Elezioni, l'India va al voto nel segno di Modi

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Liliana Faccioli Pintozzi

Liliana Faccioli Pintozzi

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Le elezioni si tengono in 7 giornate elettorali per sei settimane dal 19 aprile al 1 giugno, con risultati attesi per il 4 giugno. Al voto vanno 696 milioni di persone nei 28 Stati e 8 territori che fanno parte dell’Unione, per eleggere per i prossimi 5 anni i 543 deputati della Lok Sabha, la camera bassa del Parlamento indiano

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In un anno elettorale che ha visto o che vedrà andare alle urne gli Stati Uniti, l’Unione europea, il Regno Unito, la Russia, l’Iran, il Sudafrica per citare solo alcuni appuntamenti, il voto in India è certamente il più impressionante per numeri e durata; ma è anche uno dei più importanti come peso politico, considerato il sorpasso demografico ai danni della Cina, l’accelerazione economica e il ruolo “bipartisan” sul fronte geopolitico.

Quasi un miliardo gli elettori coinvolti, 2700 i partiti in gioco, 15 milioni di operatori elettorali e 1 milione di seggi con il voto elettronico; sei settimane di impegno elettorale, le elezioni più costose del mondo secondo gli analisti, per un risultato che secondo molti osservatori è scontato.

 

Narendra Modi punta al terzo mandato

Con ogni probabilità il Paese confermerà per il terzo mandato consecutivo l’attuale Primo Ministro nazionalista Narendra Modi, dando la maggioranza dei seggi al suo Bharatiya Janata Party (BJP). Eletto per la prima volta nel 2014 promettendo sviluppo, welfare e lotta alla corruzione, è stato facilmente confermato nel 2019 con un programma a quel punto apertamente nazionalista che ha portato 303 seggi al suo partito e 352 alla National Democratic Alliance di cui faceva parte.

Merito dello sviluppo economico dell’ultimo decennio, che avvicina l’India allo status di super potenza; merito del posizionamento internazionale, che vede in un non-allineamento rivisto nel Terzo Millennio la capacità di far parte dei BRICS con Russia e Cina e allo stesso tempo di avere ottimi rapporti con Stati Uniti e Occidente in senso lato; merito, soprattutto, del lavoro fatto da Modi per restituire orgoglio e status sociale alla (spesso povera) maggioranza hindu.

 

La polarizzazione del Paese

Così l’India è ora un paese sempre più polarizzato in termini religiosi, con forti spaccature e tensioni soprattutto con i 200 milioni di cittadini musulmani, quasi il 15% della popolazione.

Il magic number, nella “nuova” Lok Sabha, sarà di 272 seggi; 131 seggi sono riservati ai deputati delle cosiddette "caste classificate" e "tribù classificate”, ovvero gruppi ufficialmente riconosciuti come svantaggiati e che costituiscono circa un quarto della popolazione indiana. Non entrerà invece in vigore in questa tornata elettorale la legge, pur approvata, che impone di assegnare un terzo dei seggi alle donne.

Obiettivo di Modi, e dei suoi alleati: superare l’affluenza già record del 2019, quando a votare fu il 67% degli aventi diritto; e portare a casa più di 400 seggi, in modo da poter modificare la Costituzione.

 

Un’opposizione unita ma ancora debole

Contro di lui l’opposizione questa volta unita e capitanata dal Partito del Congresso, che ha guidato il Paese per 77 anni post indipendenza, che fa campagna con una piattaforma di "salvataggio della democrazia" dietro l’acronimo “India” ma che ancora non ha trovato il suo candidato Premier. Volti chiave il presidente del Congresso, Mallikarjun Kharge, e i fratelli Rahul e Priyanka Gandhi, figli dell'ex primo ministro Rajiv Gandhi e nipoti di Sonia Gandhi, potente e storica leader.

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