Libia, riesplode la tensione. Serraj: "Avevamo chiesto armi all'Italia, ma senza risposta"

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Ancora tensioni nel Paese dopo che le forze del generale Haftar hanno sequestrato un cargo con a bordo marinai turchi. Erdogan: pronti a sostenere militarmente Tripoli. Serraj boccia missione di Di Maio a Bengasi. Allarme Onu: almeno 284 civili morti nel 2019

Riesplode la tensione in Libia dopo che, domenica, le forze del generale Khalifa Haftar hanno annunciato il sequestro di un cargo con a bordo diversi marinai turchi. Da Ankara, il presidente Recep Tayyp Erdogan afferma di essere pronto a sostenere militarmente Tripoli in ogni modo. La Turchia "può elevare il proprio sostegno militare navale, aereo e terrestre al governo legittimo libico se richiesto", ha ribadito. Mentre Fayez al Serraj, premier del governo di Accordo nazionale a Tripoli, in un'intervista al Corriere, torna sulla questione delle armi chieste all'Italia per combattere Haftar: "Da Roma, in verità, non sono mai giunte risposte ufficiali. Con Di Maio abbiamo avuto un ricco scambio d’opinioni". Intanto l'Onu lancia l'allarme: sono almeno 284 i civili morti nel 2019. E avverte: la Libia "non è un porto sicuro".

Il sequestro del cargo con a bordo marinai turchi

Poche ore prima dell'operazione navale di Haftar, era arrivata la ratifica, ad Ankara e Tripoli, dell'accordo bilaterale sulla cooperazione militare. Sul sequestro, in comunicato sulla pagina Facebook del portavoce di Haftar, al Mismari, si legge: "Nel corso di un pattugliamento delle acque territoriali libiche, al largo delle coste di Derna, la Brigata navale Sussa ha sequestrato un mercantile battente bandiera di Grenada e comandato da un'equipaggio turco". La nota è a corredo di un video che mostra le fasi salienti dell'operazione. "Il cargo è stato rimorchiato al porto di Ras Lanuf per controllo e perquisizione del carico e per adottare le misure necessarie", prosegue la nota. A bordo, secondo quanto si è appreso, ci sarebbero almeno tre marinai turchi. Le forze navali di Haftar hanno poi annunciato lo stato di allerta massima in previsione del probabile "invio di armi e soldati dalla Turchia in forza dell'accordo con il governo" di Tripoli, bollato come l'intesa "della vergogna".

Serraj: "Avevamo chiesto armi all'Italia"

Per contrastare l'offensiva di Haftar, il premier Serraj, intanto, ha svelato che la Libia "aveva chiesto le armi a tanti Paesi, inclusa l’Italia, che pure ha diritto di scegliere la politica che più le aggrada e con cui i rapporti restano comunque ottimi". "Da Roma, in verità, non sono mai giunte risposte ufficiali. Con Di Maio abbiamo avuto un ricco scambio d’opinioni. Quanto invece alla sua tappa a Bengasi dal nostro aggressore e Tobruk non ho visto alcuna sostanza, oltre a generiche dichiarazioni di amicizia che lasciano il tempo che trovano", ha spiegato. "Così, la comunità internazionale risulta divisa. Da una parte i Paesi disposti ad armare i nostri avversari-aggressori. A loro si contrappongono altri Paesi, tra cui l’Italia, che credono tutt’ora alla formula per cui l’unica soluzione resta il dialogo politico", ha poi commentato. Bocciata, quindi, la missione diplomatica della scorsa settimana del ministro degli Esteri che si era recato anche a Bengasi, dove aveva incontrato proprio Haftar. 

L'allarme dell'Onu

E mentre la tensione nel Paese sale, l'Ufficio dell'Alto commissariato dell'Onu per i diritti Umani (Ohchr), lancia il suo allarme: "Siamo preoccupati per il deterioramento della situazione dei diritti umani in Libia, compreso l'impatto del conflitto in corso sui civili, gli attacchi contro i difensori dei diritti umani e i giornalisti, per il trattamento di migranti e rifugiati, le condizioni di detenzione e l'impunità". Oltre agli almeno 284 civili morti nel Paese, si contano anche 363 feriti. E, in termini di vittime, si registra un aumento di oltre un quarto del numero rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Al centro dell'analisi, anche la questione migratoria: "Tra gennaio e novembre, oltre 8.600 migranti sono stati intercettati in mare dalla Guardia costiera libica e riportati in Libia, che ovviamente non può essere considerato in nessun modo come un porto sicuro per lo sbarco".

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