La Madonna scomparsa di Luca della Robbia

In Toscana, sotto al monte Amiata, tra i vigneti di Montalcino, c’è una tenuta di proprietà di una coppia di filantropi brasiliani, Lilian e André Esteves. È la dimora di Argiano. Ne fanno parte una villa e un castello edificati nel ‘500 da Giovanni Pecci e restaurati una decina di anni fa dai nuovi proprietari. Ai visitatori che hanno la fortuna di soggiornare nela struttura, oggi viene offerta - insieme alla degustazione del celeberrimo Brunello di Montalcino - anche la visita del museo privato della villa, ricavato nei sottotetti un tempo crollati e ora ricostruiti. In questi spazi suggestivi, gli Esteves hanno raccolto una grande e preziosa collezione di opere d’arte - quasi tutte del periodo in cui risale la costruzione del palazzo, con pezzi d’eccezione tra cui diversi dipinti del Vasari e ceramiche invetriate della famiglia della Robbia. Il museo in soffitta Al termine di una fila di stanze fiocamente illuminate, si giunge ad una camera in cui l’unica luce presente è quella che illumina un piccolo ma affascinante dipinto: la Madonna col bambino di Luca della Robbia. Una ceramica invetriata di grandissimo valore di cui non si conosceva nemmeno l’esistenza fino a quando - nel 2021 - fu messa all’asta a Sotheby’s a New York da un museo americano di Buffalo. Nelle note biografiche sull’opera, si spiegava che la Madonna era un tempo appartenuta alla nobile famiglia degli Sforza di Santa Fiora, paese toscano sul Monte Amiata, poco lontano da Argiano. Della ceramica si erano perse le tracce alla fine dell’ottocento fino a quando, venduta dalla Albright-Knox Art Gallery, è stata acquistata per circa 2 milioni di dollari dagli Esteves che l’hanno riportata in Italia, non molto lontano dal paese da cui era stata portata via 150 anni prima. L’appello del sindaco di Santa Fiora Pochi giorni prima della messa all’asta, il sindaco di Santa Fiora Federico Balocchi aveva lanciato un appello a istituzioni, collezionisti e mecenati per riportare la Madonna robbiana nel paese dove altre preziose ceramiche robbiane sono ancora oggi custodite, nella chiesa principale del paese, la pieve di Santa Fiora. Anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, aveva sostenuto l'appello del sindaco. Appello fortunato: la Madonna di fatto è tornata nel paese anche se in prestito e per un periodo limitato di tempo: l’opera è stata infatti esposta in una mostra per due settimane a Santa Fiora, prima di essere trasferita nel museo privato di Argiano dove si trova tuttora. Pio II a Santa Fiora L’inizio della storia delle ceramiche invetriate della Robbia ha una data precisa: il 1462, quando Pio II – papa umanista nonché fondatore di Pienza - si reca in visita a Santa Fiora, su invito del Conte Guido Sforza, figlio di Bosio I, nipote di Giacomo detto “Muzio” Attendolo, altrimenti conosciuto come lo “Sforza” o come il “Grande sforza”. Per festeggiare l’arrivo del pontefice, Guido commissiona una serie di ceramiche invetriate alla famiglia di artisti più in voga a Firenze: quella di Luca e Andrea della Robbia. Gli Sforza in Toscana Nel 1439 gli Sforza assumono il controllo della Contea di Santa Fiora. Questo accade prima che Francesco Sforza diventi duca di Milano, quando Bosio I sposa Cecilia Aldobrandeschi, principessa di un’antica famiglia toscana citata da Dante nella Divina Commedia. “Io fui latino e nato d’un gran Tosco: Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre; non so se ’l nome suo già mai fu vosco” Se Francesco Sforza, figlio di Muzio, forse anche più celebre del suo stesso padre, ricordato per le sue doti di fine politico e diplomatico, diventò duca di Milano impalmando Bianca Visconti e se l’altro fratello Alessandro si prese la signoria di Pesaro, il terzo fratello Bosio – anche se più esatto sarebbe in tutti questi casi parlare di fratellastri - ottenne la Contea di Santa Fiora sposando appunto la giovane Aldobrandeschi. Perché se i primi due erano figli di colei che fu l’amore di una tutta una vita di Muzio, ovvero di Lucia da Torsciano, che però lui non sposò mai, Bosio era figlio di Antonia de’ Salimbeni che di fatto fu la prima moglie legittima di Muzio, discendente di una nota famiglia senese. Bosio fu dunque il primo figlio legittimo di Muzio. Le origini toscane della Salimbeni spiegano anche il motivo per cui gli Sforza approdano in Toscana e perché Guido I, figlio di Bosio I, alla fine sposi l’Aldobrandeschi, diventando così il primo conte Sforza di Santa Fiora. Guido Sforza ovvero colui che uccise il drago Guido I Sforza - che non va confuso con il Cardinale Guido II Ascanio Sforza - fu un personaggio di cui si favoleggia ancora oggi. Di lui si tramanda la leggenda del drago che terrorizzava l’Amiata da lui stesso ucciso: “Correva l'anno 1488 ed il Guido, temerario signore e cavaliere di codeste terre, si inoltrò nel bosco alla caccia del drago in questione, lo affrontò e lo sconfisse, gli tagliò la testa e la portò al suo Borgo”. Così narrano gli antichi annali della Contea di Santa Fiora. La presunta “testa di drago” sarebbe ancora oggi conservata nel paese toscano. Ma Guido Sforza non era soltanto un prode guerriero. Era anche un grande appassionato d’arte. Fu infatti grazie a lui la che la pieve di Santa Fiora si arricchì delle splendide terracotte robbiane commissionate per la visita di Pio II. Tra le quali, anche se non citata ufficialmente, ci doveva essere per forza la Madonna col bambino di Luca della Robbia. Nessuna traccia della Madonna Torniamo adesso ai nostri giorni, al 2021. La ceramica è stata appena battuta all’asta per due milioni di dollari. Il sindaco di Santa Fiora, venuto a conoscenza della notizia, inizia a cercare tra i documenti nell’archivio del Comune dopo aver letto nelle note biografiche dell’opera che proveniva dal suo paese. Ma tra i documenti non c’è traccia di quest’opera. Che gli americani si siano sbagliati. Di approfondire i fatti viene incaricato il professor Michele Nucciotti, archeologo originario anche lui di Santa Fiora impegnato tra l’altro nella realizzazione di un grande museo in paese sulla famiglia Sforza. Nucciotti si divide tra Toscana, Armenia e Giordania dove dirige diversi scavi archeologici. Leggendo le note stilate da Sotheby’s, Nucciotti apprende che la Madonna fu acquistata a Santa Fiora nel 1867 da un ingegnere minerario che in quel momento si trovava in Toscana, il belga Léon Mathieu Henry de Somzée. L’acquisto viene molto probabilmente perfezionato per pochi spiccioli, come sospetta il sindaco Balocchi: “Era il periodo poco dopo l’unità d’Italia, Santa Fiora versava in cattive acque, è molto probabile che l’opera venne ceduta per una cifra molto bassa. Del resto in quei tempi non ci si rendeva conto del valore artistico ed economico dell’opera d’arte”. Dopo aver fatto parte della collezione dell’ingegnere belga per alcuni anni, l’opera viene ceduta all’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, dove resterà fino a pochi anni fa, prima di essere messa all’asta a New York. Due indizi per un della Robbia Nonostante il silenzio dei documenti contenuti negli archivi del paese, dove la Madonna di Luca della Robbia non viene mai citata, presto emergono due indizi importanti che confermano l’effettiva presenza in paese della ceramica invetriata alla fine dell’800. Il primo indizio lo scova Nucciotti. Uno storico dell’arte di quel periodo, Alfonso Ademollo, cita nei suoi scritti una Madonna le cui dimensioni corrispondono quasi perfettamente a quelle della ceramica della Robbia. Il secondo indizio lo trova invece per caso una signora di Santa Fiora, Maria Pia Lorenzoni. Quando nel 2021 l’opera robbiana viene messa in mostra a Santa Fiora, la signora riconosce la figura della madonna in una stampa, un’antica fotografia rimasta appesa per oltre cent’anni nella camera della suocera appena defunta. Sul retro della stampa, il timbro della nota casa fotografica fiorentina “Fratelli Alinari”. La foto si trovava in quella stanza da oltre cent’anni. Ulteriore prova della provenienza della Madonna col bambino da Santa Fiora. Il museo sugli Sforza a Santa Fiora E così, per una strana combinazione del destino, la Madonna col bambino di Luca della Robbia è tornata in Toscana. Grazie alla generosità di una coppia di filantropi brasiliani, verrà nuovamente esposta a Santa Fiora non appena - l’apertura è imminente mentre si scrive - verrà inaugurato il grande museo sulla famiglia Sforza. Un modo per restituire al territorio parte della sua storia con documenti inediti sulla Contea che risalgono al 1400. Perché - conclude Francesco Sforza Cesarini, ultimo legittimo erede dell’importante casato, “è importante non dimenticare il grandioso passato della Contea toscana di Santa Fiora”. Trafug’Arte, il podcast sulla Madonna degli Sforza Accedendo a questi link potete ascoltare dalla diretta voce dei protagonisti tutta la storia sulla scomparsa e ritrovamento della Madonna col bambino di Luca della Robbia. Per ascoltare su Spreaker clicca qui Per ascolsta su Spotify clicca qui Se vuoi rivedere il servizio di Sky TG24 andato in onda in televisione, clicca il seguente link. 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