Fratello di Jfk, sostenitore dei diritti civili e oppositore della guerra in Vietnam, "Bobby" veniva ucciso nel giugno 1968 in un hotel dopo la vittoria decisiva delle primarie in California. Scompariva così una delle figure politiche più importanti degli Stati Uniti
Esattamente cinquant’anni fa Robert Kennedy moriva dopo essere stato raggiunto da tre colpi di pistola all'Ambassador Hotel di Los Angeles. Si aggiungeva così un altro tassello di caos a quell’anno di grandi turbamenti che era stato il 1968. La famiglia Kennedy veniva sconvolta da un altro lutto dopo l’omicidio a Dallas del presidente in carica John Fitzgerald, e gli Stati Uniti perdevano una delle personalità politiche più importanti, con la strada ormai libera verso la Casa Bianca. Per l’omicidio venne quasi immediatamente arrestato Sirhan B. Sirhan, un arabo cristiano nato a Gerusalemme di nazionalità giordana. “Bobby”, raggiunto dai colpi di un revolver calibro 22 nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1968, morì 26 ore dopo l'attentato in ospedale. Si trovava all’Ambassador Hotel per festeggiare la vittoria elettorale alle primarie della California, con la strada spianata verso la convention dei democratici. Sirhan disse di aver sparato per il sostegno di Kennedy a Israele. Inizialmente condannato a morte, la sua pena fu poi convertita all’ergastolo dopo l’abolizione della pena capitale in California.
Gli Stati Uniti nel 1968
Neanche gli Stati Uniti furono immuni dai tumulti del ’68: fu l’anno delle proteste contro la guerra in Vietnam, del movimento per i diritti civili degli afroamericani, dell’omicidio di Martin Luther King, con rivolte e sommosse in molte grandi città americane. Ma fu anche l’anno dei difficili tentativi di ritiro delle truppe dal conflitto con i vietcong, che quell’anno lanciano l’offensiva del Tet, che rende chiaro come sarebbero stati necessari altri sforzi e sacrifici per uscire da quel logorante conflitto. Un clima di paura nel quale si inserì proprio l’assassinio di Robert Kennedy, che con la vittoria delle primarie in California andava verso la candidatura dei Democratici per la presidenza degli Stati Uniti. Tra incertezze e timori per il futuro, l’anno si concluse, cinque mesi dopo la morte di Robert Kennedy, con l’elezione del candidato repubblicano Richard Nixon.
I primi incarichi
Nato nel 1925, dopo gli studi a Harvard conclusi nel 1948, un incarico come legale nella sezione sicurezza interna del Dipartimento di Giustizia nel 1952, e un altro nella Corte federale di New York, Robert Kennedy entrò attivamente in politica in modo definitivo per sostenere il fratello, John Fitzgerald. Nel 1952 si dimise dall’incarico per guidare la campagna elettorale che portò Jfk a conquistare il seggio di senatore del Massachussetts.
Con Jfk al Dipartimento di Giustizia
Nel dicembre 1952 Robert Kennedy venne nominato consulente del Subcomitato permanente del Senato per le investigazioni dal senatore Repubblicano Joe McCarthy, con cui non concordava però sui metodi giudicati troppo aggressivi nel rintracciare sospetti agenti sovietici. Lasciò l’incarico dopo nemmeno un anno, per poi ritornarci nel 1954 come primo consulente per la minoranza democratica. Kennedy cominciò a ottenere una certa fama tra il 1957 e il 1959, periodo nel quale fu primo consulente giuridico della Commissione antiracket. Kennedy affrontò duramente Jimmy Hoffa, capo di un importante sindacato corrotto e legato alla mafia italiana, durante la sua testimonianza. Nel 1959 “Bobby” si dimise per dedicarsi alla campagna presidenziale del fratello John. Jfk vinse le Presidenziali del 1960 e nominò suo fratello Robert attorney general, l’equivalente del nostro ministro della Giustizia. Un periodo di tensioni – svolse il ruolo di consigliere del fratello presidente nella delicatissima crisi dei missili cubani – e di grandi rivalità: quella accesissima con Jimmy Hoffa, che cercò di perseguire smantellando il sindacato di cui era capo, e quella con il capo dell’Fbi, il temuto J. Edgar Hoover.
La corsa verso la Casa Bianca
Negli anni al Dipartimento di giustizia, Robert Kennedy si avvicinò al movimento per i diritti civili e al leader carismatico Martin Luther King. Nove mesi dopo la morte del fratello John a Dallas, venne eletto al Senato e nel 1964 il democratico Lyndon Johnson, già vicepresidente di Jfk, fu riconfermato alla Casa Bianca. Da senatore, Robert Kennedy appoggiò i diritti civili degli afroamericani, viaggiò in Sudafrica criticando pesantemente l’apartheid, si oppose al crescente impegno nella guerra del Vietnam portato avanti da Johnson. Fu anche favorevole a dichiarare illegale la pena di morte negli Stati Uniti. Celebri i suoi discorsi sul Pil, in cui criticò l'utilizzo di quell'indicatore come unico segnale del benessere: “Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni”. Nel 1968 “Rfk”, come ormai era stato ribattezzato, si candidò con il Partito democratico per la presidenza. I movimenti pacifisti e gli afroamericani lo sostennero contro Johnson - ritenuto artefice dell’escalation in Vietnam - che si ritirò dopo alcune performance opache nei primi Stati delle primarie. Robert Kennedy si ritrovò contro il solo Eugene McCarthy per decretare chi avrebbe potuto sfidare e sconfiggere alla convention democratica Hubert Humphrey, vicepresidente di Johnson. La vittoria di Robert Kennedy alle primarie in California e in South Dakota sancì che sarebbe stato lui ad affrontare Humphrey.
L’assassinio
Tra il 4 e il 5 luglio 1968, poco dopo la mezzanotte, “Bobby” stava celebrando la vittoria con un discorso all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Dopo aver parlato, si sarebbe dovuto spostare nella sala stampa dell’hotel per un colloquio con i giornalisti. Nel tragitto verso l’altra stanza, Sirhan Sirhan riuscì a esplodere quattro colpi del suo revolver calibro 22. Il primo proiettile si rivelò quello fatale: colpì Robert Kennedy alla testa. Le sue ultime parole, pronunciate subito dopo essere stato colpito, furono: “E gli altri? Come stanno gli altri?”. Sirhan venne bloccato e arrestato: sta ancora scontando l’ergastolo in una prigione della California. Robert Kennedy morì 26 ore dopo l'attentato, all’Hospital of the Good Samaritan di Los Angeles.