Gli scout che sfidarono Mussolini, raccontati ai ragazzi

Tra i gruppi su cui si abbatté la repressione del regime fascista ci furono anche gli scout. L’educazione alla libertà, caposaldo dello scautismo, era incompatibile con il precetto totalitario del “Credere, obbedire e combattere” ed entrava in conflitto con le ambizioni di fascistizzazione della società attraverso strutture ad hoc e centralizzate. Prima furono sciolti i reparti nei centri inferiori ai 20mila abitanti e fatti confluire nella neonata Opera Nazionale Balilla. Poi nel 1928 fu dichiarato soppresso lo scautismo con un decreto firmato dal Capo del Governo Mussolini e dal Re. Nel giorno stesso della cerimonia di commiato che si tenne a Milano, il lupetto Ciacio Andrea chiese di aderire agli scout come atto di rivolta, e il giovane Giulio Cesare Uccellini, di anni 24, pronunciò un discorso che sarebbe stato trasmesso di generazione in generazione: “Noi continueremo a fare del nostro meglio per crescere uomini onesti e cittadini preparati e responsabili”. Promise ai suoi e a se stesso che il movimento non si sarebbe fatto piegare e che sarebbe sopravvissuto allo stesso fascismo. “Resistere un giorno in più del fascismo” divenne il motto. Il 24 aprile del 1928 segnò l’ingresso in clandestinità dei gruppi di scout ribelli che continuarono in segreto l'attività scautistica in mezzo alla natura selvaggia. Un capitolo poco conosciuto del nostro Novecento di cui Stefania Carini, giornalista e scrittrice, ha voluto raccontare nel libro “Il coraggio di Oscar”. Il romanzo in questione è un libro per bambini dai 9 anni in su, ma la lettura di questa storia dimenticata, che Carini racconta con parole semplici senza rinunciare a una cronaca puntuale, è un’occasione anche per gli adulti di conoscere meglio quel fenomeno multiforme e vasto che fu la Resistenza italiana. Dopo l’armistizio, le "Aquile randagie", questo era il nome che era stato dato al movimento clandestino di scout del Nord Italia, si riorganizzarono e risposero all’urgenza di aiutare e espatriare famiglie ebree, ricercati politici, renitenti e disertori. Nacque così la cellula O.S.C.A.R, Organizzazione Scout Assistenza Ricercati, che dà il titolo al libro di Carini. "È una ribellione potente, nel senso che accade in un momento storico preciso e allo stesso tempo è, se vogliamo, semplice. Cosa intendo? Non che fosse difficile per loro nascondersi al regime - spiega Carini - dovevano avere i loro messaggi segreti, essere attenti a come si muovevano, perché il pericolo c'era, il pericolo era reale, ma quello che intendo dire con semplicità era che questa ribellione toccava dei valori talmente ovvi, quali la fratellanza, il senso di comunità, il desiderio di stare insieme e agire insieme, che la ribellione è stara una conseguenza naturale del loro essere scout, a cui non si poteva dir di no". Molti degli scout che decisero di non accettare lo scioglimento dopo il 1928 erano poco più che bambini, un esempio che arriva dritto ai piccoli lettori. "Stiamo trasmettendo ai nostri figli l'idea per la quale improvvisamente tutti gli italiani diventarono fascisti tranne pochi eroi, tutti allo stesso modo, e invece questa storia dimostra che non era proprio così, che molti degli italiani del tempo, alcuni degli italiani del tempo resistettero come potevano. Anche andare fuori a fare un campeggio vietato a 16 anni aveva un significato di sfida al regime che poi durante la guerra si tradusse nella capacità di fare gruppo e salvare così delle persone e delle vite. Ci si chiede inevitabilmente: cosa avrei fatto io?" Ce lo chiediamo sempre quando parliamo di opposizione al fascismo, di Italia divisa e Resistenza. "A maggior ragione questa domanda batte ancora più forte di fronte all'esperienza di quelli che erano prima dei ragazzini durante gli anni Venti e Trenta e poi giovani uomini nel decennio successivo e durante la guerra", insiste Carini. Il romanzo immagina una anziana signora tornare indietro con la memoria alle leggi razziali e raccontare la storia del suo espatrio reso possibile da O.S.C.A.R. a un ragazzino dei giorni nostri. Un pretesto letterario che mette al centro l'importanza dell'ascolto e del dialogo tra generazioni. Carini è al suo secondo romanzo per ragazzi: "Semplificare significa andare a cogliere il motivo preciso, la parola precisa, il movimento del personaggio, quello che sente in maniera chiara, limpida, comprensibile ai lettori in erba, che non significa banalizzare ma significa fare un lavoro di sintesi e rielaborazione su quello che si vuole comunicare". Questa è la sfida della letteratura per ragazzi che Carini ha abbracciato da qualche anno a questa parte, a partire da "Le ragazze di Mister Jo" che ha pubblicato nel 2022 con la stessa casa editrice. I personaggi sono inventati o liberamente ispirati da personalità del movimento scautista, ma c'è di reale tutto lo sfondo storico e i fatti sono verosimili. Alla fine del libro, che ha il marchio "Alta leggibilità" ed è quindi pensato anche per chi avesse difficoltà di lettura, si trova una utile appendice che spiega quali fatti siano veri e quali frutto di fantasia con un elenco di fonti utili per approfondire e di luoghi da visitare. Un approccio estremamente responsabilizzante nei confronti del giovane lettore che si sentirà trattato da grande. "Senza appesantire la narrazione ho lasciato qua e là frammenti della storia, quella con la S maiuscola: l'instaurazione del regime, la propaganda fascista, spiego com'era la scuola allora, l'arrivo della guerra, la Resistenza", sottolinea. Accanto all'aspetto didattico, raccontare la parabola delle Aquile randagie e l'esperienza di O.S.C.A.R è un invito a riflettere sul valore dell'insubordinazione dei piccoli, in tempi in cui sono eminenti psicologi a ricordarci che l'obbedienza non è un valore assoluto. "Disobbedire è importante perché è così che i ragazzi e le ragazze prendono la misura del mondo ed è evidente che prendere la misura del mondo significa anche interrogarsi su quello che accade attorno, domandarsi se quello che mi stanno imponendo gli adulti sia più o meno accettabile. Certo, in questo caso parliamo di un tragedia storica, ma è un insegnamento utile per tutti. Un po' di ribellione o anche tanta ribellione è fondamentale per crescere come individuo, come gruppo, generazione e anche come società".