Viaggio nel più grande mercato di Fentanyl a cielo aperto. Il reportage da Philadelphia

È cinquanta volte più potente dell’eroina, cento volte più forte della morfina. Lo scorso anno ha ucciso almeno 75mila americani. Qui è la prima causa di morte tra le persone sotto i 45 anni. Da una decina d’anni a questa parte una nuova droga sintetica sta infestando gli Stati Uniti. Creato in laboratorio per essere utilizzato sotto controllo medico come anestetico nel trattamento di dolori postoperatori ed oncologici, il Fentanyl è economico da produrre e facile da trasportare, sotto forma di polvere, spray, gocce o - più comunemente - pillole. Lo scorso anno ne sono state sequestrate 115 milioni di compresse: insomma è ovunque, dai piccoli centri di provincia fino alle grandi città. Come a Philadelphia, la culla degli Stati Uniti. Un tempo elegante metropoli, oggi stordita dalla droga. Zombie tra le strade di Philadelphia Ad un miglio da dove venne firmata la Dichiarazione d’Indipendenza, c’è il più grande mercato dello spaccio a cielo aperto d’America. La stazione ferroviaria di Allegheny, sopraelevata tra Allegheny e Kensington Avenue, è il fondo del girone infernale del quartiere. Una griglia di viuzze strette e casupole degradate abitate prevalentemente da immigrati centroamericani. Edifici malridotti, negozietti sgangherati, una scuola, una chiesa, ovunque gente che barcolla. È qui che si viene a comprare e consumare il Fentanyl. “È spaventoso – mi dice Dianne Hoffmann, Direttore della Mother of Mercy House nel centro di Kensington - Ma non è come pensate: non sono le persone che vivono qui a ciondolare agli incroci: sono quelli dei sobborghi che vengono perché è risaputo che qui c’è la droga”. Le telecamere non sono benvenute, non puoi neanche azzardarti a usare il telefonino: gli spacciatori sono ovunque, tre o quattro ad ogni incrocio, a decine, sono armati e non gradiscono affatto essere ripresi. Paradossalmente, grazie a loro il quartiere è piuttosto sicuro: non vogliono che la polizia arrivi in massa. Ci facciamo accompagnare da Dianne, che da anni dirige questo centro di assistenza e che gli spacciatori rispettano come una lady di ferro. È una signora minuta, sulla sessantina, molto elegante nei modi e nei lineamenti, e molto decisa, che è riuscita a creare un rapporto con questi piccoli mercanti di droga: “Se tu mi facessi del male -mi dice con un ghigno- loro ti ucciderebbero”. Sorrido. “Non sto scherzando”. Lei li conosce uno per uno, sa che non può fermarli: vuole solo prestare aiuto immediato ai disperati che da loro comprano ogni tipo di sostanza. Anche Dianne, molto tempo fa, abusava di sostanze. E racconta che molto spesso si inizia con quello che c’è in casa. “Avevamo sempre delle pillole nell’armadietto del bagno -ricorda - Quindi erano facili da prendere. E quando ne prendi una, poi hai bisogno di due, e poi di dieci… finchè arriva qualcuno che ti fa “Sai, c’è questa nuova: invece di dieci di quelle, prendi una di queste”. Così invece di andare in giro con un pacchetto di pillole, devi portarne solo una”. "Basta una pasticca ed è molto economica" Ci spiega che “una pasticca di Fentanyl fa quello che facevano dieci Percocet. E se sei a scuola, devi nasconderne solo una... Oppure possono darti questo Tranq, che fa molto male, ma promette la sensazione più bella del mondo… e ne basta una, non venti. È anche molto economica, perché è sintetica, fatta in laboratorio”. “Quello che sta succedendo adesso con queste nuove droghe come il Tranq - dice Dianne - è che aprono lacerazioni dall’interno, quindi vediamo molte amputazioni, è per questo che ci sono più sedie a rotelle, e più infezioni fino alle ossa, che significa morte certa”. Alla Mother of Mercy siamo arrivati il giorno in cui aprono il cortile a quelli che ciondolano fuori come zombie, perché vengano a mangiare qualcosa, ma soprattutto perché possano condividere qualcosa, fare due chiacchiere con qualcuno. Dianne mi indica due donne tra i cinquanta e i sessanta , sedute l’una davanti all’altra: “Vengono sempre, dicono che per loro è come un girls date”. Il vero dramma di queste persone, infatti, non è la droga. Ma la solitudine. Iniziative come queste servono a restituire un minimo di socialità e calore umano a chi non l’ha più da molto tempo. Il problema è la solitudine Per loro Mother of Mercy è una famiglia. I volontari li vanno letteralmente a cercare per strada. Sono quasi tutti completamente storditi da chissà cosa, pochissimi sono in grado di parlare e articolare una frase sensata. Su un marciapiede incontro Maria, una piccola donna di El Salvador raggomitolata in una felpa blu con cappuccio. “Cosa hai alle gambe?” chiedo notando chiazze che le ricoprono gli arti, e dietro una coscia una orribile ferita aperta da cui si vedono muscoli e ossa, come fosse stata appena sbranata. “Mi sono fatta roba brutta - biascica con voce flebile- ora devo farmi medicare…”. Quelle sono le tipiche lacerazioni provocate dal Tranq, mix di Fentanyl o cocaina e anestetico veterinario. A quel che capisco dice di aver cominciato vent’anni fa, dopo essere arrivata negli Stati Uniti. Mi chiede che giorno è oggi, e bisbiglia che dopodomani è il suo compleanno. Cinquanta. A Kensington la polizia interviene solo quando saltano fuori un coltello o una pistola. Dianne dice che le forze dell’ordine accettano che questo sia un mercato a cielo aperto, i pochi agenti che vediamo camminano tranquillamente accanto ai drogati quando si bucano. Racconta ridendo che l’altro giorno aveva parcheggiato fuori, invece che nel cortile, e quando è tornata a prendere l’auto ha trovato una multa. “C’era uno con un ago nel collo, un altro che vendeva pillole… e a me hanno fatto una multa”. Spaccio dal Messico Steve Frazzato è un ex agente dell’Antidroga che per quasi trent’anni ha lavorato sotto copertura. Mi spiega che l’eroina e il Fentanyl che ci sono qui adesso vengono dal Messico. Dice che la polizia è stata capace di arrivare fino ai cartelli della droga e ottenere anche qualche risultato, “ma non possiamo arrestare tutti quelli che si fanno - spiega allargando le braccia - non possiamo arrestare nemmeno tutti i piccoli spacciatori agli angoli delle strade: dove li mettiamo? Non c’è abbastanza spazio”. A Baltimora, in Maryland, l’associazione “Lost Voices of Fentanyl” dà voce a chi non ce l’ha più: come i figli di April, Timmy e Debbie, tutti uccisi da una droga che non sapevano neanche di consumare. Le incontro nel salotto di April, in una modesta casetta con giardino in una periferia degradata. Sul prato, sul portico, ha appeso decine e decine di foto di giovani uccisi dal Fentanyl, come una sorta di memoriale. E un manifesto elettorale di Donald Trump. "Mio figlio Chris aveva una dipendenza da eroina - racconta Debbie- una signora di settant’anni curva su sé stessa, piegata dal dolore - Quando è morto, non c’era eroina nel suo sangue. C’era Fentanyl". Chris aveva 31 anni. Austen, il figlio di April, ne aveva 24. “Era un consumatore di droghe a scopo ricreativo, prendeva cocaina. Se il Fentanyl illegale non fosse entrato nel mercato della droga - dice arrabbiata - mio figlio sarebbe vivo: assumere un po' di cocaina non uccide le persone. Quello che le uccide è il Fentanyl illegale mischiato ad altre droghe”. Chiedo a Timmy cosa è successo invece a Devin, suo figlio, che aveva cominciato a prendere ogni tipo di antidolorifico dopo la morte del padre. “Un giorno gli dissi: in strada si stanno iniettando una droga chiamata Fentanyl. Lui mi guarda e mi fa: mamma, quella roba è per gente che non sa cosa sta facendo”. “Io non avevo idea” ammette. E ricorda: “Quel giorno ho pensato si fosse solo sballato di Soma, perché mi aveva detto che avevo preso solo quelle pillole analgesiche. La mattina dopo l’ho trovato morto. A 21 anni”. Gli antidoti “Non esiste una dose sicura di Fentanyl, quindi è avvelenamento - sostiene ancora April - Overdose significa che c’è una dose sicura da poter prendere, e se ne prendi troppa diventa pericolosa: io mi sono fatta robaccia per vent’anni, e sono viva. Il corpo di Austen era ancora in casa e già sapevo che quella non era un’overdose: sapevo che era Fentanyl il giorno in cui è morto. Chi spaccia Fentanyl dovrebbe avere la pena di morte”. Se ancora non c’è antidoto al traffico di queste sostanze, c’è però contro l’avvelenamento da Fentanyl. Lo scorso anno, per la prima volta dal 2018, le morti per overdose sono diminuite. Ma il calo non significa minore consumo: riflette solo una maggiore diffusione di farmaci antioverdose come lo spray nasale Narcan, che si trova in distributori automatici, e che dicono funzioni istantaneamente per rianimare chi è già incosciente. Una questione elettorale Il governo americano considera il Fentanyl alla stregua di una epidemia. Ma per Tony Luke Jr “La dipendenza non è niente di più del risultato di problemi mentali e traumi”. Sa di cosa parla, questo omone che sembra uscito dal telefilm Sopranos . Anche Tony ha perso un figlio per la dipendenza da oppiacei. Da allora si dedica a diffondere consapevolezza sulle cause profonde che portano alle droghe. “Non era un drogato: cercava di curarsi da solo - dice di Tony III, morto poco più che trentenne - È questo che la gente non capisce dei tossicodipendenti: stanno solo cercando di curarsi un dolore”. “Quando morì - racconta con la voce ancora incrinata dopo molti anni - la luce per me si spense e finalmente capii. Perché anche io volevo solo che il dolore scomparisse. Prima quando vedevo qualcuno combattere con una dipendenza, dicevo “questo non sta bene, guarda che sta combinando...”. Adesso li vedo e so che lo fanno per cercare di lenire un dolore. Non giustifico le loro azioni, ma le capisco, le comprendo: quanto dev’essere profondo un dolore se perfino la droga è preferibile ad affrontare un trauma o un problema mentale?”. Salute pubblica, sicurezza dei confini e sicurezza delle città: la crisi del Fentanyl racchiude alcuni dei problemi più pressanti che investono oggi gli Stati Uniti. Alle prossime elezioni, gli americani voteranno anche su questo.