Perché Han Kang ha vinto il premio Nobel per la letteratura

Il suo “La vegetariana” è stato un caso editoriale fuori dai confini sudcoreani, ma in differita. Quasi dieci anni dopo la pubblicazione in patria, una casa editrice britannica, Portobello Books, lo tradusse in inglese portandolo all’attenzione internazionale. L’anno seguente, nel 2016, si aggiudicò l’International Booker Prize, il più prestigioso dei premi per i libri tradotti nel Regno Unito. Il pubblico occidentale ha letto nella storia della protagonista del romanzo, che sceglie il vegetarianesimo come forma di resistenza alla violenza familiare, una critica feroce alla società patriarcale, un manifesto del femminismo contemporaneo con tutta la sua portata ambientalista e quindi intersezionale. Del resto, la vegetariana non è l'unica figura femminile ribelle nata dalla sua penna. Anche al centro de "L’Ora di Greco" si ritrova un’altra eroina silenziosa che a seguito di un’esistenza tragica cerca un nuovo modo di comunicare per uscire dal mutismo in cui è trincerata. Han Kang ha sempre ribadito la propria aspirazione, al di là di ogni interpretazione possibile della sua opera, a cogliere l’universale, a fotografare gli esseri umani, a catturare la vita e la morte. Un’aspirazione che ha saputo tradurre in letteratura: la sua prosa poetica - si legge nelle motivazioni del Nobel - espone le fragilità della vita umana”. Il riconoscimento le è stato assegnato anche per la sua capacità di mettere in luce i traumi storici che rappresentano l’altro elemento portante. In "Atti umani" ha raccontato la violenza del regime del presidente dittatore Chun Do-hwan, una pagina drammatica della storia della Corea del Sud, una menzione speciale la merita il Massacro di Gwangju del 1980, ribattezzata la Tienanmen coreana. Han Kang si trasferì a Seoul pochi mesi prima del colpo di Stato che cancellò il moto democratico delle elezioni del 1979. Han Kang ha saputo parlare a un pubblico globale partendo da personaggi, luoghi, scenari profondamente sudcoreani. Per accorgersene basta leggere le prime pagine del già citato bestseller "La vegetariana" quando il narratore, un marito esterrefatto, elenca la lista degli alimenti che la moglie getta in un sacco della spazzatura: due stinchi di bue nero, pancia di maiale, anguilla affettata e ombrine essiccate… Come profondamente sudcoreana è la sua scrittura che ha fatto della tradizione letteraria un punto di partenza imprescindibile. La sua carriera ha preso le mosse dalla poesia e dai racconti. È stata lei stessa a spiegare che è prassi nel suo pezzo di mondo per i giovani scrittori cominciare proprio da lì. E non è un caso se le storie brevi sono lo scheletro della sua letteratura . La metamorfosi in pianta della vegetariana non è altro che lo sviluppo della trama del suo racconto di esordio, “Love in Yeosu”, del 1995. Per scoprire il lato autobiografico della sua produzione bisogna leggere "White book", che è anche il più sperimentale dei suoi libri. È qui che affronta un lutto personale mai elaborato, la morte avvenuta a poche ore dalla nascita della sorella maggiore. Un fantasma con cui ha fatto i conti tutta la vita attraverso i racconti dei genitori, un evento dirimente che è stato uno dei motori della sua meditazione sulla vita e la morte. Figlia d'arte di uno scrittore, Han Kang ha vissuto un'infanzia circondata dai libri, ma anche dalla ricerca di senso di una famiglia segnata dalla tragedia e per questo consapevole della sacralità della vita. Una scrittrice che definiremmo di nicchia, arrivata in Italia grazie alla casa editrice Adelphi che ha pubblicato sia "La vegetariana" sia "L’Ora di greco". Si riaccende dunque il dibattito sui “Nobel sconosciuti”. Annie Ernaux, vincitrice nel 2022, e prima ancora Bob Dylan del 2021 non fanno sicuramente parte di questa categoria, ma esattamente un anno fa con la vittoria di Jon Fosse il tema era tornato in auge. Quanti si sono recati in una grande libreria commerciale nel giorno dell'assegnazione del premio allo scrittore norvegese, capace di “raccontare l'indicibile”, hanno fatto l'amara scoperta: quasi impossibile trovare l'ombra di una copia. Con un sospiro di sollievo mal celato avranno sicuramente pensato: “se non lo conosco, allora non è colpa mia”. Quello che potrebbe essere un demerito dell'Accademia svedese, e un segnale di uno scollamento snobistico dalla realtà, può essere interpretato diversamente, come parte della magia del Nobel. Posto che il Nobel per la letteratura non garantisce la posterità, un po’ come i talent televisivi non garantiscono gli stadi pieni, grazie all'Accademia svedese, almeno per qualche mese, certi autori preziosi e misconosciuti diventano pop e portano tanti lettori più o meno forti in libreria per soddisfare la curiosità. “Sto cercando un libro di Han Kang”, ci immaginiamo che domani mattina tanti librai si troveranno a fare fronte a questa richiesta. Da dove cominciare per leggere Han Kang? È stata lei stessa a rispondere poche ore dopo l'annuncio delle 13. Nella conversazione telefonica in cui la stessa accademia svedese ha raccolto, così è tradizione, la first reaction ha detto: “Come tutti gli scrittori, dico il mio ultimo libro ‘Don't say goodbye', che è quello che al momento mi piace di più". Non resta che aspettare che arrivi anche nelle nostre librerie il 5 novembre, sempre per Adelphi, “Non dico addio”, questo il titolo in italiano.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Perché Han Kang ha vinto il premio Nobel per la letteratura