IL LIBRO DELLA SETTIMANA Dai volumi intatti alla sospetta attrazione per le novità editoriali, in “Come ordinare una biblioteca”(Adelphi) uno dei più autorevoli editori contemporanei sfata alcuni cliché alternando l’aneddoto, il ricordo e la citazione
Si chiama regola del buon vicino, l’ha formulata lo storico dell’arte Aby Warburg e suona più o meno così: nella biblioteca perfetta, quando si cerca un certo libro, si finisce per prendere ciò che gli sta accanto. Con una precisazione, decisiva: ciò che si è preso si rivelerà ancora più utile di quanto cercavamo.
A raccontarlo, e a ricordarlo ai lettori più avvertiti, è uno dei più autorevoli editori contemporanei italiani, Roberto Calasso, che ha raccolto quattro suoi interventi sui libri in un volume da poco in stampe per Adelphi e intitolato “Come ordinare una biblioteca” (pp. 126, euro 14).
Lettori veri e falsi miti
Questi quattro brevi saggi sono molto meno episodici di quanto a prima vista si possa immaginare. A tenerli uniti, infatti, non è il tema, ma i modi. Più che a fornire applicazioni quotidiane, Calasso è intento a muoversi con passo garbato e deciso contro la lunga fila degli stereotipi che assedia da almeno mezzo secolo il panorama editoriale.
Come quando, ad esempio, diffida dai tavolini del soggiorno pieni dei libri di cui si parla: “Danno l’impressione che, per chi legge, la lettura sia un’attività sporadica - e non continua, come il respiro. Questo è il discrimine. Il vettore vero sta sempre leggendo un libro - o due i tre o dieci -, e la novità arriva come un disturbo - talvolta irritante, talvolta gradito, talvolta anche desiderato - all’interno di quell’attività ininterrotta”.
O ancora quando indugia sulla sua personale diffidenza di chi vuole conservare i libri intatti, senza alcun segno d’uso: sono cattivi lettori, avverte, perché “ogni lettura lascia tracce, anche se nessun segno rimane sulla carta”. E soprattutto, altro aspetto decisivo, “un occhio esercitato sa subito distinguere se una copia è stata letta o non letta”.
Un saggio garbato e inattuale
Sorretto da una scrittura misurata e levigata, il dialogo col lettore di Calasso prosegue senza sosta per poco più di cento pagine, alternando l’aneddoto, il ricordo e la citazione. E il suo bello è che - ad eccezione di qualche sortita destinata a restare residuale - è così profondamente inattuale da risultare gradevole e a tratti delizioso.