Brics, le alternative del Global Rest al dollaro e all'Occidente

Il Summit dei Brics di Kazan mostra che in un quadro di relazioni internazionali sempre più competitive l’Occidente non può sottovalutare quel che si muove sul terreno dei Paesi del “Global Rest”. La visita nella città russa di molti leader delle potenze non occidentali riunite nel forum dei Brics, dai presidenti di Cina e Turchia, Xi Jinping e Recep Tayyip Erdogan, al primo ministro indiano Narendra Modi, e del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres è stata presentata da molti commentatori anglosassoni soprattutto come la dimostrazione di forza di un Vladimir Putin ansioso di mostrare che Mosca non è isolata nel sistema internazionale. Questo elemento è sicuramente presente nel calcolo politico della Russia, che può rivendicare un risultato positivo su questo fronte, ma non rappresenta il punto focale del sedicesimo summit dei Brics. Il forum, che ha visto la partecipazione dei Paesi a cui il gruppo costituito inizialmente da Brasile, Russia, India Cina e Sudafrica si è esteso nel 2023 o che potranno unirsi in futuro, raduna oggi Stati che rappresentano il 45% della popolazione e oltre un terzo del Pil mondiale. E nel quadro dei lavori del forum dei Brics, o ai margini di esso, sono state promosse importanti discussioni con cui i Paesi membri hanno voluto sanare posizioni divergenti o trovare un terreno comune di dialogo. Un vertice che parla al Sud globale La narrazione proposta è quella del “multilateralismo giusto”, da proporre nei fatti ai Paesi del “Sud Globale” come strumento efficace di cooperazione. E mai quanto in passato il summit ha visto i Paesi membri del gruppo concentrarsi più su quello che può unirli che sui fattori di divisione. In quest’ottica, va sicuramente considerato prioritario il peso riservato alle richieste di una revisione del sistema finanziario internazionale che vede le economie non occidentali sottorappresentate in organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale e, soprattutto, preoccupate dall’egemonia valutaria e geopolitica del dollaro. “I paesi del Global South criticano queste istituzioni perché le loro politiche economiche - spesso accompagnate da condizioni rigide come l’austerità - appaiono più favorevoli agli interessi dei paesi ricchi, aggravando le disuguaglianze e limitando lo sviluppo delle economie emergenti”, ha scritto Ispi. I Brics ritengono che il binomio tra istituzioni a guida occidentale e predominio del dollaro vada scalfito, e hanno lanciato il sistema di pagamento BRICS Pay come piattaforma di scambio per transazioni finanziarie che, si auspicano i membri del forum, dovranno dipendere il meno possibile dal biglietto verde. A tal proposito la presenza nel gruppo di Paesi che sono grandi importatori di materie prime energetiche e al contempo di importanti esportatori di gas e petrolio potrà fare dei mercati energetici un banco di prova di questa spinta alla de-dollarizzazione. Guai a sottovalutare i Brics Non di sola economia, però, è vissuto il vertice. Nella “Dichiarazione di Kazan” riassuntiva del summit si è poi proposta la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite già proposta dal presidente brasiliano Lula all’Assemblea Generale dell’Onu di New York e si è sostenuta l’adesione dello Stato di Palestina all’Onu. Soprattutto, l’incontro di Kazan è stata l’occasione per confronti tra leader di Paesi che, pur facendo parte del gruppo, hanno questioni aperte di portata non secondaria. Si è evitata, innanzitutto, la possibile impasse che la rivalità tra i neo-membri Egitto ed Etiopia sul controllo del Nilo, secondo diversi osservatori, avrebbe potuto imporre alla proiezione dei Brics all’Africa. Inoltre, Modi e Xi hanno trovato un accordo per risolvere l’annosa questione del confine sino-indiano conteso nella regione himalayana dell’Arunacal Pradesh, un importante messaggio distensivo tra i due importanti Paesi asiatici che condividono sia numerose aree di conflittualità geopolitica che interessi comuni alla stabilità del continente e degli oceani prospicienti. Il vertice dei Brics, in definitiva, fa della fluidità e dell’assenza di una rigida formalizzazione dell’organizzazione i suoi punti di forza. Il gruppo non è un’alleanza né un’organizzazione internazionale eccessivamente onerosa in termini di impegni delle potenze che ne fanno parte e questo lo trasforma in una piattaforma diplomatica che corre parallela all’Occidente ma non fa più della sua “alterità” la cifra distintiva, puntando piuttosto a obiettivi concreti. Questo sviluppo mostra che nel contesto di una globalizzazione sempre più competitiva l’ordine internazionale è plasmato anche da voci estranee al blocco transatlantico. E che derubricare il tutto a una mossa di propaganda di Putin rischia di sottovalutare i grandi mutamenti in atto sullo scenario globale.

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