Provare a ridere della marea nera. Su Twitter si può

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Protesta contro la Bp (foto AP)
Gulf Oil Spill Protest

Spopola un finto account dell'ufficio comunicazione di Bp che solletica l'umorismo amaro degli utenti sulla tragedia ambientale nel Golfo del Messico. E' l'ultimo episodio di una tendenza: creare falsi account di aziende e personalità a scopo satirico

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di Gabriele De Palma

“Siamo lieti di annunciare che BP sponsorizzerà il Blues Festival di New Orleans, con un tributo particolare a Muddy Waters (il celebre bluesman che scelse come nome d'arte “acque fangose”)”. Parodia e sarcasmo non risparmiano nessuno, e così anche il colosso britannico dell'energia è oggetto, oltre che delle indagini dell'amministrazione Obama, anche dell'ironia dei social network.
Il 19 maggio, a un mese dall'incidente alla Deepwater Horizon, un utente registrato come Terry ha infatti aperto un account Twitter BPGlobalPr sotto lo pseudonimo di bpcares e ha postato il primo messaggio: “Siamo spiacenti nel dover ammettere che qualcosa è successo nel Golfo del Messico. Aggiorneremo a breve”. In pochi giorni il cinguettio si è fatto assordante con una serie di battute amare ma pungenti e 70mila seguaci che hanno provato a buttare in farsa il disastro ambientale. I registri sono i più vari, dal grossolano sul “tonno già sott'olio solo da inscatolare” alla satira in stile marketing e comunicazione come l'improbabile claim “abbiamo fatto qualcosa che resterà per due generazioni, puoi dire altrettanto?”.  

Il fenomeno della creazione di false identità in rete a scopo parodistico non è nuovo e i precedenti di finti account su Facebook, Twitter o piattaforme di blogging hanno già riempito le cronache digitali e sta assurgendo a nuova forma di satira dell'era digitale. Il più celebre probabilmente è il blog del finto Steve Jobs, il cui cinismo sfocia ad esempio nel tentativo di ridimensionare il caso dei suicidi dei lavoratori cinesi delle fabbriche Foxconn. Per restare alle personalità high-tech non poteva mancare il vulcanico Ceo di Microsoft, Steve Ballmer, ma anche la politica ha i suoi finti bloggers: dal placido primo ministro indiano Manmohan Singh, al viziato Osama Bin Laden, alla rude Sarah Palin per finire con Benedetto XVI.

In Italia un caso analogo ha visto coinvolto Renzo Bossi, la cui identità è stata esautorata su Facebook dove una finta “trota” invitava a testare la propria padanità col videogame “rimbalza il clandestino”. Qualche polemica e account chiuso senza ulteriori strascichi legali per gli usurpatori. In Brasile hanno invece organizzato un portale, BlogsdoAlem, meno critico ma ugualmente divertente che raccoglie i blog di celebri personaggi del passato, da Philip Morris a Bob Marley, Sigmund Freud, Sartre e molti altri.  

Mentre Terry sta fruttando il proprio quarto d'ora di celebrità in rete - ha aperto un nuovo account per rispondere alle domande dei media - BP al momento non sembra intenzionata a lamentarsi della burla di BPGlobalPR, né a chiedere la difesa del proprio marchio abusato su Twitter. I vertici aziendali hanno problemi ben più seri. E tengono informati sulle operazioni anche attraverso Twitter: l'account in questo caso è vero, ma non fa ridere affatto.


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