Quanto è sincera e spigolosa l’amicizia nel racconto di Due Vite

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Filippo Maria Battaglia

IL LIBRO DELLA SETTIMANA Emanuele Trevi rievoca la vita di due scrittori, Rocco Carbone e Pia Pera, in un romanzo sull’amicizia dove frustrazioni, rimpianti e rimorsi si mescolano in una scrittura tagliente e mai irrilevante

Rocco Carbone e Pia Pera erano due scrittori italiani, scomparsi entrambi prematuramente a distanza di qualche anno l’uno dall’altra. Il primo nato in “un posto di gente dura”, con un nome che “suona come un perizia geologica”; la seconda, “una specie di Mary Poppins all’incontrario, per nulla pedagogica, dotata di pericolose riserve di incoerenza e suscettibilità stranamente amalgamate a una dolcezza del carattere che a volte erompeva in maniera commovente dai modi ironici e maliziosi". 

 

Una scrittura che si tiene a distanza dall’irrilevanza

Sono loro le “Due vite” dell’ultimo romanzo di Emanuele Trevi, uscito da qualche settimana nella Piccola biblioteca di Neri Pozza (pp. 132, euro 12,50). Ed è attorno alla loro amicizia - e all’amicizia con l’autore - che ruota questo lungo racconto, dove i ricordi, le frustrazioni, i rimpianti e i rimorsi si mescolano in una scrittura tagliente e sincera, a tratti quasi spudorata.

La storia delle due vite di Rocco Carbone e Pia Pera sono di grande interesse, certo, e l’accorto cesello narrativo di Trevi sembra fatto apposta per rievocarlo. 

 

“Non siamo nati per diventare saggi, ma per resistere, scampare, rubare un po’ di piacere a un mondo che non è stato fatto per noi”, scrive a un certo punto Trevi parlando della malattia della quale morirà Pia Pera.

E’ una considerazione amara e realista, ma non disperata. Ed è in questa misura, che si tiene a distanza dall’irrilevanza, che va rintracciata una delle qualità di questo libro, lontano, lontanissimo dalla celebrazione narcisistica e autoreferenziale.

 

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