Pavel Durov, chi è il fondatore di Telegram e perché è stato arrestato

Telegram, nato nel 2013, nel giro di un decennio è diventato una freccia essenziale nella faretra della comunicazione globale: ha quasi un miliardo di utenti – più di 900 milioni, secondo gli ultimi dati – e le sue chat ricoprono ruoli centrali nelle vite quotidiane di alcuni fra i Paesi più popolosi del mondo: non solo la Russia e l’Ucraina ma anche l’India, l’Indonesia, il Brasile, gli Stati Uniti e il Messico. Il suo successo è racchiuso in una promessa regolarmente rinnovata dallo stesso Durov ai suoi utenti: Telegram vi fornirà il massimo grado di crittazione e la minima volontà di condividere i vostri dati personali con agenzie governative o apparati di sicurezza. Proprio per questa policy esplicitamente orientata al laissez-faire, negli anni la piattaforma di messaggistica ha iniziato a ospitare anche quella che si definirebbe un’utenza poco raccomandabile: opache organizzazioni paramilitari o militari, hacker malintenzionati, spacciatori di droghe, gruppi estremisti e addirittura terroristi tout court. Bastione della libertà d'espressione? È l’ormai antica tenzone tra contenuti e piattaforme digitali: Telegram è o non è responsabile dell’uso che ne fanno le persone che la utilizzano? Durov, comunque la si pensi, sta già venendo incensato come un bastione della libertà di espressione caduto sotto il fuoco della censura: il proprietario di X Elon Musk, a sua volta un grande sostenitore di un grado di moderazione minimo sul social content, ha già twittato l’hashtag "#FreePavel", aggiungendo sardonicamente che "è il 2030 e in Europa ti possono arrestare per aver messo like a un meme". Telegram, un'idea nata dall'incontro con i servizi di sicurezza russi Ma chi è Pavel Durov, che sui suoi profili personali posta foto ascetiche di meditazione a torso nudo da guru New Age e documenta con certosina dovizia i suoi viaggi intorno al mondo? Pavel Durov nasce a San Pietroburgo il 10 ottobre 1984, figlio del latinista e filologo Valery Durov e di una donna di origini ucraine, Albina Ivanenko, ma nella sua infanzia ha un ruolo centrale anche l’Italia: un trasferimento di lavoro del padre porta la famiglia a Torino, ed è qui che Pavel frequenterà le scuole dell’obbligo, per poi tornare in Russia coi genitori e il fratello Nikolaj nel 2001. E proprio col consanguineo Nikolaj, il giovane Pavel metterà a segno i colpi che cambieranno la sua vita, rendendola uno degli uomini più ricchi del mondo : prima, nel 2006, si ispira a Mark Zuckerberg e al suo Facebook – due riferimenti che gli rimarranno sempre attaccati come carta moschicida – per fondare VKontakte, il social network russo che in meno di dieci anni arriverà a valere 3 miliardi; poi, nel 2013, il duo fonda Telegram, una nuova app per i messaggi istantanei. Pavel Durov ha detto di aver tratto l‘idea da un suo incontro poco piacevole coi servizi di sicurezza russi risalente a tre anni prima, quando il Cremlino aveva chiesto a VKontakte di rimuovere i profili dei politici dell’opposizione all’indomani delle elezioni del 2011, e lui si è prontamente rifiutato. La spiritualità e il rapporto burrascoso con la Russia di Putin Del founder rimangono nell’immaginario collettivo alcune foto che racchiudono il suo spirito da ribelle situazionista: il dito medio pubblicato nel 2012 in risposta al primo tentativo del gruppo filogovernativo Mail.ru di rilevare VKontakte ; la foto del cane che indossa una felpa con cappuccio offerta postata dopo l’irruzione della polizia russa nella sede di VK in quel 2011; più recentemente, i post da life guru su Instagram, incentrati sulla sua dieta vegana, i suoi esercizi di spiritualità e il suo rapporto con la natura e con se stesso. Pavel Durov è riservato, concede pochissime interviste ai media e mantiene la sua vita privata al di fuori dell’occhio dei media . Con la sua Russia, Pavel Durov ha un rapporto burrascoso: tre anni dopo aver immortalato quel famoso dito medio, nel 2014, l’imprenditore si è rifiutato di fornire al governo russo i dati dei manifestanti ucraini di Euromaidan, ha perso il suo ruolo di amministratore delegato di VK e ha lasciato il Paese, definendolo con un eufemismo «inadatto al business di Internet». Poi le cose sono appena migliorate e oggi Telegram in Russia è una potenza, ma la relazione continua a essere litigarella: l’ex presidente Dmitry Medvedev ha già commentato il suo arresto con un beffardo: «Pensava che i suoi maggiori problemi fossero in Russia, e se n'è andato». D’altronde si sa: nessuno è profeta in patria.