Il farmaco più francese di tutti venduto agli Usa: scoppia il caso politico

È una delle cose preferite dai francesi: il Doliprane, di lunga il farmaco più venduto nel Paese. Compresse di paracetamolo utili a combattere dolori e febbre, vendute in riconoscibili scatoline gialle senza ricetta e per pochi euro. Una sorta di panacea contro tutti i mali made in France da Sanofi, che però… la sta vendendo agli Stati Uniti. La notizia ha aperto una voragine politica: il gigante farmaceutico francese Sanofi vuole vendere il 50% della propria filiale Opella, che produce oltre cento farmaci tra cui l’amato Doliprane, al fondo di investimenti statunitense CD&R. Un partner privilegiato dopo una lunga e attenta selezione - offerte erano arrivate dagli Emirati, Singapore e Canada - perché gli USA rappresentano il 25% del mercato di Opella. Ma che ha un solo difetto, agli occhi di Parigi: non è francese. La pillola non va giù Gli interessi in gioco, economici e politici, non sono trascurabili. Ci sono timori per l’impiego dei 1700 dipendenti francesi e il futuro dei due siti di produzione a Compiègne e Lisieux . Su questo fronte gli scioperi dei sindacati sono già iniziati, mentre i ministri dell’Industria e dell’Economia si sono già mobilitati per chiedere garanzie a Sanofi, facendo leva sulle agevolazioni fiscali di cui l’azienda gode per ricerca e produzione per policy del Governo. La sovranità farmaceutica Ma soprattutto, è questione di “sovranità industriale” e di “sovranità farmaceutica”, un tema spinto dal Presidente Emmanuel Macron fin dai tempi della pandemia e tornata di attualità in occasione della penuria di paracetamolo che ha riguardato un po’ tutta Europa nel 2022-2023. Questa novità del Doliprane però va in senso contrario: il messaggio che passa, anche se Sanofi è un’azienda privata, è che Macron non riesca a proteggere il Made in France di qualità di fronte alle tentazioni globali. Farma-guerra Ovviamente gli avversari politici mordono dove il ventre è molle e le critiche a Macron sono feroci, dalla destra del Rassemblement National alla sinistra più radicale. Tutti deplorano un’ulteriore minaccia per la sovranità francese, richiamando l’esperienza traumatica della vendita delle turbine Alstom per le centrali nucleari a General Electric nel 2015, all’epoca favorita dal Governo francese . Il sito di produzione delle turbine è stato poi ricomprato a prezzo fortemente rincarato nel 2022. L’esigenza di tagliare La sinistra si spinge fino a chiedere un maggiore intervento pubblico nel settore farmaceutico, ma il periodo storico non aiuta: la sola nazionalizzazione della filiale di Sanofi che produce il Doliprane costerebbe 15 miliardi di euro. Soldi pubblici che non ci sono, soprattutto ora che il Governo ha dovuto presentare la legge di bilancio più severa della storia francese, con un piano di 60 miliardi da recuperare tra tagli alle spese pubbliche e aumento di tasse. Se quindi comprare non è nell’agenda delle possibilità, i sostenitori dell’indipendenza strategica francese puntano il dito verso un controllo più esigente delle sovvenzioni pubbliche ai gruppi privati e una sovranità che non sia solo produttiva ma di filiera di approvvigionamento. Un modo dovrà pur esserci, si sente sussurrare intorno ai ministeri, per proteggere il patrimonio francese dalle grinfie degli investimenti stranieri, pur mantenendo una competitività globale e una dinamicità economica. Macron diceva di aver indicato la buona strada, ma il caso Sanofi potrebbe aver evidenziato la distanza tra parole e azione.