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Nori: "La forza di un classico? Sta anche nella capacità di ferire e far sanguinare"

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Filippo Maria Battaglia

Lo scrittore torna in libreria con un volume dedicato a Dostoevskij che incrocia memoir, saggio e autobiografia. E durante "Incipit", la rubrica di libri di Sky TG24, dice: "Avevo 15 anni quando lessi per la prima volta 'Delitto e castigo'. E in quel giorno ebbi l’impressione nettissima che quel romanzo, scritto 112 anni prima a 3mila chilometri di distanza, avesse aperto dentro di me una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare"

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“Che senso ha, oggi, nel 2021, leggere Dostoevskij? Perché una persona di venti, o di trenta, o di quaranta, o di settant’anni dovrebbe mettersi, oggi, a leggere, o a rileggere, Dostoevskij?”. Se lo chiede Paolo Nori nelle prime tre righe del suo ultimo romanzo, "Sanguina ancora", che la Mondadori ha da qualche settimana portato in libreria.

Un libro che - oltre a raccontare, come assicura il sottotitolo, "l'incredibile vita di F. M. Dostoevskij" - ruota innanzitutto attorno a un innamoramento, quello di Nori appunto nei confronti del grande scrittore russo. "Il suo primo romanzo che ho letto è 'Delitto e castigo' -  dice durante 'Incipit', la rubrica di libri di Sky TG24 - Avevo 15 anni e mi ricordo benissimo il momento in cui Raskol’nikov, il protagonista, si chiede: 'Ma io, sono come un insetto o sono come Napoleone?'. Ecco, quella domanda, da quindicenne, me la sono rivolta anch’io. E in quel giorno di 42 anni fa ebbi l’impressione nettissima che quel romanzo, scritto 112 anni prima a 3mila chilometri di distanza, avesse aperto dentro di me una ferita che non avrebbe smesso tanto presto di sanguinare. Avevo ragione, sanguina ancora, ed è questo il motivo del titolo di questo libro".

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In poco meno di trecento pagine Nori incrocia memoir, saggio e romanzo per ricordare la forza palpitante ed emozionante che solo i classici hanno, scrostando peraltro la spessa patina di stereotipi che vi si è depositata negli anni. A cominciare dalla diffidenza e dalla paura che ispirano.  "Quest'idea che tutti i romanzi russi siano di una lunghezza e di una pesantezza insopportabile è falsa - dice lo scrittore - così come è falsa l’idea che 'La corazzata Potëmkin' sia un film noiosissimo e che duri sette ore. Il capolavoro di Sergej Michajlovič Ėjzenštejn dura 64 minuti e alcuni romanzi di Dostoevskij sono così comici da non denunciare affatto l'età che hanno".  

Ed è in questa chiave che va ricercata la forza e la singolarità del libro di Nori: nella capacità, cioè,  di portare il lettore a un palmo di naso da un grande scrittore, facendogli sentire la sua grandezza ma soprattutto la sua vicinanza a dispetto dei quasi due secoli di tempo passati.

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