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Ruby bis, Procura generale di Milano: Fede non deve andare in carcere

Lombardia
Foto di archivio (ANSA)

È stata accolta l'istanza di differimento della pena presentata dall'avvocato difensore Salvatore Pino, in vista di una richiesta di detenzione domiciliare

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Emilio Fede non dovrà scontare in carcere a scontare la condanna definitiva a quattro anni e sette mesi, stabilita dalla Cassazione nel processo Ruby bis. Il sostituto procuratore generale di Milano Bianca Bellucci ha accolto l'istanza di differimento della pena presentata dall'avvocato difensore Salvatore Pino, in vista di una richiesta di detenzione domiciliare.

Verso i domiciliari

La decisione è stata presa in attesa che la Sorveglianza si pronunci nei prossimi giorni sulla richiesta di detenzione domiciliare, misura alternativa al carcere che può essere concessa a Fede perché ha più di 70 anni e il reato per cui è stato condannato, il favoreggiamento della prostituzione, non è ostativo ai domiciliari. Per l'ex direttore del Tg4 si apre quindi la strada verso i domiciliari, regime detentivo con cui dovrà scontare almeno la prima parte della pena, alcuni mesi, prima che la parte rimanente della condanna arrivi a quattro anni. A quel punto poi potrà chiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali.

La sentenza della Cassazione

La decisione della Procura generale di Milano è arrivata il giorno dopo la conferma da parte della Cassazione della condanna a quattro anni e sette mesi di reclusione per l'ex direttore del Tg4 e a 2 anni e 10 mesi per l'ex consigliera lombarda Nicole Minetti nel processo Ruby bis, che ha al centro l'accusa di favoreggiamento della prostituzione, reato che si sarebbe configurato durante le serate organizzate nella villa di Silvio Berlusconi ad Arcore. L’ex direttore del Tg4 è inoltre accusato di tentata induzione alla prostituzione. Gli ermellini hanno dichiarato inammissibili i ricorsi delle difese. È definitiva dunque la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Milano il 7 maggio 2018. Secondo il procuratore generale della Cassazione, in maniera "congrua" Fede è stato ritenuto "il garante delle serate di Arcore e il punto di riferimento per tutto quanto ruotava attorno al format di queste serate", mentre Minetti era la "indispensabile cerniera tra Berlusconi e le ragazze a lui destinate".