigilia di un Trump 2.0 che sta nascendo con una chiara impronta di sfida alla Repubblica Popolare, come dimostrato dalle nomine per il Dipartimento di Stato , la Cia e il Consiglio della Sicurezza Nazionale che hanno premiato falchi anticinesi. Lula si aspetta da Biden una dimostrazione finale A guardare con attenzione all’uscente Biden sarà anche il presidente brasiliano Lula, che con il collega americano si è confrontato, a distanza, all’Assemblea Generale dell’Onu: nei rispettivi discorsi Biden e Lula hanno letto con attenzione i problemi del pianeta e individuato la risposta alla competitività geopolitica, al tema dei cambiamenti climatici, alle disuguaglianze tra varie parti del mondo e alle numerose guerre aperte nel rafforzamento del multilateralismo. Differendo, però, nella maniera con cui far emergere il multilateralismo stesso. Il G20 di Rio de Janeiro offrirà a Biden l’occasione di poter dare un ultimo segno della sua volontà qualora gli Usa firmassero il trattato istitutivo dell’Alleanza globale contro la povertà e la fame che Lula proporrà ai grandi della Terra e al leader brasiliano un’occasione di confronto finale con un’America “multilaterale” prima dell’incognita Trump. Il nodo Ucraina Un dossier su cui Biden proverà, con l’occasione del G20, a lasciare il segno è quello dell’Ucraina. La guerra scatenata dall’invasione russa del Paese limitrofo non è stata una priorità assoluta nell’agenda ufficiale degli ultimi G20 di Indonesia e India, Paesi del “Sud Globale” che si sono attenuti all’idea originaria del forum come punto d’incontro dedicato a temi economici e di cooperazione allo sviluppo. Lo stesso sarà per il vertice brasiliano, in cui però Biden avrà un’ultima occasione collettiva di confronto con i colleghi europei sul tema del futuro sostegno a Kiev, in vista del cambio della guardia alla Casa Bianca che si ritiene possa portare a un raffreddamento e alla ricerca da parte di Trump di una via di uscita dalla guerra, ad oggi non certamente favorevole a Kiev. Il Consigliere uscente per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha anticipato prima del vertice di Rio che Washington e i membri europei del G20 discuteranno a margine del summit di nuove forniture di armamenti e munizioni e di come garantire all'Ucrana nella migliore posizione possibile sul campo di battaglia. Cosa possa ottenere Biden su questo fronte è incerto, anche perché l’Europa difficilmente sul lungo periodo potrebbe supplire al preponderante peso dell’assistenza militare americana. Veder autorizzati nuovi piani di spesa prima del cambio di amministrazione appare un’ipotesi remota, perché la Camera dei Rappresentanti uscente è a maggioranza repubblicana e difficilmente agirà in maniera potenzialmente sgradita al presidente eletto. Biden potrebbe ritrovarsi a dover, in sostanza, motivare gli europei a proseguire l’assistenza a Kiev senza sé e senza ma pur prevedendo un disimpegno del suo successore. Un segno della fragilità di un comandante in capo “dimezzato” che volerà a Rio de Janeiro sormontato dall’ombra ingombrante di Trump, vero convitato di pietra di un G20 in cui chiunque dialogherà con il presidente uscente, convinto multilateralista, lo farà avendo bene in mente quanto il mondo che rappresenta possa mutare drasticamente nei prossimi quattro anni.

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