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Caso Eitan, lo zio paterno: "C'è stato un breve colloquio col bimbo. Andremo in Israele"

Lombardia

Sul ritorno del bambino in Italia Or Nirko ha affermato che "non posso prevedere il futuro, speriamo. La strada per riportarlo a casa ancora lunga"

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"Andremo in Israele". Lo ha svelato ai giornalisti Or Nirko, lo zio paterno di Eitan, il bambino unico sopravvissuto alla tragedia della funivia del Mottarone. Lo zio ha anche dichiarato che c'è stato un breve colloquio con il bambino, il quale l'11 settembre è stato portato in Israele dal nonno materno Shmuel Peleg che lo ha sottratto alla zia paterna Aya Biran, la tutrice legale. Il nonno di Eitan è indagato dalla Procura di Pavia con l'accusa di sequestro di persona aggravato. Anche Esther Cohen Peleg, ex moglie di Shmuel Peleg e nonna materna di Eitan, è indagata.

"Ci sono stati tanti complici"

"Andremo in Israele, ma non vi do la data. Eitan, ti manchiamo e ti vogliamo bene. Le nostre bimbe tutti i giorni si svegliano e lui non c'è", ha spiegato lo zio paterno di Eitan ai cronisti. Sul ritorno del bambino in Italia ha affermato che "non posso prevedere il futuro, speriamo. La strada per riportarlo a casa ancora lunga". Ai giornalisti Or Nirko ha dichiarato che "il ruolo della nonna è stato importante", ma ha parlato anche di "tanti complici e persone che gli hanno dato una mano. Non potevano farlo da soli". Sull'affidamento del bambino lo zio ha affermato che "deve decidere Tribunale italiano e non quello israeliano, il centro della sua vita è in Italia". Nirko si è comunque detto pronto "a dialogare con la famiglia Peleg. Noi gli abbiamo concesso tutte le visite, anche se temevamo che potesse succedere quello che è accaduto".

"Domiciliari in Israele è inizio lunga strada, confidiamo in autorità"

La misura dei domiciliari in Israele per il nonno materno, accusato di aver rapito il piccolo, è "l'inizio di una strada ancora lunga, quando finirà non lo so, noi confidiamo nelle autorità italiane e israeliane affinché questa saga abbia fine". Nirko ha spiegato che hanno avuto "un piccolo colloquio" con Eitan, anche se ancora "non sappiamo dove si trovi esattamente, lui ha bisogno della sua stabilità, della sua psicoterapia e fisioterapia". Il tribunale italiano, che ha già deciso che la zia Aya Biran sia tutrice legale del piccolo in attesa della decisione sull'affidamento, "è quello competente - ha aggiunto Nirko, marito di Aya - e speriamo che Eitan torni a casa e se vogliono poi presentare reclami qua, e lo hanno già fatto, lo facciano ancora". Nirko spera che quando andranno in Israele nei prossimi giorni possano "tornare a casa" col bimbo. E non ha chiuso la porta al dialogo con il ramo materno: "Noi siamo sempre aperti a parlare con loro". Temevano che potesse essere portato in Israele e "noi abbiamo avvisato tutti, il giudice lo sapeva, ma chi vuole davvero rapire un bambino riesce a farlo". Il nonno aveva "il passaporto di Eitan che avrebbe dovuto restituire su ordine del giudice". Anche il "ruolo della nonna" materna, indagata assieme all'ex marito, è stato "importante" nel rapimento, ma ci sono "tanti complici, non potevano farlo da soli", anche perché "penso che all'aeroporto di Lugano devi chiedere permessi speciali" per volare fino in Israele. E ancora: "Spero non sia una questione politica, è vero che Eitan ha la doppia cittadinanza, ma lui è italiano". La famiglia Peleg, ha aggiunto, in questi giorni "ci ha 'bombardato' falsamente usando la carta religiosa", ma la casa di Eitan "è qui, qui tutti suoi amici, lui parla italiano meglio che ebraico". Sull'eventualità che sia il Tribunale israeliano a decidere sull'affidamento Nirko ha risposto: "Noi obbediamo alle leggi, però per quanto ci pare di poter dire il centro di vita del bambino è in Italia e un tribunale italiano deve decidere". Andranno in Israele con la "possibilità che Aya possa vedere il bambino, abbiamo fatto richieste, tramite i legali là, per arrivare a interloquire anche con politici". La più grande "preoccupazione - ha concluso - è un danno psicologico irreversibile" per il bimbo.

L'avvocato della zia materna: "Chiederemo immediata restituzione di Eitan"

Oltre allo zio paterno, ha parlato anche Shmuel Moran, legale in Israele di Aya Biran, affidataria delle tutela del piccolo, spiegando all'Ansa che la posizione della sua assistita nell'udienza del 29 settembre presso il Tribunale di Tel Aviv sarà "molto chiara: l'immediata restituzione di Eitan. Questo - ha aggiunto - è un sequestro, un rapimento dall'Italia, contro la legge italiana, contro la legge civile, contro le decisioni del tribunale italiano, contro la legge criminale. Il bambino deve essere restituito all'Italia il prima possibile".

La Farnesina: “Contiamo sulla collaborazione di Israele”

L'Italia "conta sulla collaborazione di Israele per una soluzione concordata della vicenda, nell'interesse superiore del minore", scrive la Farnesina, secondo quanto apprende l'ANSA, in una nota verbale inviata nei giorni scorsi all'ambasciata israeliana a Roma riguardo al caso di Eitan Biran.

Israele: "Agiremo in cooperazione con l'Italia"

"Confermiamo che il bambino Eitan Biran è entrato in Israele l'11 settembre. Israele agirà in cooperazione con l'Italia, per il bene del minore. Le autorità israeliane stanno seguendo il caso e gestiranno qualunque richiesta, pervenuta attraverso i canali appropriati, in conformità della legge e dei trattati internazionali pertinenti". È la risposta di Israele, secondo quanto apprende l'Ansa, alla nota verbale inviata dalla Farnesina.

L'ambasciatore israeliano in Italia: "Collaboreremo, stiamo seguendo le famiglie"

Intanto, all'indomani della notizia della misura cautelare disposta dalle autorità israeliane a carico del nonno di Eitan, l'ambasciatore israeliano in Italia, Dror Eydar, ha dichiarato che "stiamo seguendo le famiglie, non posso entrare nei dettagli, ma posso garantire che Israele è uno Stato di diritto che si sta occupando di questa vicenda. Israele non è una giungla. La mia speranza - ha detto il diplomatico in un'intervista rilasciata a Quotidiano Nazionale - è che si trovi una soluzione che faccia stare bene tutti e specialmente Eitan: ha sofferto già troppo". Quella vicenda, ha proseguito l'ambasciatore, "è stato il momento più duro del mio incarico da diplomatico. Il pensiero del piccolo Eitan rimasto solo, unico a sopravvivere e senza i genitori, mi ha scosso profondamente".

Eydar ha quindi ricordato la sua visita al piccolo all'ospedale Regina Margherita di Torino. "Eitan era ricoverato in rianimazione, sedato. Io provengo da una famiglia di sacerdoti e ho chiesto ai medici di poter recitare la nostra antica benedizione. Ho avvicinato le mie mani alla sua testa e ho recitato la Torah. Mentre pronunciavo le parole della Bibbia, dietro di me pregava anche il presidente della Regione Piemonte. Lo ricorderò per tutta la vita. Quando ci hanno annunciato che stava meglio, ho pensato che fosse un miracolo", ha dichiarato.