Guerra o pace in Ucraina? Occhi puntati su novembre

Il 5 Novembre gli Stati Uniti eleggeranno il Presidente. Chi sarà il successore di Biden? La sua storica vice Kamala Harris o assisteremo al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca? Non è dato saperlo. Ma si inizia invece a intravedere quello che potrebbe succedere in uno dei teatri più caldi della geopolitica internazionale: l’Ucraina. Uniamo i puntini di questi ultimi giorni. Tutti guardano a novembre, tutti guardano a quello che accadrà oltre oceano. A cominciare dai contendenti. Pensiamo alle operazioni militari: è noto che i negoziati di pace debbano tenere conto della situazione sul campo. Per questa ragione, i russi stanno operando il loro massimo sforzo nell’Est. Vogliono sedersi ai tavoli delle trattative con gli stivali ben piantati nelle regioni di Luhansk e del Donetsk. Insieme alla Crimea, sono i loro principali obiettivi: quelli che consentiranno di riportare una vittoria. Anche gli ucraini vogliono monete da spendere e si stanno posizionando nel Kursk più per trattare il loro rientro nei confini naturali che per restare a tempo indeterminato. In sostanza, Kiev non vuole il Kursk ma vuole lasciare la regione in cambio di qualcosa. Zelensky vs Putin Ma andiamo alle dichiarazioni, a cosa sappiamo di ufficiale. Partiamo da Zelensky che ha annunciato proprio per novembre la presentazione del suo piano di pace. E dove lo farà? Negli Stati Uniti. Vedrà Biden e poi Trump e Harris proprio per spiegare cosa ha in mente, prima delle elezioni. Abbiamo alcuni dettagli di questo piano, li ha forniti nelle interviste rilasciate a margine del forum di Cernobbio. “Il punto principale" è "costringere la Russia a porre fine alla guerra" in un modo che sia "giusto per l'Ucraina". Zelensky ha spiegato che il successo di questo piano dipenderà dal presidente Biden e dal fatto che gli Stati Uniti daranno o meno all'Ucraina ciò che chiede Kiev: "se saremo liberi di utilizzare questo piano o meno", queste le parole esatte del presidente ucraino. Zelensky intende chiedere a Washington di far cadere le linee rosse che impediscono a Kiev di usare le armi a lungo raggio contro obiettivi chiave nel territorio russo. Il ministro della Difesa Umerov e il consigliere del presidente Yermak presenteranno dunque a Biden una lista di target da colpire in Russia. "Per alcuni potrebbe sembrare troppo ambizioso, ma per noi è un piano importante", ha detto Zelensky. Di certo, una prima risposta è già arrivata: Washington ha già autorizzato Kiev a colpire in profondità il territorio russo con i missili da 300 chilometri di gittata. Dall’altra parte, è molto più complesso trovare parole ufficiali di Putin. I suoi movimenti “di disturbo” hanno ostacolato ogni serio tentativo occidentale di trovare una soluzione, a cominciare dalla conferenza di pace in Svizzera dello scorso giugno. L’assenza di attori principali – dalla Russia alla Cina - aveva fatto naufragare il summit di Lucerna e le sue conclusioni. Cosa dice l’America Ora ci risiamo. Putin sa che a novembre potrà esserci una accelerazione. Una indicazione in questo senso arriva anche dal confronto tv americano. Ecco cosa hanno detto, a cominciare da Trump. "È nel miglior interesse degli Stati Uniti che la guerra in Ucraina finisca e che si negozi un accordo". Trump ha sostenuto che lui farebbe finire la guerra in 24 ore, perché sia Zelensky che Putin lo rispettano: «Parlerò con uno. Parlerò con l'altro, e li farò incontrare». Se, insomma, a novembre la Casa Bianca sarà sua, il blocco bellicista si troverà in difficoltà. Da parte di Kamala Harris, è arrivato invece un sostanziale appoggio incondizionato al governo di Kiev: “se l’Ucraina è ancora un Paese libero, è perchè Biden è riuscito a creare un’alleanza che l’ha aiutata con le armi a difendersi”. Ecco cosa è evidente per Putin. Che la fase “muscolare” di Kiev è sanguinosa ma ha vita breve, se Trump vincerà le elezioni. Putin deve conquistare l’Est e chiudere subito dopo un accordo, questo il suo mal celato obiettivo. Diplomazia al lavoro In ultimo, che siamo in una fase decisiva, lo confermano altri movimenti. Dalla Germania alla Turchia, tutti si fanno avanti. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha rinnovato il suo appello per l'organizzazione di una nuova conferenza di pace sull'Ucraina, questa volta con la obbligatoria presenza di Mosca. "Questa è la sfida da affrontare adesso: esplorare cosa è possibile fare", ha ribadito il cancelliere. Più sorprendenti le parole di Erdogan. "Ci auguriamo sinceramente che la guerra finisca con una pace giusta e duratura sulla base dell'integrità territoriale, della sovranità e dell'indipendenza dell'Ucraina", ha detto il leader. turco, aggiungendo che "il ritorno della Crimea all'Ucraina è un requisito del diritto internazionale". Ora parlano le armi sul campo di battaglia, ma appare chiaro che le “armi” della diplomazia si stanno affilando. Novembre è vicino.