A Philadelphia va in scena il futuro dem, Harris-Walz all'assalto della Rust Belt

Il rasoio di Occam della politica americana si chiama Tim Walz. Per Kamala Harris era la scelta più facile, o per lo meno più cauta. Non è detto che sia per questo la scelta sbagliata, ma per sapere se sarà quella vincente dovremo aspettare novembre. Il rischio, per il governatore Walz, è quello di fare la fine di un altro Tim, l’opaco Kaine che fece il vice di Hillary Clinton e che con lei finì sotto le forche caudine della vittoria trumpiana, nel 2016. La storia non si ripete mai perfettamente, tuttavia. Pennsylvania, buona la prima Di Kamala Harris si dice sia sempre pronta ad ascoltare il parere di tutti ma che alla fine scelga solo in base al proprio. Nell’esclusione del governatore Josh Shapiro dalla corsa devono aver pesato le critiche dei progressisti per le sue posizioni in merito al conflitto di Gaza, ma la scelta di un vice dipende anche da questioni di chimica e Kamala Harris deve aver avuto l’impressione di un amalgama riuscito quando ha messo gli occhi su Walz. Al primo comizio, nella Pennsylvania di Shapiro, le vibrazioni sono state fin da subito decisamente positive: il tifo da stadio, lo slancio con cui la Harris è entrata in scena trascinandosi dietro il suo running mate fresco di nomina, quel continuo girarsi verso di lui durante il discorso con cui lo presentava, e poi la bocca larga ed eloquente di Walz, quel modo di abbracciare il pubblico allargando le mani a ogni frase. Se un vice serve per completare e bilanciare la figura del candidato, Tim Walz svolge egregiamente il proprio ruolo. Il governatore del Minnesota è stato capace, nel suo passato di congressman, di conquistare più di una volta quell'America rurale così recalcitrante quando si tratta di votare democratico. Oggi il suo compito è convincere almeno una parte, circoscritta ma decisiva, di quella stessa America, stanca di Trump e tuttavia ancora piena di dubbi su Kamala Harris. Walz vs Vance Il bersaglio è chiaro, e le armi per colpirlo sono pronte. Veterano, padre di famiglia, figlio della classe media, fiero possessore di fucili e pistole: Tim Walz è un democratico sui generis, capace di varare misure decisamente progressiste ma da posizioni di moderato buon senso, con quella faccia da buon uomo del Midwest che non fa troppa fatica a farsi ascoltare. In questo senso Walz è l'anti Vance, altro figlio del Midwest che da Middletown è arrivato al Senato passando per Yale e per il venture capitalism, e che si è alzato al di sopra delle proprie umili origini per poterle analizzare, raccontare e - secondo Walz - tradire. Walz e Vance sembrano impazienti di sfidarsi in tv, e per la prima volta un dibattito tra vice potrebbe trasformarsi in un passaggio cruciale dell'intera campagna. “Sono pronto ad affrontarlo”, ha detto Walz, aggiungendo poi: “sempre che riesca ad alzarsi dal divano”. Indicare un re nudo Il governatore del Minnesota è un battutista. “Con Trump i crimini sono aumentati”, ha detto in Pennsylvania, “anche senza contare quelli che ha commesso lui stesso”. E poi: “Donald non sa cosa significhi fare l’interesse del Paese, è troppo occupato a fare il proprio”. E ancora: “porto male gli anni? Provate voi a fare il responsabile di una mensa scolastica”. L’ironia funziona, soprattutto se il nemico che si ha di fronte tende a prendersi troppo sul serio. Come dire che il re è nudo. Con i suoi continui allarmi sulla minaccia rappresentata dal popolo MAGA, Biden ha finito suo malgrado per ricoprire il movimento trumpiano di una sinistra solennità. Walz l’ha cancellata di colpo. Weird, l’epiteto affibbiato dal governatore a Trump e compagnia, è diventato subito virale, perché definire “strambi” gli avversari li ha messi improvvisamente in ridicolo, facendoli apparire infantili come bambini che giocano ai cowboy. Alla conquista della Rust Belt Su quella grande scacchiera che è la cartina elettorale degli Stati Uniti, però, si gioca oggi una partita molto seria. Che sia in ballo il futuro del Paese lo dicono entrambi gli schieramenti, e hanno entrambi ragione. “Il nome del vice è irrilevante”, ha fatto notare di recente Trump con scarso tatto per il suo running mate. Non ha del tutto torto, ma stavolta potrebbe non avere neppure del tutto ragione. Il folle sistema elettorale americano fa sì che si voti ovunque ma che di fatto contino solo i voti espressi in una manciata di stati: stavolta saranno sette, tre dei quali appartenenti alla così detta Rust Belt: Pennsylvania, Minnesota e Michigan. I candidati presidenti sono un Paperone di New York e un’ex magistrata della Bay Area: gente poco adatta a incrociare i guantoni sul ring del midwest. Dovranno farlo i vice, al posto loro. J.D. Vance e Tim Walz, uno di fronte all’altro a contendersi il cuore dell’America.

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