Buchmesse di Francoforte, il presidente dell'Aie: "In Italia serve una politica del libro"

Una grande piazza in cui si riflettano le tante piazze dei centri storici italiani, metafora dell’incontro, del dialogo, dell’essere comunità. Con questo spirito è stato disegnato dallo studio "Stefano Boeri" il padiglione dell’Italia, ospite d’onore di questa edizione della Buchmesse di Francoforte dopo 36 anni. E l’auspicio è che lo scenario faccia la sua parte e contribuisca a spegnere ogni tensione, dopo l’anno complesso che ha preceduto la fiera, tra le più importanti rassegne mondiali del settore “libro”. Le premesse, infatti, non sono state delle migliori. Prima le dimissioni di Ricardo Franco Levi, commissario straordinario per la partecipazione alla Fiera, nonché Presidente dell’Associazione italiana editori , che aveva sollevato le sue perplessità sull’invito del fisico Carlo Rovelli per via delle posizioni espresse sui fronti caldi della geopolitica. Un'interferenza considerata da alcuni come un attentato alla libertà di espressione. Fino alla sostituzione in corsa con il giornalista, ex direttore del Tg2, Mauro Mazza e all’esclusione di Roberto Saviano dalla lista di rappresentanti italiani. “Abbiamo voluto dare voce a chi finora non l'ha avuta e scegliere autori le cui opere fossero completamente originali, quindi si è fatto questo tipo di scelta", aveva spiegato Mazza nella conferenza stampa alla Literaturhaus, accendendo ancor di più la polemica. Alla vigilia dell’apertura della Buchmesse, nella serata del gran debutto inaugurale dell’Italia con il filosofo Stefano Zecchi, la scrittrice Susanna Tamaro e Rovelli, che alla fine ha avuto la meglio, abbiamo parlato con Innocenzo Cipolletta, attuale Presidente di Aie. Cipolletta ci ha dato la sua versione dei fatti e con lui abbiamo cercato, controversie a parte, di capire quale sia lo stato di salute dell’editoria italiana e l’importanza strategica di questo appuntamento internazionale. Cosa può offrirci la Buchmesse? È un’occasione per far vedere che la nostra è un’editoria moderna e variegata: tutti i generi sono rappresentati nel nostro padiglione. È anche un’occasione per mettere in luce la complessità della nostra letteratura che è fatta da tanti autori che hanno scelto l’italiano per comunicare la loro arte e le loro storie, anche se non sono nati in Italia o sono legati ad altri Paesi. Penso a Helena Janecek, scrittrice tedesca naturalizzata italiana o Igiaba Scego, italiana di origine somala che racconta i suoi due mondi. Dobbiamo pensare che il più grande limite dell’editoria italiana è il bacino linguistico ristretto a cui si rivolge. L'Italia si conferma la sesta editoria nel mondo e la quarta in Europa, ma non può contare sul numero di lettori di Francia, Spagna o anche Germania. Per essere letti i nostri libri devono essere tradotti e con questo dobbiamo fare i conti. Siamo passati da meno di 2mila titoli tradotti all'inizio degli anni Duemila agli 8mila titoli attuali, ma c’è ancora molto da fare. A parte questo limite congenito, in che stato di salute si presenta l’editoria italiana a questo appuntamento? Il libro ha avuto la sua grande crescita durante la pandemia anche in Italia perché la gente, costretta a casa, ha riscoperto e scoperto il piacere di leggere, ma quest'anno abbiamo registrato un primo calo e alcuni strumenti per favorire la lettura sono stati revocati. Sono stati aboliti i 500 euro da spendere in libri per i ragazzi che raggiungevano i 18 anni di età, un bonus che era stato copiato addirittura da Francia e Germania. Il governo lo ha sostituito con un premio a chi abbia superato la licenza liceale con un voto elevato e ai diciottenni di nuclei familiari con Isee sotto ai 35mila euro. In questo modo l’accesso è stato reso più difficile e ristretto significativamente. Auspichiamo che il nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, ripensi la misura verso una maggiore universalità, sulla base dei dati che forniremo. C’è poi un altro fronte: quello degli investimenti sulle infrastrutture per aumentare i tassi di lettura, in primis le biblioteche che hanno bisogno di essere sostenute. Servono leggi e interventi concreti. Anche le scuole devono essere parte di un piano di diffusione della cultura. Abbiamo bisogno di una politica del libro e della lettura, che per ora manca. Quindi è deluso da Sangiuliano, ma ripone grandi aspettative su Giuli, il ministro “filosofo”? Giuli è sicuramente un grande lettore. Per quanto riguarda il giudizio sull’operato di Sangiuliano noi di Aie non diamo mai giudizi politici, ma grazie al nostro centro studi valutiamo, sulla base dei numeri, il successo o l'insuccesso. Non ne facciamo una questione ideologica. 41 letterati della delegazione italiana della Buchmesse a giugno hanno scritto a lei e al commissario Mazza per esprimere dissenso sulla decisione di non includere Roberto Saviano negli inviti, e non solo. Chi ha sbagliato, se ritiene sia stato commesso qualche errore? Esiste una procedura e un sistema logico per evitare che prevalga la discrezionalità e questa procedura consiste nel chiedere a tutti gli editori quali siano gli autori che vogliono portare alla fiera sulla base della produzione letteraria e saggistica recente, perché, non dimentichiamoci, la Buchmesse è un momento in cui nella sostanza si scambiano i diritti di autore. Gli editori presentano i titoli che possono essere spendibili e possano incuriosire. Ci sono stati proposti 300 autori che dovevamo ridurre a 90. Tra quei 300 non c'era Saviano e io non ho forzato la procedura democratica, limitandomi a valutare i nomi proposti. E così sono andato avanti, ma mi rendo conto che c'era un'aspettativa generale di avere anche dei grossi personaggi, dei grandi nomi. Errore mio, se c'è stato un errore, quello di non aggiungerlo e mi sono scusato con Saviano . Come ripeto, però, sarebbe stata una forzatura. In ogni caso, ho chiesto scusa anche ai 41 letterati che hanno denunciato che all’interno del programma non fossero previsti degli spazi per discutere i rapporti tra politica e letteratura e che l’Italia fosse isolata . Abbiamo accolto le richieste. A ogni autore sono stati offerti due spazi in cui potrà discutere un tema a propria scelta. Inoltre, abbiamo previsto dei momenti di confronto con interlocutori internazionali e dei tavoli di dialogo tra letterati tedeschi e italiani. Come ha lavorato con Mazza, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle attività connesse alla partecipazione dell'Italia? Abbiamo lavorato bene. Lui ha avuto la responsabilità del finanziamento, ma ci tengo a precisare che noi dell’Aie abbiamo costruito il programma letterario in totale autonomia. Il commissario è intervenuto solo sul programma musicale e sul percorso dei “testimoni del tempo” . C’è qualche spazio particolare che vuole raccontare a chi non potrà esserci? Tra le cose più interessanti c’è una sala piena di libri italiani tradotti in tedesco, un bellissimo colpo d’occhio. Ha menzionato la traduzione che è uno degli assi portanti del dialogo tra Italia e Germania nel quadro della Buchmesse e aggiungo anche il nome dello spazio italiano che è “Radici sul futuro”. Come state affrontando la rivoluzione dell’intelligenza artificiale? Accanto al programma letterario c’è quello professionale in cui si parlerà di traduzione, design, che si rivolge anche agli editori come industriali, e di tecnologie. Ci troviamo di fronte a una grande opportunità, quella dell’IA, che è allo stesso tempo una fonte di rischi. Pensiamo che sia in corso a livello generale un processo di regolarizzazione che ci proteggerà dalle conseguenze negative. Il nostro interesse primario è tutelare il diritto d’autore. Dall'altro lato, l’intelligenza artificiale consente a chi scrive e a chi produce libri di ottenere soluzioni immediate di buon livello. Sul fronte linguistico, sostituirsi al lavoro di traduzione non è pensabile, ma utilizzare una bozza del testo come aiuto per velocizzare il lavoro è qualcosa di potenzialmente interessante. Avete pensato a modi per includere gli scrittori indie all’interno della fiera? No, perché rimane uno spazio di incontro legato agli editori, ma certo noi editori non possiamo ignorare questo fenomeno che è il selfpublishing, dal quale emergono molti nuovi autori che scelgono poi spesso passano alle case editrici.

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