Kuleba lascia. Cosa c’è dietro alle dimissioni del ministro degli Esteri ucraino

“Arriva l’Autunno e cadono le foglie”. Questo il sardonico commento di Maria Zacharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, dopo le dimissioni dei ministri ucraini. Tra loro, il nome che fa più scalpore è quello di Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri, uno dei volti più riconoscibili del governo di Kiev. È stato infatti una figura chiave nella trasformazione dell'Ucraina da Paese in crisi a simbolo di resistenza contro l’aggressione russa. Il suo impegno non si è limitato solo alla diplomazia tradizionale; è stato attivamente coinvolto nel coordinare le risposte ai bisogni umanitari e nel promuovere l’immagine dell’Ucraina, come parte integrante della comunità europea. Ma conosciamolo meglio, prima di capire cosa sia successo. Dima, il piccolo "italiano" Nato a Sumy, in Ucraina, il 19 aprile 1981, Dmytro Kuleba proviene da una famiglia di diplomatici: suo padre Ivan è stato ambasciatore in Egitto, Repubblica Ceca e Kazakistan. Questa eredità familiare ha giocato un ruolo significativo nel plasmare il suo futuro: fin da giovane è stato esposto agli ambienti diplomatici, alle dinamiche della politica internazionale, all’apprendimento di altre lingue, tanto che oggi parla fluentemente inglese, francese, russo e…. un po’ di italiano. Ricordate infatti il disastro di Chernobyl? Era il 1986 e Dima, questo il suo soprannome da piccolo, viveva nella sua città natale, Sumy, a 500 km dalla centrale. Troppo pochi per evitare rischi di salute. E, insieme a tanti altri suoi coetanei, Dima ha avuto la fortuna di rientrare in quei programmi di cooperazione internazionale che consentivano ai bambini delle regioni intorno a Chernobyl di trascorrere le estati in Italia, in zone immerse nella natura. Per diversi anni, dunque, ad accoglierlo ad Atripalda, in Irpinia, ha trovato la famiglia Ventre: papà Domenico, maresciallo dei carabinieri, la moglie e i suoi due figli, poco più grandi di lui. Con la "seconda famiglia italiana” si è instaurato un legame profondo, rimasto vivo negli anni, che ha lasciato in eredità anche un po’ di italiano. Un diplomatico che guarda al futuro Tornato in Ucraina, Kuleba ha studiato all’Istituto di Relazioni Internazionali dell’Università Taras Shevchenko di Kiev, una delle istituzioni accademiche più prestigiose del Paese. Durante gli anni universitari, ha sviluppato una profonda comprensione delle relazioni internazionali, con un particolare interesse per la diplomazia digitale, un campo in cui sarebbe diventato un pioniere per l’Ucraina. Non è un caso che, sul tema, abbia scritto un libro e che la comunicazione “diplomatica” in Ucraina, ha sfruttato moltissimo i social media e le piattaforme online per costruire un’immagine positiva del Paese. Prima di diventare ministro degli Esteri, Kuleba ha ricoperto diverse posizioni diplomatiche chiave. Ha iniziato la sua carriera al ministero degli Affari esteri dell'Ucraina nel 2003, e ha lavorato in vari ruoli presso le missioni ucraine all’estero, compresa quella presso il Consiglio d'Europa. È stato nominato Rappresentante permanente dell'Ucraina presso il Consiglio d'Europa nel 2016, dove ha giocato un ruolo cruciale nella promozione degli interessi ucraini in Europa, in un periodo in cui erano già presenti fortissime tensioni con la Russia. Ministro degli Esteri durante la guerra con la Russia Nel marzo 2020, Kuleba è stato nominato ministro degli Esteri dal presidente Volodymyr Zelensky, assumendo il ruolo in un periodo di grandi sfide per l’Ucraina. Da allora, è diventato uno dei principali architetti della politica estera ucraina, gestendo le relazioni con i Paesi occidentali, promuovendo l'integrazione dell'Ucraina nell'Unione europea e nella NATO, e affrontando l'aggressione russa. Durante l’invasione russa del 2022, Kuleba ha svolto un ruolo centrale nel mobilitare il sostegno internazionale per l’Ucraina, tenendo colloqui con leader di tutto il mondo, da Washington a Bruxelles, da Londra a Tokyo. La sua capacità di comunicare efficacemente la posizione dell'Ucraina ha contribuito nel tempo a ottenere sanzioni contro la Russia e un supporto militare significativo, rafforzando la resistenza del Paese contro l’aggressione. Lo abbiamo incontrato diverse volte: giovane, informale, con un linguaggio diretto e non appesantito dalla prudenza dovuta dell’arte diplomatica. Ma tutto questo non è bastato. Anzi, c’è chi gli rimprovera di non aver fatto abbastanza, in particolare nell’ultimo periodo in cui serviva probabilmente trovare la strada per intavolare i negoziati con i russi. Kuleba, secondo i suoi critici, non è riuscito a coinvolgere molti Paesi nel processo di pace. Di sicuro, non ha aiutato l’insuccesso diplomatico del summit di giugno a Ginevra, in Svizzera, con l’assenza pesante della Cina e di tanti altri fondamentali attori internazionali. Ma c’è anche un’altra versione: Kuleba da tempo chiedeva di essere spostato a Bruxelles, in qualità di ambasciatore. Dopo tre anni di lavoro logorante e ininterrotto, ha chiesto un’altra mansione per servire il suo Paese. È stato accontentato, quando è stato possibile annacquare la sua uscita con altre meno rumorose, ma non ci sarebbe una vera e propria rottura con Zelensky. Più probabile però che la verita sia nel mezzo. Kuleba, malgrado il ruolo strategico che ha ricoperto, non ha mai fatto parte del’inner circle del presidente. Oggi, siamo al momento della verità: a Novembre le elezioni americane diranno se gli aiuti all’Ucraina - militari e politici - avranno un futuro o meno. Zelensky si gioca l’osso del collo, sul terreno il fronte Est scricchiola. Per questo, apre un “nuovo capitolo” con solo fedelissimi per affrontare una curva così pericolosa.